Costituire un governo di emergenza delle masse popolari organizzate
Questo numero di Resistenza è in gran parte dedicato a quelli che sono già consapevoli che la classe dominante non riesce e non può più governare; a quelli che, visto il corso delle cose (di male in peggio), lo intuiscono; ma è dedicato anche a quelli che solo lo sperano e sono animati da un sentimento di riscossa, di ribellione alla guerra, alla miseria e all’abbrutimento in cui la borghesia e il clero ci stanno affondando. In definitiva, a tutti quelli che cercano strumenti e mezzi per contribuire a far nascere, dalla situazione rivoluzionaria in cui ci troviamo, la nuova società che l’umanità deve costruire: il socialismo, prima fase del comunismo.
Questo articolo, in particolare, pone alcuni punti preliminari, che riassumiamo come sintesi prima di svilupparli.
– Le condizioni, le forme e i risultati della lotta di classe non si possono definire arbitrariamente, sulla base di quello che ci piace fare o non ci piace fare, di come vorremmo che andassero le cose, sulla base di quello che sembra più giusto o corretto alla luce del senso comune (del fatto che “tutti fanno così” o “si è sempre fatto così”). Il movimento comunista scopre e definisce le condizioni con la concezione comunista del mondo e l’inchiesta, definisce la forma sulla base di una strategia, elabora una tattica che è la linea generale della fase e trova le tattiche particolari combinando strategia e condizioni concrete, nell’ottica di condurre la sua guerra per contrastare e vincere la guerra (non dichiarata ufficialmente, anzi nascosta, omessa, camuffata da un’incessante opera di intossicazione dell’opinione pubblica) che la borghesia imperialista conduce contro le masse popolari, valuta e sfrutta i risultati ottenuti per passare da una battaglia alla successiva.
– La storia che abbiamo alle spalle ci ha creato le condizioni oggettive necessarie per instaurare il socialismo: ora fare la rivoluzione dipende da noi. Quel noi contiene una serie di categorie di persone, qualitativamente diverse, cioè che hanno un diverso ruolo nel movimento di trasformazione del mondo: sono gli operai, i lavoratori, gli studenti, le donne; quel noi rappresenta la parte avanzata delle masse popolari.
– Ma quel noi rappresenta in modo particolare i comunisti: i comunisti sono il motore della rivoluzione, le masse popolari sono la forza che trasforma il mondo.
Siamo in una situazione rivoluzionaria in sviluppo. Non perché le azioni rivoluzionarie delle masse caratterizzano il nostro tempo, ma perché “la classe dominante è lacerata da contraddizioni che non può risolvere con procedimenti normali, il suo potere sulla società vacilla e non può continuare nelle vecchie forme, né ne ha ancora instaurate di nuove; quindi le condizioni oggettive della società sono favorevoli allo sviluppo delle forze soggettive della rivoluzione, offrono molti e vari appigli per il loro sviluppo, insomma la società offre elementi grazie ai quali le forze soggettive della rivoluzione che oggi sono deboli, se sapranno usarne, potranno crescere fino a rovesciare a loro favore il rapporto di forza rispetto alle forze della conservazione che oggi ancora prevalgono e quindi a prendere il potere” – da Rapporti Sociali n. 9/10, settembre 1991).
Che l’assetto politico internazionale è instabile e in sommovimento crescente, è evidente da mille esempi, dovunque si volga lo sguardo. Nessun gruppo imperialista, nessuna autorità e nessuna istituzione della borghesia riesce pacificamente a mantenere il ruolo che aveva in passato. Gli sconvolgimenti provocati dalla crisi economica aggravano la situazione: le contraddizioni di carattere economico e finanziario fra gruppi imperialisti mondiali prendono sempre più apertamente la forma della guerra (guerre di rapina e di saccheggio di paesi quando gli Stati non si sottomettono alle volontà della Comunità Internazionale come in Iraq, Afghanistan, Siria, Libia che sono anche guerra per interposta persona fra gruppi imperialisti); gli effetti di ogni guerra aggravano ancora più la situazione. È il caso dell’emergenza immigrazione e delle conseguenti tensioni dentro la UE per la sua gestione (chiusura unilaterale delle frontiere e sospensione del trattato di Shengen). È il caso delle “forzature” della Gran Bretagna che minaccia di uscire dalla UE. Tracolli di borsa, distruzione di posti di lavoro, recessione economica, tensioni sociali, territoriali, etniche, religiose… tutto il mondo è coinvolto e sconvolto dagli effetti della crisi. Queste sono le condizioni oggettive che qualificano una situazione rivoluzionaria in sviluppo a livello internazionale.
Il nostro paese e il mondo sono immersi in una crisi generale che comprende quella economica per sovrapproduzione assoluta di capitale che è il suo aspetto dirigente, quella politica (degli istituti, degli ordinamenti e delle relazioni politiche interne e internazionali) e quella culturale (intellettuale, morale) che sono gli aspetti derivati, dialetticamente legati all’aspetto dirigente; la crisi ambientale (inquinamento, devastazione del territorio, riscaldamento climatico, ecc.), generata anch’essa dal capitalismo, si è aggiunta alla crisi generale e ne è diventata una componente e un’aggravante. Quindi la crisi attuale riguarda tutto il sistema di relazioni sociali e il sistema delle relazioni internazionali (in questo senso è una “crisi sistemica”).
Sulla situazione politica italiana influiscono gli effetti degli sconvolgimenti generali e se ne aggiungono di propri, legati alla particolare natura e alla particolare forma (Repubblica Pontificia – vedi l’articolo La farsa delle unioni civili… a pag. 4) che la classe dominante si è data per governare il paese. Bastano alcuni cenni per qualificare la situazione.
Alla mancata applicazione e reiterata violazione della Costituzione si aggiungono l’accentramento dei poteri “verso l’alto”, lo smantellamento delle funzioni del Parlamento e delle altre assemblee elettive, la restrizione degli strumenti di rappresentatività (riforma elettorale, soglie di sbarramento, liste bloccate). Ma non bastano più: ora i vertici della Repubblica Pontificia devono abolire la parte progressista della Costituzione perché la conflittualità tra le fazioni della classe dominante si è fatta più forte, una in un momento e un’altra in un altro momento si appiglia alla Costituzione e agli istituti derivati (divisione ed equilibrio dei poteri, magistratura, ecc.) per prevalere sugli avversari, fino a minacciare il ricorso alla mobilitazione delle masse. Le riforme istituzionali vanno di pari passo a quelle sul lavoro (Job’s Act) e sulle pensioni (Fornero), con quelle che favoriscono la speculazione e la devastazione ambientale (Sblocca Italia) in un contesto generale di aumento della disoccupazione, chiusura di aziende, smantellamento o svendita dell’apparato produttivo, repressione dei movimenti, eliminazione delle conquiste di civiltà ottenute con le lotte dei decenni passati, quando nel mondo il movimento comunista era forte. I diritti, come quello alla casa, a un lavoro, alla sanità, all’istruzione e a una vita dignitosa sono diventati privilegi o “bisogni” per le opere di carità.
I vertici della Repubblica Pontificia stanno portando il paese alla rovina e lo coinvolgono in guerre criminali. Le masse popolari sono sempre meno disposte ad accettare pacificamente i salassi a cui sono sottoposte, non vogliono subirli e si ribellano: cresce in ogni ambito la mobilitazione, crescono le proteste e le manifestazioni di insofferenza per il corso delle cose. La stessa classe dominante non può più vivere nella situazione attuale alle condizioni in cui viveva prima e non può più governare la società con gli strumenti, le forme e le leggi che utilizzava in precedenza (Renzi è il terzo Presidente del Consiglio nominato senza ricorrere alle elezioni politiche, in contrasto con i programmi elettorali dei partiti che formalmente in Parlamento lo sostengono). Queste sono le condizioni oggettive che qualificano una situazione rivoluzionaria in sviluppo nel nostro paese.
Fra i sommovimenti politici provocati dalla crisi di livello internazionale e quelli di livello nazionale, per le masse popolari del nostro paese i primi sono dirigenti, nel senso che determinano anche i secondi, e i secondi sono principali, nel senso che ricadono direttamente su di loro.
I risultati che le masse popolari ottengono nella lotta per costruire l’alternativa al capitalismo, per instaurare il socialismo, a livello nazionale sono dirigenti e principali (nel senso che hanno valore decisivo su tutto il resto del movimento delle masse popolari, anche di altri paesi). Da qui due sintesi: 1. le masse popolari che per prime spezzano le catene della comunità internazionale aprono la strada a quelle di tutti gli altri paesi; 2. la più alta forma di solidarietà con le masse popolari dei paesi oppressi dall’imperialismo e con le masse popolari oppresse dei paesi imperialisti è avanzare nella costruzione della rivoluzione socialista nel proprio paese (vedi articolo Verso il IV Incontro nazionale di solidarietà con la rivoluzione bolivariana – pag. 5).
Non c’è rivoluzione senza situazione rivoluzionaria, ma non tutte le situazioni rivoluzionarie portano alla rivoluzione. La questione decisiva è che il movimento delle masse popolari sia orientato e diretto dal partito comunista capace di elaborare una strategia e una linea e di mettere in campo tattiche adeguate per costruire la rivoluzione e vincere.
Per quanto attiene al partito comunista, ai suoi membri non si chiedono attestati di fede e manifestazioni di devozione alla causa: occorre essere comunisti, cioè conoscere la concezione comunista del mondo – che è la prima e principale fonte di unità e coesione dei comunisti – e fare i comunisti, cioè applicare la concezione comunista del mondo, usarla nella pratica. E’ questo il ruolo del (nuovo)PCI nel nostro paese.
Per quanto attiene alla strategia, la Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata è quella che la prima ondata della rivoluzione proletaria (le vittorie e le sconfitte, le scoperte e i limiti, i problemi irrisolti, i nodi da sciogliere) ha mostrato al movimento comunista, che Mao Tse-tung ha elaborato (è uno degli apporti principali del maoismo) e che il (nuovo)PCI ha tradotto e applicato alle condizioni particolari del nostro paese: il (nuovo)PCI è lo stato maggiore della Guerra Popolare Rivoluzionaria in Italia.
Per quanto attiene alla tattica, essa è definita sulla base di molteplici fattori, cambia da paese a paese e da fase politica a fase politica. Quando nel 2008 la crisi è entrata nella fase acuta e irreversibile, il (nuovo)PCI ha elaborato la tattica del Governo di Blocco Popolare e il P.CARC si è assunto, via via più chiaramente e coscientemente, il compito di “mobilitare le masse popolari e in primo luogo gli operai a costituire un proprio governo d’emergenza, a farlo ingoiare ai vertici della Repubblica Pontificia (il Vaticano, la Confindustria e le altre organizzazioni padronali, le Organizzazioni Criminali, le agenzie dei gruppi imperialisti americani, sionisti ed europei operanti nel nostro paese) e a orientarne, sostenerne e difenderne l’opera dall’opposizione, dal sabotaggio, dalle pressioni e dai ricatti dei vertici della Repubblica Pontificia e della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti” (Dichiarazione generale approvata dal IV Congresso del giugno 2015), contribuendo in questo modo, in questa precisa fase politica, alla Guerra Popolare Rivoluzionaria.
Niente rimane immobile. Se la fase politica cambia, cambia anche la tattica. Il cambiamento di fase politica avviene sia come conseguenza dei cambiamenti imposti dall’avanzare della crisi generale e sia come conseguenza della mobilitazione delle masse popolari. Il cambiamento della fase politica può favorire il campo delle masse popolari (cioè è un avanzamento nella lotta per instaurare il socialismo) oppure quello della classe dominante (se è un avanzamento verso la mobilitazione reazionaria e la guerra imperialista). Il partito comunista cambia la sua tattica in funzione della strategia, per perseguire il suo obiettivo generale e storico: instaurare il socialismo e farla finita con la crisi e il sistema di relazioni economiche, politiche e sociali che la genera, il capitalismo.
La via che promuoviamo nella situazione rivoluzionaria in sviluppo di oggi: avanzare nella rivoluzione socialista attraverso la mobilitazione per costituire il Governo di Blocco Popolare. Il movimento per costituire un governo d’emergenza delle masse popolari organizzate avanza su due vie legate fra loro e reciprocamente dipendenti.
La prima si riassume in mobilitazione cosciente per la sua costruzione. Si sviluppa quanto più crescono fra gli operai, i lavoratori e gli altri esponenti avanzati delle masse popolari la conoscenza e assimilazione della concezione comunista del mondo, la comprensione della natura e delle cause della crisi, la via della costruzione del socialismo come fase di transizione al comunismo; in altri termini, quanto più cresce, si sviluppa e si rafforza il movimento comunista cosciente e organizzato. Gli attuali limiti dei comunisti, i nostri limiti, costituiscono il principale ostacolo a che il Governo di Blocco Popolare diventi obbiettivo cosciente, diffuso e radicato, in favore di concezioni economiciste (essere convinti che la società si possa trasformare attraverso lotte rivendicative e richieste alla classe dominante, ai padroni) ed elettoraliste (fiducia o speranza che le cose si possano cambiare passando attraverso i canali di partecipazione politica che la classe dominante mette a disposizione).
L’importanza della teoria: ognuno fa ciò che pensa, ciò di cui è intimamente convinto, non ciò che dice di fare o dice di pensare. Quindi per fare cose giuste occorre pensare cose giuste.
L’importanza della pratica: non basta pensare, i filosofi hanno dato tante e varie interpretazioni del mondo, ma l’importante è cambiarlo, diceva già Marx.
L’importanza decisiva della formazione: la formazione alla concezione comunista del mondo è formazione al legame di una teoria giusta con una pratica conseguente. Non c’è pratica rivoluzionaria senza teoria rivoluzionaria, è un principio vero anche al suo opposto: nessuna teoria rivoluzionaria è valida se non serve come guida a una conseguente pratica rivoluzionaria (vedi articolo Riflessioni sul primo corso ritiro… pag. 7 ).
La seconda via si riassume nel tendere al massimo, assecondare e sviluppare le tendenze positive che esistono fra le masse popolari organizzate, indipendentemente dalla coscienza che esse ne hanno. Diciamo anche partire dalla pratica: far assumere alle organizzazioni operaie e alle organizzazioni popolari quel ruolo che possono già assumere, ma non assumono spontaneamente, far fare loro cose che possono già fare, ma non fanno, frenate dalla concezione che hanno di loro stesse e del loro ruolo (vedi articolo Quarto: primo Consiglio Popolare… a pag. 5).
La prima e la seconda via sono un altro modo per indicare il contenuto del compito che ci assumiamo per la creazione delle condizioni per costruire il Governo di Blocco Popolare:
1. Propagandare l’obiettivo della sua costruzione fino a farlo diventare la sintesi consapevole delle aspirazioni delle organizzazioni operaie e popolari, in particolare occorre spiegare e dimostrare che solo costituendo un loro governo d’emergenza ognuna di esse può realizzare il suo obiettivo particolare e superare quello che lo contrappone all’obiettivo di altre: ogni lotta oltre al proprio obiettivo specifico (non importa se in contrasto con quello di altre: vedi ambiente e lavoro) deve perseguire la costituzione del Governo di Blocco Popolare.
2. Promuovere in ogni modo e a ogni livello la moltiplicazione e il rafforzamento politico e organizzativo delle organizzazioni operaie e delle organizzazioni popolari.
3. Promuovere il coordinamento per obiettivo e territoriale (di zona, provinciale, regionale e nazionale) delle organizzazioni operaie e delle organizzazioni popolari.
Questo, per tornare all’introduzione dell’articolo, è il compito che il P.CARC si assume in questa fase e a cui chiamiamo a contribuire le compagne e compagni che cercano una via per la rinascita del movimento comunista (vedi articolo Quale partito per costituire il Governo di Blocco Popolare? a pag. 1), quelli che sono attivi nel campo della lotta sindacale e che cercano una via efficace per lanciare la mobilitazione di operai e lavoratori all’offensiva (dato che giocare sempre e solo sulla difensiva li ha portati a perdere quasi tutte le conquiste – vedi articolo Scissione nell’USB… a pag. 1), quelli che pure si impegnano con rinnovata speranza nei progetti di costruzione di liste alternative, antagoniste, comuniste per le prossime amministrative (vedi articolo Amministrazioni Locali di Emergenza… a pag. 1).
Il Governo di Blocco Popolare è argine e risposta positiva ai tentativi della borghesia imperialista di mobilitare le masse popolari in senso reazionario, è risposta agli interessi immediati e contingenti dei lavoratori e delle masse popolari e, in quanto sintesi organica delle soluzioni urgenti per fare fronte agli effetti della crisi, è parte della soluzione alla crisi che possiamo e dobbiamo costruire, il socialismo.
La situazione rivoluzionaria in sviluppo
Marx ed Engels combatterono la concezione blanquista secondo cui la conquista del potere politico da parte della classe operaia doveva e poteva realizzarsi come colpo di mano di una setta di persone illuminate o di un gruppo di rivoluzionari che avrebbe così aperto la strada alla rivoluzione socialista. Essi dimostrarono che la conquista del potere politico da parte della classe operaia, a parte la condizione soggettiva della sua capacità di mettersi alla testa della mobilitazione delle masse e dirigerla, poteva avvenire solo come risultato del concorso di circostanze economiche e politiche che determinavano la crisi del vecchio regime e la mobilitazione di tutte le classi nella lotta politica: essi chiamarono questo concorso di circostanze “situazione rivoluzionaria”.
Lenin sviluppò questa concezione precisando, sulla base della rivoluzione russa del 1905 e della Rivoluzione d’Ottobre, quali erano le condizioni economiche e politiche che caratterizzavano una situazione rivoluzionaria (vedasi in particolare Il fallimento della II internazionale e L’estremismo, malattia infantile del comunismo).
Mao ha ulteriormente sviluppato questa concezione sulla base dell’esperienza della prima grande crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale (1900-1945) e della conseguente lunga situazione rivoluzionaria che si protrasse per vari decenni nel corso dei quali cambiarono volto i regimi politici di tutti i maggiori paesi (non solo di quelli in cui trionfò la rivoluzione socialista o la rivoluzione di nuova democrazia) e il sistema delle relazioni politiche internazionali, attraverso un processo di lotte e di guerre estremamente complesso e prolungato. Egli ha formulato la teoria della situazione rivoluzionaria in sviluppo, come insieme di condizioni economiche e politiche che caratterizzano un lungo periodo, che rendono instabili i regimi politici esistenti e rendono possibile la Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata e, attraverso di essa, l’accumulazione delle forze rivoluzionarie finché queste diventano più potenti delle forze della reazione e conquistano il potere.
Questa teoria maoista ci ha aiutato
– a impostare il nostro bilancio dell’esperienza,
– a comprendere che la stabilità del regime politico del nostro paese e in generale dei regimi politici dei paesi imperialisti nei decenni successivi alla seconda Guerra mondiale e il successo del revisionismo moderno erano stati resi possibili da precise condizioni economiche (il periodo di ripresa e sviluppo dell’accumulazione capitalista e il dispiegamento del tentativo di costruire un “capitalismo dal volto umano”), che proprio il venir meno di queste condizioni aveva decretato la morte (più o meno rapida) del revisionismo moderno, l’instabilità dei regimi politici e lo sviluppo di un nuovo slancio rivoluzionario delle masse popolari e della classe operaia,
– a imparare a vedere e far fruttare i sintomi della tempesta rivoluzionaria che viene maturando sotto la coltre di sbandamento, sfiducia, apatia e rassegnazione tra le masse popolari e di inni al “nuovo ordine mondiale” tra la borghesia imperialista; in questo modo ci contrapponiamo agli opportunisti di destra ancora presenti tra le Forze Soggettive della Rivoluzione Socialista del nostro paese,
– a imparare a non scambiare per rivoluzione ogni fremito e ogni scontro, come fanno i soggettivisti anch’essi ancora largamente presenti tra le Forze Soggettive del nostro paese,
– a formulare la tesi che nel corso dei prossimi anni nel nostro paese (come negli altri paesi imperialisti) la situazione rivoluzionaria si esprimerà come lotta tra la mobilitazione reazionaria e la mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari e rovesciamento della prima nella seconda.
Da Il maoismo terza superiore tappa del pensiero comunista, Ed. Rapporti Sociali, 1994