Quarto (NA). Il 12 febbraio si è svolto il primo Consiglio Popolare indetto dalla Consulta dei Giovani. Un passo importante nell’assunzione di responsabilità del movimento delle organizzazioni popolari quartesi che hanno nelle loro mani il futuro della città.
Le elezioni comunali del 2015 portarono alla vittoria il M5S e Rosa Capuozzo diventò Sindaco. Questo risultato fu un effetto della combinazione di una disastrosa situazione politica locale (il Comune era per l’ennesima volta commissariato per infiltrazioni mafiose e nessuno dei partiti esistenti godeva della fiducia delle masse popolari) con un rigoglioso percorso di attivismo popolare che negli ultimi anni aveva animato la politica locale, in particolare da parte dei giovani. Il legalitarismo che caratterizza il M5S aveva però portato a una sostanziale immobilità della nuova giunta di fronte alle emergenze che nel frattempo si moltiplicavano sia per effetto della speculazione a cui era stato sottoposto il territorio nei decenni precedenti, sia a opera della denuncia e della mobilitazione popolare e l’Amministrazione si è lasciata imbrigliare nelle prassi del teatrino della politica borghese fatte di clientelismo e servilismo verso i gruppi di potere. Questa è la premessa al colpo di mano che le autorità della Repubblica Pontificia hanno tentato contro l’Amministrazione di Quarto, nel contesto della campagna (di respiro nazionale) per demolire il M5S agli occhi dell’opinione pubblica in vista delle prossime elezioni amministrative (vedi Resistenza 2/2016). Nel pieno dello “scandalo” la Consulta dei Giovani ha preso l’iniziativa e il 16 gennaio ha lanciato l’appello alle realtà politiche e associative, agli organismi attivi sul territorio per riunire il primo Consiglio Popolare.
Nel frattempo, il M5S ha scaricato il sindaco Rosa Capuozzo, chiedendone le dimissioni. In un primo momento la Capuozzo ha resistito alle pressioni che le venivano sia a livello istituzionale che dal suo stesso partito, poi ha ceduto e si è dimessa il 21 gennaio.
In un contesto simile, il Consiglio Popolare convocato già a metà gennaio ha assunto un’importanza ancora maggiore, è diventato il centro della resistenza ai colpi bassi e alle manovre sporche dei vertici della Repubblica Pontificia e la principale risposta, positiva, a quanti erano delusi dal “tradimento” del M5S.
Rosa Capuozzo ha fatto sicuramente i suoi conti con i partiti e con i Consiglieri Comunali per ottenere la fiducia e una nuova maggioranza, ma prima di rendere pubblica, il 9 febbraio, la decisione di ritirare le sue dimissioni, ha consultato gli organismi che avevano convocato il Consiglio Popolare e quelli che vi avevano via via aderito, a dimostrazione che probabilmente una lezione l’ha tratta anche lei da tutta questa storia: per governare, anche una cittadina della provincia, occorre avere dalla propria parte la parte attiva, propositiva e generosa delle masse popolari.
E un insegnamento lo devono ricavare le organizzazioni operaie e popolari: quando sono passate dal rivendicare alle istituzioni, al prendere in mano l’iniziativa e al porsi come centro di organizzazione e mobilitazione per trovare soluzione ai problemi e alle contraddizioni del territorio, è stato il Sindaco a rivolgersi loro.
Questo è, a livello embrionale e su piccola scala, il movimento da compiere, sviluppare, prendere da esempio per costruire Amministrazioni Locali di Emergenza.
Un’ultima considerazione, che riguarda il ruolo dei comunisti. Spontaneamente, cioè sulla base del senso comune corrente, la mobilitazione delle masse popolari può svilupparsi solo fino un certo livello: è radicata e diffusa la concezione che nulla è possibile senza un padrone o senza un’istituzione guidata da professionisti che si occupino di dirigere la società. Solo i comunisti che padroneggiano una giusta concezione possono infondere la necessaria consapevolezza che la società è invece matura per essere guidata dalle organizzazioni operaie e popolari, che quella è la strada per costruire un futuro che si emancipi dalla guida distruttiva e rovinosa della borghesia.