La Buona Scuola ha reso obbligatoria l’alternanza fra la scuola e il lavoro; agli studenti vengono imposte dalle 200 (per i licei) alle 400 ore (per gli istituti tecnici e professionali) in aziende, iscritte alla Camera di Commercio, che siano disposte ad accoglierli. Presentata come un modo per “avvicinare il mondo della scuola a quello del lavoro” in realtà l’alternanza è un modo per assicurare alle aziende manodopera giovane, generalmente motivata e soprattutto gratuita.
E’ una dimostrazione che nella società capitalista tutto viene sottomesso alle leggi del profitto e che nelle mani della borghesia ogni cosa diventa strumento per alimentare lo sfruttamento e la guerra fra poveri, anche quando i presupposti sono positivi, come in questo caso il ruolo della formazione pratica, sul campo, nell’educazione dei giovani.
Sono quindi giuste le lotte che gli studenti stanno mettendo in campo per boicottare questa riforma e anche quelle per migliorarne alcuni aspetti, come la proposta del Fronte della Gioventù Comunista di introdurre un salario per gli studenti in “alternanza”. L’aspetto decisivo è comunque il renderle linfa e alimento della mobilitazione per prendere in mano il governo del paese. Significa rendersi artefici, promotori e costruttori del processo di costruzione di una scuola nuova, che prepari i giovani a essere costruttori e dirigenti della società nuova.
Nella storia del movimento comunista si trovano esempi concreti di che cosa significhi legare la formazione teorica, sui libri di testo, con la formazione pratica, sul campo, in modo positivo e confacente agli interessi della classe operaia e delle masse popolari. Riportiamo di seguito due esempi: dai Quaderni del carcere di Gramsci e dall’esperienza pratica dell’URSS.
Gramsci nei suoi appunti Per la storia degli intellettuali individuava come con la Riforma Gentile il liceo classico veniva riportato al centro della scuola italiana, rendendola severa, selettiva e aristocratica: una vera e propria palestra di futuri dirigenti. Perciò, mentre la scuola classica con la sua educazione alla disciplina e all’organizzazione intellettuale, era concepita unicamente per le classi dominanti e per gli intellettuali, quella professionale invece per le classi strumentali (gli operai).
La soluzione per eliminare il distacco tra scuola classista e professionale, secondo Gramsci, starà nella creazione di una “scuola unica, iniziale, di cultura generale, umanistica e formativa” che contemporaneamente porti a uno sviluppo delle capacità intellettuali e di quelle “manuali” (attività tecniche): è questa la scuola unitaria.
I suoi fini dovranno essere: una formazione intellettuale e pratica; autonomia degli allievi nell’iniziativa; l’immissione dei giovani nel mondo del lavoro e nella società con un certo grado di maturità e capacità, diversamente dalla riforma Gentile che prevede una scelta precoce tra immissione nel mondo del lavoro e prosecuzione degli studi all’università.
Gramsci ritiene utile ritardare il più possibile questo momento, garantendo a tutti una formazione “umana”.
Insomma, in netta controtendenza con certi ministri, attuali, che affermano che non serve insegnare la filosofia a uno che tanto dovrà andare a fare lo spazzino!
La scuola dei Soviet fondava l’insegnamento e l’educazione sul lavoro produttivo fisico, principalmente come strumento d’istruzione. L’insegnamento di ogni materia era svolto in base al principio del lavoro, così da dare ai ragazzi una concezione concreta dell’organizzazione economica della società.
Riportiamo gli stralci dell’articolo: I principi pedagogici della Russia dei Soviet scritto nel 1919 da Paolo Birukof, amico e biografo di Leon Tolstoi, in occasione del primo Congresso degli studenti socialisti e comunisti (Ginevra 1919).
“La scuola può occupare due posizioni diverse: può essere uno strumento di preparazione alla schiavitù e allo sfruttamento esercitato dalla classe dominante: ecco la scuola attuale, la scuola capitalista e la scuola come associazione, che vive, si sviluppa, si prepara alla vita (…). Una scuola socialista deve formare degli uomini completi, al lavoro fisico e intellettuale: la scuola, primaria, secondaria e superiore deve avere un solo fine: educare gli uomini a svilupparsi integralmente, a essere mossi da stimoli adeguati a una società cosciente e organizzata, ad avere una concezione razionale del mondo, essa forma uomini preparati in teoria e in pratica a ogni specie di lavoro fisico e intellettuale”.
Nella scuola socialista si sviluppava la coscienza del lavoro libero e utile alla società: “Si può dire che la scuola socialista ha il compito di formare una libera associazione che vivrà della sua propria vita e si verserà nella vita sociale comune come un affluente si versa in un gran fiume”.
In questo stava il legame tra scuola e società: essa preparava le masse popolari a diventare dirigenti della società in costruzione e a superare le endemiche contraddizioni della società capitalista, tra cui, quella tra lavoro manuale e lavoro intellettuale.