Educazione e istruzione sono un campo della lotta di classe

Quanto insegnano i capannoni abbandonati delle fabbriche dismesse…

Arrivati a Piombino già si vedevano costruzioni che facevano parte della Lucchini. Era tutto arrugginito, abbandonato, non c’era anima viva. Sembrava un cimitero, faceva paura, solo a pensare che lì prima ci lavoravano 5.000 persone, quindi su quella fabbrica ci mangiavano 20.000 bocche se non di più, e ora non c’è più nessuno.Erano mostri di ferro che potevano caderti addosso da un momento all’altro, chilometri di ferro arrugginito, abbandonato a se stesso”.

Queste sono alcune impressioni che una giovane compagna ha scritto per Resistenza, di ritorno da una “gita” con il padre alle acciaierie della Lucchini di Piombino (praticamente chiuse da circa un anno), lo scopo era mostrarle gli effetti concreti della crisi del capitalismo entrata nella sua fase terminale.
Non è stata una gita scolastica (viaggi di istruzione, le chiamano), ma più istruttiva ed educativa: a scuola difficilmente si parla di crisi, di operai licenziati e di famiglie sul lastrico che poi, nella maggior parte dei casi, sono le famiglie degli stessi studenti che la frequentano.

Giovanissima, frequenta la terza media, contrasta le tesi revisioniste spacciate nei libri di testo con gli argomenti che ricava dalle discussioni in famiglia e da quanto ha riscontrato dalle letture che non rientrano nel programma didattico:
(…) Lenin fu uno dei dirigenti dei Bolscevichi e diresse con operai e contadini la Rivoluzione d’Ottobre. Poi ci fu la guerra civile vinta dai bolscevichi contro le armate bianche (conservatori, zaristi). Nel 1922 si formò l’URSS che era il primo stato ad avere un regime comunista. Sul mio libro però c’è scritto che era iniziata una dittatura, io specificherei “dittatura del proletariato”. (…) Sul mio libro c’è scritto che Stalin ridusse i contadini alla fame. La Russia era un paese comandato dallo Zar, con nessuna industria e un tipo di agricoltura molto arretrata. È ovvio che una rivoluzione socialista comprendeva anche modernizzare ciò che era arretrato e far crescere economicamente l’Unione Sovietica. Ciò prevedeva che gli operai e i contadini lavorassero da mattina a sera. Quello che sul mio libro non c’è scritto è che Stalin lo faceva per il bene comune, Hitler e Mussolini no”.

Con la campagna Lavoro Giovani condotta nei mesi scorsi abbiamo aumentato i contatti ed elevato le nostre relazioni con i giovani delle masse popolari e abbiamo toccato con mano la loro “fame” di conoscenza.
Le condizioni pratiche rendono per loro sempre più pressante la necessità di comprendere il corso delle cose e come trasformarlo, ma quello che viene insegnato nelle scuole e nella università borghesi non è ciò che serve loro, ma alla classe dominante.
Se servono futuri dirigenti che sappiano come fare andare avanti la società, i percorsi didattici sono sempre più specializzati, i “saperi” più evoluti e intercambiabili; se servono obbedienti ed efficienti lavoratori ci sono altri percorsi specifici. L’unità tra istruzione e pratica è al servizio dei padroni come, ultima arrivata, la Buona Scuola ha sancito con l’alternanza scuola-lavoro (vedi articolo affianco). Ma i fatti hanno la testa dura e non c’è illusione, falsità o revisionismo che tenga:

Vedere una fabbrica come la Lucchini, dove dentro ci sono morti tantissimi operai per portare mille euro al mese a casa, dove prima c’erano 5000 operai e ora è vuota ti fa capire che mondo di merda è diventato il nostro.
E noi possiamo anche fare manifestazioni, volantinaggi e andare a protestare al Parlamento, ma se non si muovono gli operai, si resta qui. Non capisco un operaio della Lucchini, ormai licenziato che sa che potrebbe fare qualcosa ma sta li a piangersi addosso, ormai non ha niente da perdere, non gli resta che combattere”.

carc

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