Commento mandato da un compagno alle Tesi sulla situazione attuale e sulla tendenza alla guerra pubblicate sul numero scorso di Resistenza.
“Alla testa della resistenza dei popoli arabi e musulmani ci sono organizzazioni come Hezbollah, che, non a caso, sono il bersaglio dei mercenari al soldo dell’imperialismo USA e dei suoi lacché petro-monarchici (Arabia Saudita, in primis), vedi il sedicente “Stato Islamico” che fa il lavoro sporco per l’imperialismo, questi personaggi servono appunto a mettere popoli contro popoli e chi mette popoli contro popoli non oppone alcuna resistenza all’imperialismo, è anzi un suo strumento. Far passare l’idea che l’IS possa essere alla testa della resistenza dei popoli arabi e musulmani contro l’imperialismo è come far passare l’idea che i fascisti possano essere una forza antimperialista”.
Caro compagno,
c’è molto di vero in quello che dici, ma tante affermazioni, una a una vere, non fanno la verità e non ci portano a decidere cosa fare. Un bicchiere mezzo vuoto è anche mezzo pieno. Per fare, non basta constatare: bisogna capire se sta vuotandosi o riempiendosi, cosa ne posso e devo fare io.
Nelle questioni di cui parliamo, per arrivare a conclusioni sul che fare, bisogna fare un passo avanti e vedere come i fatti sono concatenati e legati tra loro, il corso delle cose di cui ognuno di essi fa parte.
Noi non siamo osservatori né spettatori né tifosi. Analizziamo e discutiamo delle guerre in corso nei paesi arabi e più in generale musulmani e dell’attività di potenze e gruppi imperialisti europei, americani e sionisti
1. per decidere la linea che noi comunisti dobbiamo tenere e promuovere contro il governo italiano che (in flagrante e sfrontata violazione della Costituzione, art. 11) partecipa alla guerra: dall’Afghanistan alla Libia, dalla Palestina alla Somalia e qui in Italia cerca di aggregare le masse popolari sotto la sua direzione in nome della “guerra al terrorismo”,
2. per dare alle masse popolari italiane un orientamento generale a proposito di come stanno andando le cose nel mondo e delle prospettive per la rinascita del movimento comunista e per l’instaurazione del socialismo (in altre parole, per contrastare nelle idee e nei sentimenti delle masse popolari la spinta alla disperazione e alla rassegnazione impressa dalla borghesia, dal clero e dalla sinistra borghese).
Quale è il corso delle cose a cui appartengono i fatti di cui stiamo parlando?
Nel secolo scorso in vari paesi arabi e più in generale musulmani dalla lotta di classe in corso nel paese, grazie alla spinta impressa dal movimento comunista internazionale nel corso della prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale e nonostante l’azione reazionaria di potenze e gruppi imperialisti, erano sorti regimi in vario modo progressisti. Questi regimi sono caduti o cadono uno dopo l’altro, anche quelli (Libia, Iraq e altri) che hanno cercato di mettere il piede in due scarpe. Sono caduti oppure si sono integrati come paesi neocoloniali nel sistema imperialista mondiale. L’elenco dei caduti è lungo e potrebbe essere più lungo: da Nasser in Egitto a Thomas Sankara in Burkina Faso, Siad Barre in Somalia, Menghistu in Etiopia, Nadjibollah in Afghanistan, fino a Saddam Hussein in Iraq e Gheddafi in Libia. La resistenza prolungata di Bashar al-Asad depone a favore del Fronte Progressista Nazionale di cui è alla testa: ma la sorte della Siria è ancora incerta e non pare che sia più nelle mani del Fronte Progressista Nazionale.
Ne viene una conclusione generale: la caduta o trasformazione di quei regimi progressisti è un aspetto dell’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria sollevata dalla vittoria dell’Ottobre
Questo è a grandi linee il contesto di cui fanno parte i singoli fatti e avvenimenti di cui parliamo. In questo contesto noi comunisti dobbiamo indicare chiaramente alle masse popolari del nostro paese che il loro nemico principale è il governo del loro paese e la classe dominante di cui il governo è espressione. Dobbiamo denunciare che quelli che la classe dominante condanna e denigra come terroristi, sono dei combattenti che resistono alla dominazione e all’aggressione imperialista, anche se spesso ne sono stati essi stessi gli agenti. Le loro idee sono reazionarie, i loro obiettivi sono il ritorno al passato, i loro capi sono esponenti del clero e del mondo feudale, il loro metodi non sono meno barbarici di quelli delle potenze imperialiste anche se più primitivi: usano la spada e la forca mentre gli altri usano droni, sgozzano mentre gli imperialisti bombardano. Diamo pure per scontato che i loro metodi e gli obiettivi che si propongono siano davvero quelli che la propaganda di regime ci dice, anche se la partecipazione che suscitano ce ne fa dubitare. Questo comunque non cambia il contesto e il senso della guerra in corso. Se sono quello che ci dicono, certamente non vinceranno. La loro resistenza si protrarrà a tempo indeterminato, dato che neanche le relazioni che gli imperialisti vogliono imporre possono radicarsi e durare. Se un gruppo di combattenti sarà schiacciato, altri ne sorgeranno al loro posto, probabilmente migliori, perché combattendo si impara e tutto il mondo è in ebollizione.
Questo corso catastrofico delle cose solo la rinascita del movimento comunista nel mondo può rovesciarlo. L’instaurazione del socialismo in un paese imperialista, anche solo la rottura da parte di un paese imperialista delle catene del sistema imperialista, cambierebbe il contesto mondiale. Questo detta il nostro obiettivo.
Ma allora i combattenti dell’ISIS sono terroristi o sono antimperialisti? Sono fascisti o eroi?
I nomi non cambiano la realtà delle cose. Ci sono nomi che sono diventati insulti e mezzi per esprimere esecrazione e disprezzo viste le azioni di quelli che se li sono dati. Ci sono altri nomi che sono diventati mezzi per esprimere stima e venerazione perché sono stati i nomi portati da persone e movimenti che hanno meritato stima e venerazione. La propaganda borghese rovescia, cerca di rovesciare le cose nella mente e nei sentimenti delle masse popolari. Nella propaganda borghese sentite esponenti e portavoce del regime che opprime le masse popolari del nostro paese, esecrabili non meno dei fascisti del ventennio, chiamare fascisti i loro oppositori. Sentite esponenti e portavoce delle potenze che seminano il terrore bombardando e massacrando le popolazioni di interi paesi e regioni, bollare di terroristi le loro vittime e i loro oppositori. Senza analisi concreta della situazione concreta, si discute di nomi, non delle cose, della realtà. Ma chi vuol fare, deve stare alla realtà: i fatti hanno la testa dura.
Speriamo che quanto fin qui detto spinga almeno alcuni compagni a uscire dalle discussioni nominaliste e affrontare una seria analisi concreta del corso delle cose. Prima di arrivare alle conclusioni, bisogna fare analisi e ragionamenti. Spiegare quali sono i rapporti tra le classi e tra i paesi. Solo su questa base è possibile capire e poi riassumere le conclusioni in una definizione che a questo punto non sarà più un nome (che ognuno riempie del contenuto che vuole e alcuni anche di nessuno), ma una ricca sintesi di concetti, utile per guidare la nostra attività. Pensate all’imperialismo: quanti usano il nome nel senso preciso che Lenin ha illustrato? Il fascismo detto riferendosi ai paesi oppressi ha in comune con il fascismo dei paesi imperialisti solo il nome (che se lo diano loro o che glielo affibbino i loro nemici, poco importa).
Se noi comunisti porteremo le masse popolari del nostro paese a combattere con efficacia il governo e il regime che le opprime, via via determineremo noi lo schieramento effettivo: chi sono i nostri alleati, chi sono i nostri amici, chi sono i nostri nemici nella lotta che noi conduciamo. Finché non c’è lotta, gli schieramenti sono parole. Invece in ogni lotta seria, la direzione prima o poi l’assume chi ha una visione più giusta e più lungimirante delle condizioni dello scontro e la fa valere. Gli imperialisti sono certamente i nostri nemici. Con chi si schiereranno i singoli gruppi e movimenti, dipenderà da noi e da loro.
Nella guerra in corso siamo comunque coinvolti e i gruppi imperialisti non ne possono fare a meno: ne va della sopravvivenza del loro sistema sociale. Finché non poniamo fine a questa guerra rompendo il sistema imperialista, ne subiamo le conseguenze quale che sia il nome che le diamo.