Le violenze compiute in particolare contro donne e ragazze nella notte di Capodanno in Germania, nelle piazze e nelle strade di Colonia, da una folla di persone mezze ubriache, tra cui molti immigrati, profughi e rifugiati, sono state usate su larga scala in tutta Europa per alimentare la mobilitazione reazionaria contro gli immigrati dai paesi oppressi (arabi, africani, asiatici, in particolare contro i musulmani), per alimentare l’adesione della parte più arretrata delle masse popolari alla “guerra al terrorismo” e in Germania per contrastare la politica di apertura agli immigrati proclamata (per motivi che non stiamo qui a dettagliare) dal governo di Angela Merkel.
La polizia non ha contrastato le violenze e tanto meno ha fatto l’abituale opera di prevenzione degli avvenimenti che (a parte le dimensioni) erano previsti. Questo e altri indizi fanno ritenere probabile che le violenze di Capodanno (abituali in molte città tedesche e di altri paesi) siano state fatte crescere ad arte, promosse o favorite, dalla polizia tedesca o da altri apparati statali e dai loro mandanti per gli obiettivi politici e sociali per cui poi sono state ampiamente sfruttate. Non a caso la propaganda borghese ha mischiato le violenze di Capodanno con gli attacchi militari portati sul territorio metropolitano, in Europa e negli USA, dai gruppi che nei paesi arabi e musulmani contrastano l’aggressione delle potenze imperialiste. Come se emarginati mezzi ubriachi di Colonia e di altre città e combattenti disposti al martirio appartenessero allo stesso mondo, stante il fatto che provengono dagli stessi paesi, hanno lo stesso colore di pelle e professano la stessa religione (prendendo l’espressione nello stesso senso lato per cui tutti quelli che sono nati in Italia sono cristiani e il cristianesimo è un’unica religione, dall’Argentina alla Russia).
Le violenze criminali di Colonia sono servite e servono per alimentare la mobilitazione reazionaria, l’adesione alla “guerra al terrorismo”, come gli attentati di Parigi hanno creato le condizioni per permettere al governo francese un superiore coinvolgimento nella “guerra al terrorismo”, come la fialetta di antrace esibita da Colin Powell all’ONU è servita a far approvare all’ONU l’attacco all’Iraq nel 2003, come l’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001 era stato decisivo per vincere le resistenza diffusa della popolazione USA a essere coinvolta in nuove guerre.
Chi non ragiona in termini di classe, di contrapposizione di interessi di classe, di lotta di classe, di fronte a fatti come le violenze criminali di Colonia e al loro sfruttamento da parte delle potenze e dei gruppi imperialisti, è disarmato e smarrito: la solidarietà agli immigrati contro i diritti delle donne e il sostegno alla causa della loro emancipazione; il multiculturalismo contro il diritto alla sicurezza, l’accoglienza (di cui le masse popolari tedesche sono state esempio nei confronti dei profughi siriani solo sei mesi fa) contro la paura.
Per creare e alimentare un clima favorevole alla guerra di civiltà, la classe dominante non ha bisogno di fomentare le organizzazioni neofasciste e neonaziste (quelle le coltiva, le protegge, le coccola e le alleva per intruppare gli elementi più arretrati e antisociali fra le masse popolari), ma ha bisogno di conquistare la fiducia, meglio se disperata, delle larghe masse; ha bisogno di debellare fra di esse i sentimenti e i valori più progressisti e democratici, di recidere il legame con il vecchio movimento comunista che aveva sedimentato concezioni, ideali, valori e morale incompatibili con la guerra fra i popoli, la persecuzione delle minoranze, le discriminazioni razziali, l’oppressione delle donne e la guerra fra poveri. Colpire le donne sul piano della violenza sessuale (incompatibile con il sentire comune e diffuso della parte avanzata delle masse popolari, benché ancora largamente praticata nei civili paesi cristiani) è uno strumento eccellente a questo scopo.
Due riflessioni che sono un orientamento.
La prima riflessione riguarda la lotta contro la violenza sulle donne, contro il maschilismo, contro il femminicidio e più in generale la lotta per l’emancipazione delle donne. Chi vuole mobilitare le donne contro i popoli oppressi in nome della loro natura, civiltà, religione vuole nascondere che l’oppressione di genere oggi è un aspetto dell’oppressione di classe. La concezione del femminismo borghese (che trascura, maschera, nasconde l’oppressione di classe in nome dell’oppressione di genere) è uno strumento in mano alla classe dominante. Mentre in nessuna parte del mondo le donne possono emanciparsi affidando il loro destino alla borghesia imperialista, in tutto il mondo le donne si organizzano e lottano impugnando la bandiera della rinascita del movimento comunista: lo fanno le donne kurde che sono in prima linea nella guerra contro l’ISIS, lo fanno le donne colombiane nelle FARC, lo fanno le donne indiane contro il sistema delle caste e le diffuse violenze di genere, lo devono fare e lo faranno le donne tedesche e italiane, le donne francesi e americane. Non esiste emancipazione delle donne senza emancipazione delle classi oppresse e sfruttate, senza movimento rivoluzionario, senza la rinascita del movimento comunista.
La seconda riflessione riguarda la lotta contro il razzismo per l’organizzazione e la mobilitazione degli immigrati. È un campo particolare in cui vige una legge universale: non è vero che chi è più oppresso è anche più disposto a combattere per la propria liberazione. Anche fra gli immigrati esistono tendenze avanzate (all’organizzazione, alla lotta, alla mobilitazione nel solco dell’esperienza del movimento comunista) e arretrate (concezioni feudali, parassitismo, individualismo, corruzione morale, emulazione di stili di vita “all’occidentale”, ecc.). Noi comunisti facciamo leva sulle prime: mettiamo al centro la concezione e il contributo che gli immigrati possono dare alla costruzione dell’alternativa, li consideriamo in questo senso compagni di lotta. Quella parte arretrata degli immigrati, che pure esiste, la consideriamo alla luce delle contraddizioni che vive, ma allo stesso modo dei settori arretrati delle masse popolari italiane. In ogni caso non come nemici di classe: subiscono il corso delle cose, non lo determinano.
In conclusione. Ogni iniziativa e manovra della classe dominante crea occasione di iniziativa per alimentare la mobilitazione rivoluzionaria. È una questione di concezione del mondo. Per quanto infami, non saranno le manovre e le iniziative dei capitalisti a fermare la rinascita del movimento comunista; non saranno le speculazioni sul corpo delle donne, sulla disperazione degli immigrati, sulla vita dei poveri, sulla pelle degli operai e dei lavoratori a togliere terreno alla lotta per il socialismo: la concezione comunista del mondo è l’arma per trasformare i tentativi di mobilitazione reazionaria in mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari.