Attacco ai delegati combattivi. Dallo scorso dicembre a oggi ci sono stati quattro licenziamenti di delegati sindacali a fronte di “motivi disciplinari”, come quello alla Metalcastello di Castel di Casio (BO) dovuto al fatto che il compagno della FIOM, al corteo in solidarietà con gli operai Saeco, aveva denunciato le condizioni nella sua azienda. In altri casi sono perfino stati accusati di aggressione al tavolo delle trattative. Uno di questi atti di repressione padronale ha colpito Sandro Giacomelli, delegato Cobas alla DNA di Pontedera, cooperativa (115 operai) che gestisce, secondo l’infernale meccanismo del subappalto, parte del magazzino della Ceva (che lavora per la Piaggio). Il compagno si è visto affibbiare 6 provvedimenti disciplinari in poco più di quattro mesi (senza averne mai presi nei dieci anni di servizio precedenti), ed è stato licenziato a fine anno. Non è un caso che Sandro ha subito tale attacco, infatti per tutto il 2015 è stato alla testa della battaglia per la conquista della mensa interna all’azienda fino ad arrivare alla vittoria (luglio 2015) che è costata all’azienda 120 mila euro, sempre lo stesso è stato uno degli apripista della “sindacalizzazione” della cooperativa (2006).
Durante lo svolgimento del presidio in solidarietà subito indetto, sono state consegnate a quattro colleghi presenti altrettante lettere di licenziamento (a cui in totale se ne sarebbero dovute aggiungere altre 12): licenziamenti scaglionati per farli figurare come dovuti a motivi economici (il classico calo produttivo che spunta alla bisogna) per rientrare sotto le procedure della legge Fornero e quindi non risultare come collettivi. Questo è lo scenario in cui i padroni passano all’incasso del Jobs Act, eliminando i delegati combattivi che possono diventare catalizzatori e organizzatori della rabbia diffusa sui posti di lavoro, in modo ancora più deciso dove ci sono piani di ristrutturazione in ballo e la particolare partita del CCNL nel settore metalmeccanico è tutta aperta. Nel caso della DNA le cose hanno preso una piega ben diversa da quello che si aspettavano.
Quando si mobilita la classe operaia non ce n’è per nessuno! Gli operai della DNA hanno continuato la mobilitazione con scioperi e picchetti nonostante il clima terroristico e le minacce pretendendo il ritiro dei licenziamenti e a loro si sono uniti i colleghi della CEVA con cui condividono fisicamente l’ambiente di lavoro del magazzino. Al picchetto di protesta della mattina del 18 gennaio hanno partecipato anche operai di CEVA e della SOLE (indotto Piaggio), esponenti del SICobas, del Coordinamento Lavoratori Livornesi e diversi altri compagni; intanto gli operai Piaggio avevano proclamato lo sciopero per il giorno successivo e chiamato al picchetto i (numerosi) colleghi confinati a casa dal contratto di solidarietà: si è quindi attivato un fronte di lotta compatto e deciso a portare la battaglia fino in fondo. Anche il sindaco PD di Pontedera è stato costretto a intervenire per risolvere una situazione che stava diventando incandescente e pure i sindacati confederali hanno dovuto prendere posizione contro i licenziamenti arbitrari. E la lotta ha avuto una prima vittoria, con il ritiro dei 4 licenziamenti e il congelamento di quelli in cantiere, mentre resta ancora fuori il delegato dei Cobas.
Insegnamenti e prossimi passi. La vicenda offre numerosi spunti di riflessione e insegnamenti, a partire dal fronte di solidarietà che ha coinvolto lavoratori di quasi tutte le sigle sindacali: un ottimo antidoto alla tendenza che ultimamente pervade la dirigenza della FIOM che, proprio per iniziative di coordinamento intersindacali (quello con CISL e UIL cos’ha di differente?), intende espellere diversi dei suoi delegati più combattivi degli stabilimenti FCA. Altro passo importante è stato quello di connettere la lotta fra lavoratori dell’indotto e quelli della “casa madre”, rompendo la compartimentazione che giova solo al padrone e spianando la strada alla (prima) vittoria.
Rispetto alla battaglia vinta, Sandro Giacomelli parla di “riscoperta tra gli operai della loro forza e centralità”, di “ripresa di una fiducia tra i colleghi che si è concretizzata con la vicinanza degli operai Piaggio e Ceva che sono scesi a picchettare con noi”. Insomma, la vittoria dimostra che non sono i padroni a essere forti ma che gli operai vincono se fanno valere la loro forza!
Diversi giornali hanno parlato con toni fra lo stupito e il preoccupato di “picchetti di altri tempi” perché sono stati bloccati i cancelli, come alla Saeco di Bologna dove proseguono da oltre 50 giorni contro i licenziamenti senza curarsi delle accuse di illegalità da parte dei padroni. Si conferma che ogni misura che va negli interessi delle masse popolari e ha una certa “efficacia” è da adottare anche se è considerata illegale, dato che le leggi sono fatte dalla classe dominante, e che “le leggi, anche se approvate, possono essere contrastate e rese inapplicabili con la lotta e l’unità dei lavoratori”, come scrive nel suo comunicato il Coordinamento Lavoratori Livornesi.
Ora si apre una lotta su due piani, quello immediato riguarda il doveroso reintegro di Giacomelli mentre il secondo comprende tutto il territorio di Pontedera e non soltanto, come ha dichiarato Simone Selmi, RSU FIOM Piaggio: “Questo nuovo attacco padronale non può passare in secondo piano, anzi deve far capire che è importante essere al fianco di questi lavoratori e che anche la cittadinanza non può più voltare le spalle perché è a rischio un intero territorio”.
Dei due piani di lotta il secondo è dirigente: tanto più le organizzazioni operaie in Piaggio, Ceva, DNA e SOLE si coordinano per occuparsi delle loro aziende (in primis prevenire gli attacchi padronali), si rafforzano l’un l’altra nelle singole battaglia, tanto prima la DNA sarà costretta a reintegrare Sandro Giacomelli.