Operai antifascisti nell’Emilia rossa

 

Reggio Emilia. Il 16 gennaio varie sigle fasciste, da Forza Nuova a Casa Pound, si sono riunite in un presidio in piazza “Martiri 7 Luglio”, cuore e simbolo della città, che nella sua parte più sana, giusta e combattiva si è organizzata per impedire il raduno: un corteo di mille persone ha sfilato per le vie del centro e ha liberato la piazza. Di questa bella giornata di mobilitazione ci preme evidenziare in particolare la partecipazione del Comitato Spontaneo dei Lavoratori Brevini (CSLB).
Abbiamo conosciuto alcuni di questi operai durante un’iniziativa contro la repressione alcuni mesi fa e subito abbiamo colto una tendenza particolarmente positiva: l’azienda in cui lavorano non presentava all’epoca problemi particolari, tuttavia loro avevano chiara l’importanza del contributo degli operai alla mobilitazione delle masse popolari contro gli effetti della crisi: “non è che possiamo mobilitarci solo per difendere i nostri diritti e interessi immediati, anche se oggi non rischiamo il posto di lavoro è giusto contribuire al movimento popolare: una singola fabbrica non è un’isola ed è superficiale pensare che possiamo tutelare i nostri diritti mentre il paese va allo sfascio”.
Entro breve anche alla Brevini hanno iniziato a manifestarsi i sintomi della stessa malattia che ha portato tante aziende alla chiusura: contratti di solidarietà spesso discriminatori, procedure di mobilità volontaria e “voci” disgreganti sul futuro dell’azienda che alimentano sfiducia e insicurezza tra i lavoratori. Senza aspettare che la situazione precipitasse, per anticipare le mosse del padrone e per darsi i mezzi per vincere la lotta contro una eventuale ristrutturazione o chiusura, questi operai hanno promosso la costruzione del CSLB, hanno iniziato a occuparsi dell’azienda.
Alcuni di loro avrebbero partecipato comunque alla mobilitazione antifascista, ma lo avrebbero fatto individualmente o aggregati a organizzazioni politiche e sindacali. Invece il 16 gennaio hanno aderito e partecipato alla mobilitazione antifascista come organismo operaio di fabbrica, hanno chiamato altri operai a partecipare, hanno diffuso un loro volantino, si sono proiettati all’esterno della fabbrica. E’ una piccola cosa, scontata? Tutt’altro. Per due motivi: il primo è che la partecipazione organizzata ha permesso loro di sviluppare relazioni e legami con la parte più sana e avanzata della città e di stringere nuovi contatti, tutti elementi utili sia per sviluppare il ruolo del Comitato nel contesto politico cittadino che per sviluppare a un livello superiore l’attività specifica nella difesa dei diritti e dei posti di lavoro in azienda; il secondo è che hanno fatto un passo concreto per riprendere il cammino tracciato dalla tradizione di lotta delle masse popolari di questa terra, l’antifascismo popolare e il protagonismo operaio. Portare fuori dall’azienda l’orientamento, la capacità organizzativa, l’esperienza degli operai è l’aspetto decisivo non solo per sbarrare la strada alla mobilitazione reazionaria, di cui il tentativo di incursione dei fascisti a Reggio Emilia è piccola manifestazione (sono i vertici della Repubblica Pontificia che promuovono la mobilitazione reazionaria, i fascisti sono i loro burattini), ma soprattutto per dare le gambe alla costruzione dell’alternativa.

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