La lotta contro la Buona Scuola: insegnamenti e prospettive dall’occupazione di un liceo

Alberti

 

Firenze. Il 20 novembre gli studenti del Liceo Artistico Alberti hanno occupato l’istituto contro la Buona Scuola. Dopo tre giorni la DIGOS si è introdotta nella scuola, ha schedato i presenti e la Celere li ha obbligati a interrompere l’occupazione. Sono principalmente due gli aspetti che intendiamo mostrare di questa mobilitazione. Il primo, l’occupazione è stata un’iniziativa di massa che ha coinvolto quasi la totalità degli studenti; il secondo, attraverso l’occupazione gli studenti stavano promuovendo un percorso di confronto e dibattito sulla situazione nazionale e internazionale per cercare di comprendere il corso delle cose, partendo dalla loro scuola e dalla lotta contro lo smantellamento della scuola pubblica.
Nell’incontro con alcuni di loro abbiamo raccolto questa intervista.

All’interno della scuola esiste un collettivo? In che modo l’occupazione ha influito sulla sua attività e sul suo consolidamento?
Sì, siamo organizzati in collettivo e dopo l’occupazione stiamo raccogliendo nuove adesioni. C’è da dire che inizialmente la maggior parte del collettivo, me compresa, voleva fare l’autogestione, ci sembrava utile per informare e sensibilizzare gli studenti in visyta di un’eventuale occupazione… Ritenevamo prematura un’occupazione.

E invece…
E invece quando l’assemblea d’istituto ha votato, per ben due volte è passata l’occupazione, addirittura la seconda volta ha ricevuto ancora più voti. Davanti a questa realtà il collettivo si è “adeguato”.
Volevamo evitare in ogni modo la dinamica della minoranza che impone l’occupazione alla maggioranza e così non è stato, in effetti, nonostante alcuni professori ci abbiano accusato di aver “manipolato” gli studenti.
Abbiamo sempre cercato di alimentare il dibattito nelle assemblee, che sono state quotidiane, e la partecipazione è stata alta proprio per il coinvolgimento di studenti che non avevano mai messo piede alle riunioni del Collettivo d’Istituto. Non solo la gente c’era, ma non ci sono nemmeno state le lamentele da parte di studenti che volevano fare lezione…

C’è chi dice che i giovani sono disinteressati e che le masse popolari non si muovono, il terreno invece sembra fertile…
Sì, è molto fertile. Quando abbiamo deciso di occupare, abbiamo detto che probabilmente sarebbero arrivate le denunce, ma gli studenti hanno deciso di proseguire ugualmente. Secondo me, oggi c’è molto più interesse nel capire cosa ognuno di noi può fare a fronte della situazione disastrosa in cui viviamo. E’ sempre più chiaro che la ragione è dalla parte di chi protesta. Inoltre, la riforma è passata e gli studenti ne soffrono i primi effetti, sommati a quelli delle passate riforme (Moratti e Gelmini, ndr).

Puoi fare qualche esempio?
Nella nostra scuola manca tutto: non c’è riscaldamento, non ci sono le strumentazioni necessarie, non c’è nemmeno l’ascensore! Durante un’evacuazione per le scosse di terremoto, due ragazzi hanno dovuto prendere in braccio un loro compagno di classe in carrozzina per fargli fare quattro piani di scale.
A questo si unisce un’idea di merito del tutto distorta che dovrebbe essere applicata con proposte come quella di introdurre indirizzi accessibili solo a studenti con una certa media, come era stato proposto di fare l’anno scorso per accedere all’indirizzo di Multimediale per cui serviva la media dell’otto a matematica. Avevano anche avanzato la proposta di dividere le classi che andavano bene da quelle che andavano male, ma nessuna di queste due proposte è andata in porto. Anche il meccanismo degli Invalsi non prende minimamente in considerazione le condizioni oggettive delle scuole, punendo chi è più in difficoltà.
Quindi, con chiarezza, la nostra occupazione è stata una forma di boicottaggio della Buona Scuola, una protesta prettamente politica a cui si aggiungeva la volontà di discutere di tanti temi di attualità e politica perché la scuola spesso non ci aiuta a capire quello che ci succede intorno.

Esistono forme di collaborazione con gli insegnanti?
Diciamo che la maggior parte di loro si schiera contro la riforma, ma è ovvio che sono più ricattabili. Alcuni dei nostri professori sarebbero stati disposti a fare iniziative, ma ovviamente la partecipazione a un’occupazione con blocco della didattica sarebbe stata troppo compromettente, visto che la Preside ha il potere di licenziarli. Per dare idea del clima generato dalla Buona Scuola tra i lavoratori, riporto questo episodio: durante un Collegio Docenti, a cui abbiamo partecipato subito dopo la fine dell’occupazione, a un certo punto si alza una professoressa dicendo che noi non potevamo permetterci alcunché perché il capo “è lei”, indicando la dirigente scolastica…
Una volta tornati a scuola i professori hanno voluto affrontare la questione dell’occupazione, il dialogo non si è compromesso, ma non possiamo dire che ci sia unità tra studenti e lavoratori anche se sarebbe necessario crearla. Nella nostra scuola, di concreto, i professori non hanno messo in campo nulla, se non abbozzare malamente un blocco degli scrutini l’anno scorso…

La vostra occupazione ha suscitato “scalpore” anche per le modalità dello sgombero: schedature della DIGOS e scuola presidiata da camionette e cordoni di celere. Come sta proseguendo l’azione repressiva nei confronti degli studenti identificati quel giorno?
Quel giorno sono entrati circa una ventina di agenti della DIGOS, hanno preso i documenti a tutti i presenti mentre filmavano con la telecamera. A ciò si aggiunge che già il primo giorno dell’occupazione la Preside aveva mandato una mail ad alcuni genitori dicendo che i figli sarebbero stati denunciati.
Due ragazze minorenni, che sono state identificate al momento dello sgombero, sono state convocate a voce al Comando dei Carabinieri: volevano la “documentazione sull’occupazione”. Delle due, una, sotto nostro consiglio, non si è presentata mentre all’altra è andata, ma si è rifiutata di rispondere alle domande senza l’avvocato. Per lei hanno fissato l’interrogatorio per il 18 dicembre. Altre due militanti del collettivo, sempre minorenni, sono state convocate dalla DIGOS e saranno interrogate il 12 gennaio.
Stanno promettendo l’archiviazione del caso per gli studenti collaborativi: vogliono i nomi dei più attivi per associarli alle azioni “illegali”.

Nel caso in cui arrivassero le denunce come pensate di proseguire? I professori si sono schierati contro la repressione?
Bé…in realtà solo due o tre hanno dimostrato solidarietà. Noi siamo pronti ad affrontare il problema: chiederemo la solidarietà e andremo avanti collettivamente. Già il giorno dopo lo sgombero abbiamo fatto un presidio, l’attività del collettivo non si è fermata, abbiamo anche partecipato a mobilitazioni come il corteo contro la NATO (a fine novembre – ndr), proprio nell’ottica di non isolarci e non lasciarci isolare.

Il nemico oggi mette in campo anche una repressione di tipo pecuniario come contro il movimento NO TAV, ma anche contro i lavoratori ATAF. Nel caso in cui vi arrivassero anche a voi delle multe cosa pensate di fare?
Sì, all’ISA (altro Liceo Artistico, cittadino, ndr) che ha occupato prima di noi e con le stesse modalità, si parla di una possibile multa da 13.000 euro… da parte nostra c’è la volontà di non pagare perché si creerebbe un precedente. E ovviamente la nostra intenzione è quella di coordinarci anche con gli studenti dell’ISA per mettere in campo azioni comuni.

Gli studenti dell’ISA dopo le settimane di occupazione che li hanno visti impegnati sono riusciti a ottenere un incontro con il Sindaco Nardella. Che cosa hanno ottenuto?
Non molto… la promessa di trentotto mila euro che è una cifra irrisoria a fronte delle gravi problematiche che affliggono la loro scuola mentre a noi ha proposto che ci farà ridipingere la facciata, peccato che non è affatto quello ciò di cui abbiamo bisogno! Il Sindaco Nardella, quando abbiamo occupato, era convinto che noi l’avremmo invitato a scuola. Bè, noi non avevamo alcuna intenzione di invitarlo per parlarci, lui si sente importante, ma per noi non lo è.

In effetti rivendicare alle autorità si dimostra essere una strada senza sbocchi…
Sì. Noi nel corso degli anni, durante le occupazioni, ci siamo sempre occupati della scuola ridipingendola facendo quello che potevamo per fare fronte ai problemi strutturali. Quest’anno abbiamo montato dei pannelli decorativi, abbiamo progettato di fare un graffito. Anche i professori sono interessati a risolvere le problematiche strutturali; una di loro ci ha chiesto di fare una raccolta firme tra studenti e docenti per denunciare le problematiche che vive la scuola come la presenza di eternit, di muffa, il fatto che la nostra succursale in piazza Santa Croce non ha un cortile perché ridotto a discarica a cielo aperto. Vogliamo raccogliere queste firme e presentarle alla Preside, ma non so quanto lei potrà o vorrà agire, probabilmente si limiterà a prenderne atto. Saremo noi a organizzarci per dare le gambe a quelle proposte.

Tre questioni decisive per avanzare nella lotta

Da quanto sin qui detto emergono tre questioni importanti:

– la prima è la mobilitazione dei professori e del personale tecnico amministrativo cioè di quella componente da cui, in definitiva, dipende il mantenimento del servizio. L’unità d’azione tra lavoratori e studenti è la sola garanzia al mantenimento del posto di lavoro.
Immaginiamo un Preside che vuole licenziare un professore e si trova davanti l’opposizione degli studenti e di altri professori che mettono in campo azioni concrete per impedirlo, magari coordinati con altre scuole della città e con altri lavoratori della zona… Anche questo è un campo su cui promuovere il boicottaggio della Buona Scuola.

– La seconda è quella della mobilitazione dei genitori. L’esempio dell’ISA va in quel senso: contro la decisione di punire con denunce e sospensioni fino a 21 giorni 39 studenti accusati di aver partecipato all’occupazione, più di cento fra studenti, genitori e solidali si sono radunati fuori dalla scuola mentre si teneva il Consiglio d’Istituto che avrebbe dovuto confermare le sospensioni superiori a 15 giorni. La Preside ha dovuto cedere, gli studenti sono tornati a scuola forti del fatto che la mobilitazione e il coordinamento hanno incrinato il meccanismo di punizione sommaria. Il coinvolgimento dei genitori può e deve andare oltre le questioni disciplinari. Sono potenziali alleati degli studenti, ma anche dei lavoratori, nel trovare misure concrete per garantire il diritto a studiare ai loro figli e quello a lavorare a professori e personale ATA.

– La terza è come fare fronte a sanzioni disciplinari da parte dei presidi e azioni repressive da parte delle Forze dell’Ordine. E’ sbagliato e perdente concepire la repressione come una spada di Damocle sulle teste di chi protesta (“prima o poi dobbiamo farci i conti…”), è invece giusto fare della lotta alla repressione un ambito di coordinamento e mobilitazione, farla diventare un boomerang per chi la usa contro di noi.
Nel caso di sospensioni, la via migliore è proseguire sulla strada sancita dall’occupazione. Un modo può essere quello di sfruttare i giorni di “allontanamento” dalla comunità studentesca per creare una scuola alternativa dove siano gli studenti, coordinati con i professori disponibili a farlo, a decidere che cosa discutere. Alla “Buona Scuola di Renzi” rispondere con una scuola veramente buona, nuova e popolare, una scuola aperta a quanti avranno voglia di confrontarsi, condividere, capire. Un’iniziativa simile avrebbe il pregio di rivoltare in positivo le ritorsioni della Preside, continuare e alimentare il percorso di formazione, elevazione della coscienza e organizzazione degli studenti, avviato con l’occupazione, oltre che essere da esempio anche per altre scuole.

 

 

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