Salvaguardare il diritto alla mobilità e i diritti dei lavoratori – VOTARE NO AL REFERENDUM PER IL RINNOVO DEL CCNL NEL TRASPORTO PUBBLICO LOCALE

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Se il rinnovo dei contratti significa peggioramento delle condizioni di lavoro, meno diritti e qualche spicciolo inutile a fronte della crisi economica, allora questi contratti è meglio non rinnovarli!
L’ipotesi di accordo firmata tra le Associazioni Datoriali Asstra e Anav e i sindacati confederali per il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale dei Lavoratori (CCNL) Autoferrotranvieri-internavigatori (mobilità-TPL) il 28 novembre 2015, alle 2 di notte, insieme e oltre ai singoli e specifici attacchi, pone la basi e formalizza la tendenza alla privatizzazione in corso nel settore del trasporto pubblico (tendenza già in corso da anni in tutto il settore pubblico), istituzione che garantisce il diritto alla mobilità per le masse popolari.
L’accordo rientra nella generale tendenza a giocare al ribasso da parte dei sindacati di regime: dai metalmeccanici (gli operai stanno respingendo nelle assemblee la piattaforma proposta dalla FIOM), al commercio, ai chimici (il contratto appena rinnovato prevede persino che restituiscano i soldi dell’inflazione programmata).
La borghesia non è disposta a cedere su niente, impone un peggioramento progressivo delle condizioni di lavoro e di vita delle masse popolari: ciò che le interessa è la valorizzazione del capitale e poco importa se vengono travolte e distrutte vite umane, città e territori. È la situazione generale a dettare le condizioni contrattuali.
Non esisteranno contratti migliori perché la società intera va a rotoli, ed è nel solco della lotta per costruire l’alternativa al sistema di sfruttamento e miseria dei padroni che deve inserirsi la lotta dei lavoratori del TPL.

Respingere l’accordo per il rinnovo del CCNL, salvaguardare il Trasporto Pubblico Locale. Chiamiamo tutti i lavoratori a respingere l’accordo firmato dai sindacati confederali nel corso del referendum, del 15, 16 e 17 dicembre. Questo accordo riguarda tutti. Riguarda i lavoratori del TPL (dal personale viaggiante agli impiegati agli operai delle officine) e riguarda anche le masse popolari che di quel servizio ne usufruiscono. L’ipotesi di accordo per il TPL ha ricadute sui diritti, sulle tutele dei lavoratori e sulla qualità della vita delle masse popolari, sulla vivibilità delle città.
Votare NO all’accordo proposto da CGIL-CISL-UIL, coscienti di una cosa: in questo contesto e in questa situazione ciò che cambia le carte in tavola è l’organizzazione dei lavoratori, che si occupano di salvaguardare l’azienda dagli attacchi padronali e che utilizzano tutti gli strumenti a loro disposizione per prevenire le mosse per lo smantellamento e la privatizzazione. Il NO anche in una sola città, anche in un solo deposito è condizione preliminare favorevole per lo sviluppo di questo processo.
Organizzarsi e organizzare per tempo, prevenire e neutralizzare le mosse dei padroni. Significa che i lavoratori avanzati del TPL devono raccogliere l’indignazione, la rabbia, il malcontento e la combattività che tranvieri hanno da sempre dimostrato di avere, organizzandosi deposito per deposito, città per città, in comitati che si occupano sistematicamente di quanto succede in azienda, della sua gestione, che svolgano un’azione educativa e formativa verso gli altri lavoratori, incitandoli a organizzarsi.
Costruire organizzazioni popolari all’interno dei depositi che siano di stimolo e di esempio per i lavoratori di altri depositi della stessa azienda di trasporti e per i lavoratori di aziende di trasporti di altre città , a partire da quelli dove esistono condizioni più favorevoli. Senza aspettare di essere in tanti per cominciare, gli altri si aggregheranno via via che il comitato svolgerà un ruolo politico verso il resto dei lavoratori.
Promuovere il protagonismo dei lavoratori e creare una rete fra loro (valorizzando i legami che già spontaneamente esistono): coinvolgendo e organizzando insieme volantinaggi dentro e fuori dal proprio deposito; creando gruppi di discussione sul CCNL e sulla situazione generale, per portare sempre più lavoratori dalla parte sana e avanzata “della barricata”; spingere altri lavoratori a organizzarsi in comitati; organismi in cui si discuta di come far fronte alla situazione attuale, che studino le mosse da fare per salvaguardare il trasporto pubblico e che inizino a praticarle, senza aver paura di sbagliare, ogni esperienza ha qualcosa da insegnare a chi vuole imparare. Vuol dire non farsi cogliere impreparati ma organizzare il dissenso, formare ed educare alla lotta di classe i lavoratori.

Il fronte delle forze che possono essere mobilitate è ampio. Non fermarsi ai confini dell’azienda ma rivolgersi all’esterno, cercare e creare un legame e un filo diretto con gli utenti, denunciare quanto avviene in azienda, spingendoli a organizzarsi in comitati di difesa del TPL (seguendo l’esempio dei lavoratori della Sanità), organizzare incontri e assemblee nei territori in cui sorgono i depositi, chiamare alla solidarietà i lavoratori e gli operai di altre categorie. Costruire una rete di relazioni interna ai depositi, fra i depositi e fra i depositi e le masse popolari dei quartieri in cui sorgono, fra i depositi e le aziende del territorio o a livello nazionale. Non farsi cogliere impreparati ma organizzare il dissenso, formare ed educare alla lotta di classe i lavoratori. È difficile, certo, ma non è impossibile, è una strada che i lavoratori possono percorrere e devono imparare a percorrere se hanno la determinazione di vincere.

Già i servizi pubblici vengono gestiti da ConsigIi di Amministrazione e Amministratori delegati che hanno il ruolo di un padrone d’azienda. Chi gestisce l’azienda la gestisce con una concezione da padrone (anche se il suo stipendio è deciso dalla politica e non dai risultati d’impresa!): trattano il servizio pubblico non come un bene comune (come è invece per i lavoratori e le masse popolari) ma come una merce da cui ricavare maggiori profitti e su cui fare i propri interessi.

La questione per le organizzazioni popolari delle aziende pubbliche come quelle del trasporto è contrastare il processo di privatizzazione in corso, conoscere e capire il senso delle mosse del padrone; denunciare le mosse del padrone agli altri lavoratori per mobilitarli, spezzando i tentativi di creare divisioni fra i lavoratori, sgretolando passo dopo passo l’idea alimentata dai padroni che “io speriamo che me la cavo” e le prassi attraverso cui l’azienda cerca di dividere gli operai dagli impiegati, dal personale viaggiante. Facendo leva su due fattori e combinandoli fra loro:

  • Più i lavoratori organizzati operano ad ampio raggio (facendo valere la loro “rete” che collega un capo all’altro delle città) maggiore è la loro forza, si tratta di mobilitare organismi, sindacati, associazioni, istituzioni locali, commercianti della zona, che vengono tutti danneggiati dalla privatizzazione di un’azienda;
  • i lavoratori come collettivo non hanno niente da perdere: la direzione aziendale farà quello che le conviene, è un’illusione pensare che quando calerà la scure dei licenziamenti si verrà salvati perché si è stati buoni

Lo insegna in piccolo l’esperienza avanzata delle educatrici dei nidi di Sesto San Giovanni (Milano): non hanno aspettato che il Comune facesse le sue manovre sporche per ridurre il personale ma hanno saputo leggere cosa stava dietro le singole iniziative che questo prendeva e si sono mobilitate. In questo modo hanno rispedito al mittente il tentativo di smantellare un servizio pubblico e hanno invece ottenuto il suo potenziamento. Attorno a un’ avanguardia si è costituito un gruppo di lavoratrici diventato punto di riferimento, voce e presenza alternativa e antagonista alla direzione ufficiale e legale (l’amministrazione comunale) e alla sua longa manus; allo stesso tempo si sono relazionate con gli utenti, hanno assunto un ruolo politico all’esterno dell’azienda coinvolgendoli, cercando il sostegno e la solidarietà di altri lavoratori e portando la propria solidarietà ad altri lavoratori comunali in lotta. Hanno imparato che per organizzarsi non bisogna aspettare che la controparte attacchi, ma che i lavoratori devono mantenere alta la guardia: hanno così costituito un comitato di lavoratrici che tiene sotto controllo l’operato del Comune, elabora e impone misure per il miglioramento del servizio pubblico, mettendo al centro sempre l’interesse dei lavoratori e delle masse popolari che usufruiscono di quel servizio, per le quali il loro lavoro è prezioso e fondamentale.
È positiva anche l’iniziativa di alcuni lavoratori del Trasporto Pubblico Locale per un Coordinamento Nazionale degli Autoferrotranvieri, un insieme di lavoratori appartenenti a diverse realtà lavorative e sindacali, che si battono contro lo sfruttamento e lo smantellamento del trasporto pubblico. I passi che indicano nel documento redatto dopo l’incontro del 27 luglio 2015 a Roma (pubblicato sul loro blog: http://autoferrotranvieriuniti27marzo.blogspot.it), ovvero far conoscere il Coordinamento agli utenti e ai lavoratori, allargare l’esperienza ad altri lavoratori di territori ancora non coinvolti, sviluppare i legame con la società civile e l’opinione pubblica, sviluppare i contatti e le sinergie con gli altri settori e i lavoratori che lottano contro i processi di privatizzazione, sono i passi che i lavoratori devono fare, partendo dal creare comitati di lavoratori che capiscano come mettere in campo queste iniziative e le mettano in campo, cercando momenti di confronto con gli utenti (come è stato per i presidi congiunti a livello nazionale del 29-30 giugno e 2 luglio 2015).

Unire saldamente la lotta per il CCNL alla lotta per costruire l’alternativa. Gli attacchi a cui è esposto il CCNL sono manifestazione di quanto ancora questo istituto rappresenti, nonostante tutto, una conquista per gli operai e gli altri lavoratori. Ma la lotta per il CCNL non può essere slegata né separata dalla lotta per costruire l’alternativa, il soggetto che può conquistare un nuovo e adeguato CCNL sono i lavoratori (non i sindacalisti di regime: a loro vanno benissimo i contratti al ribasso!), allo stesso modo sono i lavoratori (e non i politicanti) la forza che può rimettere in piedi il paese.
“La possibilità di conquistarsi un sistema di trasporti con queste caratteristiche (che garantisca il diritto alla mobilità a prezzi accessibili a tutte le fasce sociali e la sicurezza dei lavoratori e dei passeggeri, che difenda le retribuzioni dei lavoratori – ndr) e di garantirlo anche ai nostri figli in futuro è legata alla capacità che avremo di rimettere in discussione complessivamente il funzionamento della nostra economia e della nostra società: cosa, come e dove si produce e a quale scopo; importazioni ed esportazioni; politica estera e rapporti con l’Europa; turismo, energia, gestione del territorio e del tempo; democrazia e procedure decisionali” è quanto si legge nella Piattaforma del Coordinamento Nazionale Autoferrotranvieri. Ecco, è esattamente questa la questione: quanto più la classe operaia e i lavoratori avranno chiara la situazione e si attiveranno per costruire dal basso la nuova governabilità del paese, tanto più e meglio, in condizioni più favorevoli, anche la lotta per il CCNL avrà le gambe per marciare, fino a vincere. Perché in definitiva, da qualunque parte la si guardi, da qualunque settore vogliamo guardarla, la questione è una: il governo del paese.
Salvaguardare il TPL non vuol dire difendere il carrozzone pubblico clientelare giustamente disprezzato dalle masse popolari: la lotta contro la privatizzazione dei servizi pubblici è lotta per migliorarli ed estenderli, renderli universalmente disponibili e il più possibile gratuiti, frutto dell’azione dei lavoratori e del legame che sviluppano con gli utenti.
I lavoratori del TPL devono porsi il problema di costruire l’alternativa al governo del paese, fare della lotta per il CCNL una parte della lotta per costruire la nuova governabilità del paese, per costituire un governo di emergenza popolare sostenuto dai lavoratori organizzati, che attui quelle misure di emergenza per far fronte alla crisi, che tenga aperte le aziende, che assegni a ogni adulto un lavoro utile e dignitoso. Usare la lotta per il CCNL per favorire la costruzione di un governo di questo tipo, che sia emanazione delle organizzazioni operaie e popolari e che operi su loro mandato.
Per quanto ogni emergenza abbia una sua ragion d’essere, la questione è combinare la mobilitazione a far fronte a ogni singola emergenza (come la lotta per il rinnovo del CCNL, ma anche quella per la sanità pubblica o l’emergenza abitativa) con la lotta per eliminare la causa comune di ogni emergenza. Organizzarsi per costituire un governo di emergenza, organizzarsi determinati a vincere!

Da dove iniziare? Costituire organizzazioni operaie nelle aziende private e organizzazioni popolari nelle aziende (ancora) pubbliche che si occupino sistematicamente della salvaguardia delle aziende prevenendo le manovre padronali per ridurle, chiuderle o delocalizzarle, studiando in collegamento con esperti affidabili quale è il futuro migliore per l’azienda, quali beni e servizi può produrre che siano necessari alla popolazione del paese o agli scambi con altri paesi, predisporre in tempo le cose. Questo è oggi il primo passo: lo chiamiamo “occupare l’azienda”.
Stabilire collegamenti con organismi operai e popolari di altre aziende, mobilitare e organizzare le masse popolari, i disoccupati e i precari della zona circostante a svolgere i compiti che le istituzioni lasciano cadere, a gestire direttamente parti crescenti della vita sociale, a distribuire nella maniera più organizzata di cui sono capaci i beni e i servizi di cui la crisi priva la parte più oppressa della popolazione, a non accettare le imposizioni dei decreti governativi e a violare le regole e le direttive delle autorità. E’ il contrario che restare chiusi in azienda ed è il salto decisivo: lo chiamiamo “uscire dall’azienda”.
Le organizzazioni degli operai e degli altri lavoratori che fanno questo sono la base per costituire un governo d’emergenza popolare e farlo ingoiare ai padroni. Non importa in quanti si è all’inizio in un’azienda. Non importa quante sono le aziende in cui si inizia. Altri seguiranno, perché ogni attacco dei padroni dimostrerà che chi ha iniziato ha ragione. Il Partito dei CARC sostiene e organizza ogni lavoratore che si mette su questa strada, che decide di prendere in mano il proprio futuro!

Partito dei Comitati di Appoggio alla Resistenza per il Comunismo
Federazione Lombardia/Piemonte

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