L’elenco dei motivi per cui è largamente evidente che la borghesia imperialista sta portando il paese, la società, il mondo intero alla rovina è infinito. Dalla disoccupazione alla precarietà della vita, dall’eliminazione dei diritti agli abusi e ai soprusi che si moltiplicano contro i lavoratori e il resto delle masse popolari, dalla devastazione ambientale ai morti per malattie curabili, fino al crescente degrado morale e materiale in cui sono costrette parti crescenti della popolazione. Non serve quindi fare mille esempi: ognuno che legge può aggiungere quelli della sua esperienza. Attenzione all’individualismo: nessuno è più “sfortunato” o messo peggio degli altri. Le tribolazioni hanno mille manifestazioni e una sola causa: il profitto dei capitalisti come motore della società e la crisi del capitalismo che si riflette in ogni aspetto della società.
Siamo come dentro una pentola a pressione che sta esplodendo. Ma l’esplosione non è mai scoppio della rivoluzione socialista. Lo “scoppio della rivoluzione socialista” è solo un’aspettativa, vive solo nella testa e nelle fantasie degli idealisti: la rivoluzione socialista non scoppia, si costruisce. Quelle che stanno scoppiando sono le contraddizioni della classe dominante: nell’inutile tentativo di salvare l’esistente, la classe dominante sconvolge il mondo e sempre più lo sconvolgerà. La borghesia imperialista lo ha già fatto una volta: è con la prima e la seconda guerra mondiale che ha superato momentaneamente la prima crisi generale del capitalismo (1900 – 1945) e ha aperto una nuova fase di sviluppo che è entrato a sua volta in crisi a metà degli anni ‘70 e che oggi è arrivato al capolinea, con l’inizio della fase terminale della seconda crisi generale del capitalismo, nel 2008. La borghesia imperialista lo sta facendo, perchè non ha altra possibilità. Non è questione di concezione del mondo o di cattiva volontà. E’ che non può fare diversamente. Ogni capitalista individualmente stanco di tanto sangue, di tanta rovina, di tanta miseria, che volesse fare diversamente è sostituito da uno deciso a continuare: la borghesia deve a ogni costo valorizzare il capitale e fare quanto necessario. La borghesia non mollerà mai pacificamente il dominio del mondo. La sola soluzione che la classe dominante ha per fare fronte alla crisi è la distruzione di una parte importante delle strutture e delle infrastrutture, dell’apparato produttivo, dei mezzi di produzione, della popolazione: questa è la causa della tendenza alla guerra evidente in tutto il mondo e le cui manifestazioni si moltiplicano anno dopo anno da zona a zona del pianeta. La classe dominante chiamerà le masse popolari a fare la guerra per suo conto, per suo interesse, contro le masse popolari di altri paesi e contro le parti più emarginate, i gruppi rivoluzionari, gli oppositori del proprio paese: è quel movimento che chiamiamo mobilitazione reazionaria. Tutto questo accade sotto i nostri occhi, in un contesto in cui invece esistono le condizioni materiali, oggettive, per avviare l’umanità verso un’altra tappa della sua evoluzione: costruire una società in cui il libero sviluppo di ognuno è la condizione del libero sviluppo di tutti, il socialismo. Oggi gli uomini sono capaci di produrre tutto quanto è necessario per tutti, preservando il pianeta. Sulla terra oggettivamente c’è posto per tutti: è il sistema sociale che rende la vita impossibile!
Per quanto siano sviluppate le condizioni oggettive, non lo sono altrettanto quelle soggettive. La rivoluzione socialista non scoppia, è il movimento comunista cosciente e organizzato che la deve costruire e il principale ostacolo è la sua attuale debolezza. Che fare dunque? La crisi avanza e se lasciamo la direzione della società alla classe dominante essa ci spingerà verso la guerra (“guerra fra poveri”, guerra fra Stati, guerra imperialista).
Stante la gravità della situazione e stante la debolezza del movimento comunista, occorre adottare una linea tattica che ha due obiettivi: da una parte far fare alle masse popolari organizzate una vasta e collettiva esperienza attraverso cui diventano classe dirigente della società (scuola di comunismo, la chiamiamo), dall’altra sbarrare la strada alla mobilitazione reazionaria e iniziare a imporre le misure necessarie per fare fronte agli effetti più gravi della crisi. La sintesi di questa linea è la costruzione del Governo di Blocco Popolare.
Il Governo di Blocco Popolare non è “una tappa”, una fase di transizione fra il capitalismo e il socialismo, non è un governo riformista costituito dopo una vittoria elettorale, non è un governo che dall’alto applica un programma favorevole ai lavoratori e alle masse popolari, non nasce dalle elezioni, non è il frutto di una “santa alleanza” dei partiti della sinistra. E’ composto da esponenti della società civile, della Pubblica Amministrazione, della sinistra dei sindacati, di altre associazioni di massa, della sinistra borghese: da personaggi che oggi godono di prestigio e seguito tra le masse popolari organizzate perché si professano fautori degli interessi delle masse popolari. Ma il Governo di Blocco Popolare è costituito perché le masse popolari mettono alla prova le buone intenzioni che questi personaggi professano. Il Governo di Blocco Popolare lo impongono le organizzazioni operaie e popolari, cioè quanto esiste già di organizzato, coordinato e propositivo e quanto esisterà come risultato dell’azione delle organizzazioni che operano e opereranno:
per fare propaganda del Governo di Blocco Popolare affinché diventi obbiettivo cosciente delle masse popolari organizzate;
per promuovere la nascita e lo sviluppo di organizzazioni operaie e popolari azienda per azienda e zona per zona che agiscono da nuove autorità pubbliche;
per promuovere il coordinamento delle organizzazioni operaie esistenti e di quelle che via via si formano come rete delle nuove autorità pubbliche che a partire dal basso governa il paese.
Per quanto sia una via difficile da percorrere, è più realistica delle aspirazioni a costruire un governo della sinistra borghese per via elettorale (l’esempio della Grecia dimostra a cosa portano i governi della sinistra borghese, quello del Portogallo dimostra una volta di più che la borghesia imperialista è disposta a violare le sue stesse leggi per levarsi di torno i vincitori delle elezioni che non vanno a genio alla classe dominante). E’ più realistica delle velleità di condizionare i governi della Repubblica Pontificia (vedere a cosa è servita l’opposizione costruttiva e ostruttiva del M5S contro il governo Renzi, a cosa sono serviti i referendum).
Il Governo di Blocco Popolare è una via piena di incognite, cioè la strada da percorrere non è lineare:
– per il fatto che poggia principalmente sulla mobilitazione cosciente delle masse popolari e non si può sviluppare attraverso la delega “in bianco” a qualcuno,
– per il fatto che non può esistere Governo di Blocco Popolare che non sia inquadrato nella strategia della guerra popolare rivoluzionaria per fare dell’Italia un nuovo paese socialista: sarebbe distrutto facilmente dalle manovre e dagli intrighi della borghesia.
Il Governo di Blocco Popolare è uno strumento per avanzare nella lotta verso il socialismo: non è la soluzione alla crisi e non è il socialismo. Si tratta certo di una via mai finora percorsa con successo, proprio perché tutte le volte che si è arrivati a costituire qualcosa del genere (pensate al governo Parri in Italia nel 1945, pensate al governo di Fronte Popolare in Spagna nel 1936), il movimento comunista lo ha condotto come punto d’arrivo, non come strumento per andare più avanti. Proprio per questo il movimento comunista non è mai riuscito a instaurare il socialismo in alcun paese imperialista. Noi quindi non abbiamo esperienze da cui attingere in questo senso. E’ uno dei casi in cui bisogna impegnarsi seriamente in una lotta seria e aprirsi la strada passo dopo passo.
Però il Governo di Blocco Popolare è una via che è nell’ordine delle cose:
– perché i sommovimenti politici internazionali stanno facendo scricchiolare gli equilibri che i vertici della Repubblica Pontificia avevano trovato, la cui forma erano le larghe intese e il governo Renzi. A questi si aggiungono gli effetti a livello nazionale della crisi internazionale e l’acuirsi della guerra per bande per spartirsi il bottino delle speculazioni, dei furti, delle prebende su cui campano gli appartenenti alla Corte Pontificia;
– perché è sempre più diffusa fra le masse popolari la comprensione del fatto che una svolta politica è necessaria, che non basta più rivendicare ai padroni e alle loro autorità e istituzioni;
– perché esiste già un diffuso livello di mobilitazione popolare da valorizzare nella costruzione della nuova governabilità dal basso del paese: non solo le organizzazioni di lotta, ma anche la miriade di organizzazioni, comitati, reti che, costrette dall’incuria da parte della classe dominante, dallo stato di abbandono e dal degrado, prestano volontariamente opera per far funzionare questo o quel servizio: si pensi alle scuole, si pensi a parte importante dell’assistenza sanitaria, si pensi alla miriade di attività promosse nei quartieri, nelle periferie, nei piccoli comuni per “far funzionare le cose”.
“Il fattore portante della costituzione del Governo di Blocco Popolare (GBP) sono le organizzazioni operaie (OO) delle aziende capitaliste e le organizzazioni popolari (OP) delle aziende pubbliche che escono ognuna dalla sua azienda e costituiscono collegamenti con organismi operai e popolari di altre aziende, mobilitano e organizzano le masse popolari, i disoccupati e i precari della zona circostante a svolgere i compiti che le istituzioni lasciano cadere (creare lavoro e in generale risolvere i problemi della vita delle masse popolari), a gestire direttamente parti crescenti della vita sociale, a distribuire nella maniera più organizzata di cui sono capaci i beni e i servizi di cui la crisi priva la parte più oppressa della popolazione, a non accettare le imposizioni dei decreti governativi e a violare le regole e le direttive delle autorità della Repubblica Pontificia. In sintesi, organizzazioni operaie e popolari che si occupano della gestione e del futuro della propria azienda (“occupare le aziende e uscire dall’azienda”), del proprio territorio (costringere le amministrazioni locali a diventare Amministrazioni Locali di Emergenza-ALE) e del paese (promuovere la costituzione del GBP da imporre e far ingoiare ai vertici della Repubblica Pontificia e alla loro comunità internazionale).
Agire da Nuova Autorità Pubblica per ogni organizzazione operaia e popolare significa passare dallo sdegno, dalla denuncia, dalla rivendicazione e dalla protesta a concepirsi e agire come artefici e costruttori di una nuova governabilità, che poggia sul protagonismo e sull’azione delle masse popolari organizzate; non affidare la soluzione dei problemi a partiti e istituzioni della Repubblica Pontifica, ma occuparsi direttamente del futuro delle aziende e della società e sperimentare l’emanazione e l’attuazione delle misure d’emergenza (a partire dalla misura centrale, “un lavoro utile e dignitoso per ogni adulto”) in concorrenza e in rottura con quelle delle autorità della Repubblica Pontificia; condurre una serie di iniziative concatenate e coordinate nel modo più vasto di cui diventano capaci (sviluppando un fronte ampio di lotta e solidarietà tra le OO e OP, spingendo gli esponenti dei tre serbatoi a sostenere e a rafforzare le loro lotte) nel corso delle quali, per l’azione combinata dei comunisti e delle esigenze della lotta comune, avanzerà il lavoro per la costituzione di ALE e del GBP. Le masse popolari, anche la parte più attiva e combattiva, non sono abituate a concepirsi come “autorità di governo”, “a comandare”, a dirigere, a pianificare. Sono abituate ad affidarsi a questo o quel personaggio politico, sindacale o capopopolo, a questa o quella istituzione della Repubblica Pontificia (presidente della repubblica, papa, governo, prefettura, tribunali, ecc.). Fare di ogni OO e OP una NAP significa trasformare passo dopo passo il tradizionale ruolo delle masse popolari che “chiedono” e rivendicano alle istituzioni, nel nuovo ruolo di autorità di governo dal basso (come sono oggi in embrione i comitati NO TAV della Val di Susa, come sono stati su scala più ampia i consigli di fabbrica negli anni ’70, come furono compiutamente i soviet in Russia all’inizio del secolo scorso).
Non si tratta principalmente di portare gli esponenti delle OO e OP a pensarla come noi, ma di portarli a fare, spinti anche dall’evoluzione della crisi, cose che vanno nella direzione che noi indichiamo affinché i rapporti di forza si modifichino a favore della costituzione del GBP” (dalla Dichiarazione Generale approvata dal IV Congresso – leggi i documenti congressuali su www.carc.it).
Costruire il Governo di Blocco Popolare qui e ora. L’emergenza democratica. Il governo Renzi ha stracciato la Costituzione e abolito il Senato, con la nuova legge elettorale un partito di maggioranza relativa, anche risicata, potrà contare sulla maggioranza assoluta in Parlamento. Questo è uno dei fronti su cui i diritti conquistati con la vittoria della Resistenza sul nazifascismo e scritti nella Costituzione sono demoliti (diritto al lavoro, alla salute, all’istruzione, a una vita felice e dignitosa, a vivere in un ambiente sano). Che dovremmo fare, difendere la Costituzione? Ci sono stati e ci sono ancora eminenti difensori della Costituzione che ciclicamente chiamano a sua difesa e che costantemente la richiamano nei loro discorsi e scritti. Attenzione, compagni: la Costituzione è rimasta in larga parte lettera morta perchè “troppo sovietica” (per dirla alla Berlusconi) anche prima che venisse sistematicamente attaccata e smantellata: che interesse hanno le masse popolari a difendere un principio (un “valore”) quando poi dietro quel valore si nascondono sfruttamento, oppressione, arbitrio, abusi e soprusi? Non è la difesa della Costituzione che risolverà gli effetti della crisi. Piuttosto la Costituzione va applicata e solo il Governo di Blocco Popolare può applicare della Costituzione quella parte che fino a oggi è rimasta lettera morta e sorpassare quella che invece viene impugnata dalla classe dominante come bastone contro le masse popolari (la proprietà privata dei mezzi di produzione). La questione, quindi, è come la mobilitazione contro la deriva autoritaria dei vertici della Repubblica Pontificia contribuisce e alimenta la lotta per costruire un governo d’emergenza popolare.
L’emergenza economica. Le aziende chiudono e la disoccupazione cresce, molti contratti sono bloccati e i padroni fanno le carte false per non cedere di un millimetro sui salari, attaccano a tutto campo invece sui diritti: controllo a distanza dei lavoratori, ricatti. In Italia il governo si comporta come una forza occupante che lascia andare in malora il paese e si spertica per trovare le forme e i modi attraverso cui spolpare le masse popolari: dal pagamento del canone RAI nella bolletta della corrente elettrica all’abolizione della tassa sulla prima casa che fa contenti ricchi e possidenti. La povertà aumenta, aumenta il numero di chi non si cura perché non ha i soldi e quello di chi vive in alloggi di fortuna o in macchina. Che dovremmo fare? Chiedere a governo, istituzioni e padroni di darci più soldi? Perché, sono disposti a darli? Perché, se anche li costringessimo a darli, non troverebbero il modo di riprenderseli immediatamente? Ci sono tanti “rivoluzionari” che pensano di fare la rivoluzione chiedendo un salario minimo garantito o un reddito di cittadinanza. Ma il problema vero è l’uso dei tanti soldi che già sono complessivamente in circolazione in Italia. I soldi che circolano nei circuiti finanziari, nei fondi occulti, nei conti segreti, nelle pieghe delle contabilità dalle cifre infinite, devono essere usati per creare posti di lavoro utili e dignitosi. Questo non lo si ottiene chiedendo a qualcuno di farlo. Questo è possibile solo se le organizzazioni operaie e popolari dirigono il paese attraverso un loro governo di emergenza. La questione non è contrapporre la mobilitazione per fare fronte all’emergenza economica con la mobilitazione per costruire il Governo di Blocco Popolare. La questione è come usare la mobilitazione contro l’emergenza economica per favorire la costruzione del Governo di Blocco Popolare.
Ci sono altri mille campi in cui le masse popolari, i lavoratori, gli operai e gli studenti si mobilitano per fare fronte a questa o quella emergenza: dalla lotta per il rinnovo del CCNL (vedi La lotta per il rinnovo dei CCNL: gli operai bocciano la proposta della FIOM a pag.4), alla difesa dei posti di lavoro dalla chiusura delle aziende (vedi Organizzarsi e organizzare per tempo, prevenire e neutralizzare le manovre dei padroni a pag.1) alla solidarietà internazionalista (vedi Il popolo palestinese insegna: se la nostra lotta è giusta, vinceremo! a pag.3). Per quanto ogni emergenza abbia una sua ragion d’essere, la questione è di combinare la mobilitazione a fronte di ogni singola emergenza con la lotta per eliminare la causa comune di ogni emergenza. L’organizzazione delle masse popolari per costituire un loro governo d’emergenza è la soluzione della questione!