La situazione corrente dall’Ilva alla Piaggio a migliaia di altre fabbriche grandi, medie e piccole sparse per tutto il paese è che sono ancora in funzione, ma sotto attacco. Anche se non sono ancora minacciate in modo aperto e diretto di chiusura o di delocalizzazione, i padroni stanno preparando il terreno: con i contratti di solidarietà, la cassintegrazione, i prepensionamenti più o meno incentivati e con altri ammortizzatori sociali confondono le acque e tirano per le lunghe, ma intanto i salari dei lavoratori vengono ridotti, i diritti vengono eliminati, il numero dei lavoratori con contratto a tempo indeterminato diminuisce. E’ la via della morte lenta su cui già oggi sono instradate migliaia di aziende del nostro paese e che ne attende molte altre se non preveniamo i padroni, se non passiamo dalla difesa all’attacco.
In queste situazioni, quello che cambia le carte in tavola è l’esistenza (e se non c’è, il primo passo è la formazione) di un organismo operaio che si occupa della salvaguardia dell’azienda, che usa a questo fine tutti gli strumenti a sua disposizione e alza la bandiera di “organizzarsi per tempo, non aspettare che i buoi siano scappati”.
Per il padrone, il problema è evitare che si accenda la miccia della resistenza dei lavoratori o smorzarla quando si è accesa e quindi spesso i contratti di solidarietà, la cassintegrazione, ecc. li usa anche per isolare, allontanare, estromettere gli operai e i delegati più combattivi. Bisogna sempre ricordarsi la lezione dei 61 licenziamenti del ’79 alla FIAT di Torino: una volta estromessi dalla fabbrica (con la collaborazione del PCI di Berlinguer e dei sindacati di regime) i 61 “terroristi”, gli Agnelli ebbero poi gioco relativamente facile a imporre i licenziamenti di massa degli anni successivi. Per un’organizzazione operaia, il problema è contrastare il processo in corso, prevenire e sventare le mosse del padrone.
Conoscere e capire il senso delle mosse del padrone. Se la direzione di una azienda non fa investimenti e manutenzione del macchinario, se inizia a comprare in altri paesi materie prime o semilavorati che prima produceva essa stessa o comprava da aziende dell’indotto, se rifiuta delle commesse o degli ordinativi, se la pubblica amministrazione va ad acquistare altrove cose che prima comprava da quella azienda, ecc. vuol dire che stanno liquidando quella produzione. Gli impiegati sono una fonte importante per raccogliere queste informazioni: si tratta di individuare, tirare dalla propria parte e mobilitare quelli più disponibili, quelli più consapevoli che la via della salvezza è quella dell’unità con gli operai, non dell’unità con il padrone.
Denunciare le mosse del padrone agli altri lavoratori per mobilitarli. Si tratta di spezzare il velo di segreto con cui il padrone circonda i suoi procedimenti, i suoi costi, i suoi ricavi, i suoi affari, le sue relazioni e i suoi piani e progetti per sgretolare passo dopo passo l’idea, promossa e alimentata in ogni modo dai padroni, che “io speriamo che me la cavo” e le prassi (divide et impera) attraverso cui il padrone cerca di dividere non solo gli operai dagli impiegati, ma anche gli operai di un reparto da quelli di un altro e di portare ognuno a sperare di cavarsela, perché il suo reparto lavora, perché sa fare bene il suo lavoro, ecc.
Svolgere un’azione verso l’esterno che è danneggiato dallo smantellamento di un’azienda. Più un organismo operaio sviluppa legami con l’esterno, più può mobilitare a sostegno della fabbrica. I potenziali alleati sono tanti. Non solo chi è già cosciente che “l’unione fa la forza”, ma anche quanti sono oggettivamente colpiti nei loro interessi dallo smantellamento di una fabbrica: dai lavoratori (dipendenti e autonomi) delle aziende dell’indotto e quelli delle altre aziende capitaliste e pubbliche della zona ai commercianti, dagli studenti ai pensionati, dagli organismi popolari esistenti dalle amministrazioni locali alle organizzazioni sindacali. Bisogna imparare a vederli e per ognuno studiare e prendere le iniziative adeguate a metterli in moto.
In ogni azienda ancora in funzione ma sotto attacco, ogni organismo operaio può far leva su tre fattori combinandoli:
1. finché non ha chiuso, il padrone vuole che la fabbrica marci bene e renda: gli operai organizzati possono “farlo impazzire” se manovrano con intelligenza e lungimiranza;
2. le masse popolari della zona e le altre aziende della zona possono essere mobilitate a favore della fabbrica e delle rivendicazioni di ognuna di esse. Questo costringerà le autorità a “calmare” il padrone. Più gli operai organizzati operano a largo raggio, maggiore è la loro forza: si tratta di mobilitare organismi, sindacati, associazioni, istituzioni locali, commercianti della zona, ecc.;
3. gli operai come collettivo non hanno niente da perdere: è un’illusione credere che il padrone non ristrutturi se loro stanno buoni, il padrone farà quello che gli conviene. I singoli invece il padrone li può colpire: a loro difesa devono sollevare il resto degli operai e anche la solidarietà esterna (sia con le pressioni sul padrone sia con strumenti come le casse di resistenza: tutti per uno, ognuno per tutti).
Così si vince, che nel caso concreto significa che si contribuisce a salvare il paese e quindi anche se stessi.
Il nostro compito consiste nel portare le organizzazioni operaie e popolari
– a fare ognuna mosse (sinergiche o concatenate) tali da prevenire (impedire) le mosse che borghesia imperialista e clero mettono a punto per prolungare l’agonia della Repubblica Pontificia, rendere sterili di risultati (impedirne l’attuazione) o addirittura controproducenti per loro le misure che prendono,
– a occupare nuove posizioni di comando (di direzione dell’attività delle masse popolari) nella società sottraendole alla borghesia imperialista e al clero e a conquistare nuove parti della classe operaia e del resto delle masse popolari. Facendo mosse simili ogni organizzazione operaia e popolare si rafforza. Questo, combinato con la nostra opera di orientamento generale (sul corso delle cose nel paese e internazionale, sui metodi di lavoro, ecc.) e con l’attività nostra e delle organizzazioni operaie e popolari sui dirigenti della sinistra sindacali e dei sindacati alternativi e di base, sui sinceri democratici e sugli esponenti non ciecamente anticomunisti della sinistra borghese, rafforza ogni organizzazione operaia e popolare e le porta verso la costituzione di un loro governo d’emergenza.