Il 24 ottobre la DIGOS di Pisa ha fatto irruzione, a mano armata, nel cortile di uno stabile abbandonato dall’ateneo da anni, occupato dagli studenti universitari. La motivazione della pericolosa provocazione era impedire il furto dei libri accatastati nel deposito alla mercè del degrado. Ovviamente si è trattato di un pretesto per arginare con le maniere forti e le intimidazioni la mobilitazione contro la riforma dei parametri ISEE che esclude dal diritto allo studio migliaia di studenti che potevano accedervi solo grazie alla combinazione di parametri di reddito (basso) e un certo rendimento (alto, alla faccia della tanto decantata meritocrazia…).
I compagni della Sezione di Pisa del P.CARC hanno emesso un comunicato in cui, oltre a esprimere solidarietà agli studenti, chiamano gli operai della zona a fare altrettanto, a prendere posizione, a sostenere la mobilitazione e a condannare l’operato delle autorità: “Il miglior modo per contrastare le manovre anticostituzionali, antipopolari e repressive è iniziare a costruire l’ alternativa. Un’ alternativa che poggia le sue fondamenta sulla classe operaia (la vera base economica della società), affinché gli operai assumano il ruolo di Nuove Autorità Pubbliche che contrastano gli effetti della crisi e la repressione da parte della borghesia, prendendo in mano il Paese. Chiamiamo, quindi gli operai ad esprimere solidarietà agli studenti, contro la repressione e soprattutto contro l’attacco che esclude migliaia di giovani delle masse popolari dal potersi iscrivere all’Università , appoggiando e sostenendo la battaglia contro i tagli al diritto allo studio che colpisce, direttamente, i figli della classe operaia”.
Operai e studenti uniti nella lotta. Il comunicato dei compagni di Pisa riprende la linea con cui il P.CARC interviene sui lavoratori delle aziende pubbliche (lavoratori) e private (operai): occupatevi dell’azienda, del suo funzionamento, imparate a farla funzionare in ogni sua parte anche senza la presenza del padrone e uscite dalla vostra azienda, fate valere anche fuori la capacità di organizzazione, l’orientamento, le proposte; chiamate le masse popolari a mobilitarsi sulla base delle proposte che siete capaci di elaborare per fare fronte agli effetti della crisi, chiamate le masse popolari a elaborare con voi quelle misure, costruite zona per zona, attorno alle aziende, la rete e il coordinamento necessari a fare, caso per caso, quello di cui c’è bisogno per difendere i posti di lavoro esistenti e crearne di nuovi, per far valere il diritto alla salute, a vivere in un ambiente sano e dignitoso, per far valere il diritto allo studio dei vostri figli, dei figli degli altri lavoratori e delle masse popolari.
Con la campagna Lavoro Giovani (vedi Resistenza n. 9/2015) il P.CARC si rivolge direttamente agli studenti per favorire e perseguire l’obiettivo di unità d’azione (fronte comune) con gli operai e con i lavoratori: occupatevi della scuola, dell’università e del diritto allo studio (e lo stanno facendo, a partire dalle mobilitazioni contro la Buona scuola e la Buona università di Renzi) e uscite dalle scuole e dalle università per coordinarvi e fare rete con gli operai e i lavoratori, con gli abitanti dei quartieri popolari, con le mille forme di organizzazione attraverso cui le masse popolari resistono agli effetti della crisi.
In tutta Italia il P.CARC sta andando nelle scuole e nelle università con questa parola d’ordine: unità d’azione fra studenti, operai e lavoratori per costruire l’alternativa politica e contribuire alla rinascita del movimento comunista.
Partiamo dalle scuole e dalle università perchè sono il principale aggregato di giovani delle masse popolari: le mobilitazioni contro la riforma del calcolo dell’ISEE dimostra, in piccolo, ma significativamente, che i primi a pagare il conto delle riforme di Renzi sono i giovani delle masse popolari, i figli e le figlie di quei lavoratori e di quegli operai che lottano per difendere il posto di lavoro o che devono lottare per trovarne un altro perchè sono “esuberi” nella società della crisi e del profitto.
Nelle scuole e nelle università i primi a poter condividere una battaglia comune sono proprio i lavoratori: professori e insegnanti, personale tecnico, supplenti.
Fuori dalle scuole ci sono mille opportunità per sostenere la mobilitazione degli operai, dei lavoratori e delle masse popolari.
La lotta contro le riforme della scuola e dell’università hanno la stessa natura della lotta contro il Jobs Act, per il rinnovo dei Contratti Collettivi di Lavoro, contro le chiusure e le delocalizzazioni: entrambe sono parte della mobilitazione delle masse popolari per cacciare Renzi e costruire il Governo di Blocco Popolare. Quanto più questi due obbiettivi diventano chiari e sono perseguiti coscientemente, tanto più le singole battaglie e le campagne di mobilitazione saranno efficaci nel raggiungimento dei loro obiettivi specifici.
La classe operaia è la classe dirigente della trasformazione della società capitalista in società comunista. Non perché è la classe più sfruttata o la più numerosa, ma perché è la classe che impara dalla sua esperienza di oggi aspetti essenziali della società di domani. E’ la classe che dalla sua esperienza è spinta a organizzarsi, ad agire collettivamente, a comprendere che una parte (un lavoratore, un’azienda) della società funziona solo se funzionano anche le altre, che ogni azienda si avvale dell’opera organizzata e coordinata di decine, centinaia, migliaia, centinaia di migliaia di lavoratori, che ogni individuo è parte di un organismo collettivo. Per questo è la classe capace di assimilare più facilmente la concezione comunista del mondo e di farne lo strumento della sua lotta per emancipare se stessa e il resto delle masse popolari dallo sfruttamento, dall’oppressione e dall’arretratezza;
– solo quando smette di esistere la classe operaia produttrice di plusvalore cessa anche la società borghese, cioè la società che ha come cellula costitutiva l’azienda creata e gestita dal capitalista per valorizzare (accrescere) il proprio capitale. La classe operaia non è l’unica classe che per vivere deve vendere la propria forza-lavoro. Anche 1. “i dipendenti (esclusi i dirigenti) dell’Amministrazione pubblica centrale e locale e degli enti parastatali, 2. i lavoratori impiegati in aziende non capitaliste (aziende familiari, artigiane e altre aziende che i proprietari creano e gestiscono non per valorizzare un capitale, ma per ricavare un reddito), 3. i lavoratori addetti ai servizi personali (camerieri, autisti, giardinieri, ecc.)” (Manifesto – Programma del (n)PCI, Analisi di classe della società italiana), cioè le altre classi proletarie, hanno questa caratteristica.
La differenza di fondo, però, è che le altre classi proletarie non sono impiegate direttamente nella produzione di plusvalore, quindi il rovesciamento della loro posizione sociale (ad esempio la nazionalizzazione della sanità che trasforma i medici da liberi professionisti in salariati o la trasformazione inversa) non implica la fine della società borghese. E’ solo quando cessa di esistere la classe operaia produttrice di plusvalore che cessa anche la società borghese. Il comunismo è l’eliminazione della classe operaia in quanto tale, l’eliminazione della schiavitù salariata e questo non può che essere opera della classe operaia. Per questo la classe operaia è la protagonista principale e la forza dirigente della rivoluzione socialista, della trasformazione della società capitalista in società comunista” (da Resistenza n. 5/2014).