Il 20 Settembre si sono svolte le elezioni in Grecia e la maggioranza degli elettori ha confermato fiducia in Tsipras, che a sua volta ha riproposto la coalizione di governo con i nazionalisti di ANEL (“Greci Indipendenti”).
Se a prima vista non è cambiato niente, in verità è cambiato molto.
La crisi politica greca cresce e con essa cresce l’instabilità della UE.
I dati elettorali confermano che i partiti storici della classe dominante (Nuova Democrazia di centro-destra e PASOK di centro-sinistra) hanno perso il consenso elettorale che li aveva tenuti al governo dalla fine del regime dei colonnelli NATO (1974) fino al gennaio 2015.
L’astensionismo è cresciuto (750mila voti in meno sui 6 milioni 180 mila di gennaio, più del 12%; cioè ha votato solo il 51,75% degli aventi diritto).
La crisi politica che faceva da quadro alla vittoria di SYRIZA nel gennaio 2015, con l’esito di queste elezioni è destinata a crescere: da alternativa di sinistra al sistema della Troika, dei ricatti, del debito e dell’austerità, SYRIZA ha oggi il compito di imporre quelle misure contro cui si era schierata e non esistono scorciatoie o tentennamenti, quelle Tsipras le ha provate con il mandato precedente e ha sperimentato che non danno alcun risultato. Per governare la fase di somministrazione della cura degli speculatori alla Grecia, ha favorito la spaccatura di SYRIZA, ha cacciato la sinistra radicale e ha incassato una maggiore fiducia da parte dei caporioni che hanno in mano le cambiali in bianco che lui ha firmato e che pretende di far pagare alle masse popolari e ai lavoratori.
Unità Popolare, la sinistra di SYRIZA che ha lasciato il partito per presentarsi autonomamente alle elezioni, non ha neppure superato la soglia di sbarramento del 3% e oggi è fuori dal Parlamento.
La disgregazione di SYRIZA ha favorito la partecipazione alle elezioni di altre formazioni di sinistra o che si richiamano al movimento comunista (Organizzazione per la Ricostruzione del Partito Comunista, Partito Comunista Marxista – Leninista, partito rivoluzionario dei lavoratori e altri), tutti abbondantemente sotto l’1% di consensi.
Il KKE ha perso circa 37mila voti, cioè più del 10% di quanti ne aveva raccolti alle elezioni di gennaio.
Anche Alba Dorata, il partito neonazista degli armatori e della polizia, ha perso voti, nonostante le condizioni oggettive (aggravate dalla campagna terroristica contro gli immigrati che ammorba l’opinione pubblica europea) fossero favorevoli per una sua affermazione (c’è da dire che oggi la borghesia non ha bisogno di simili animali per perseguitare gli immigrati e i poveri, ci riesce benissimo da sola, in prima persona).
E’ cambiato molto, dicevamo, anche se a prima vista (percentuali, maggioranza di governo e formazione del governo) sembra non sia cambiato niente.
E’ più evidente di prima che le elezioni non servono per costruire l’alternativa al sistema della crisi. Chi lo crede è un ingenuo, chi lo afferma è un ingenuo o un imbroglione. Le elezioni possono essere uno strumento per determinare specifiche condizioni, ma l’aspetto decisivo è e rimane come quelle condizioni vengono usate e se e quanto chi le vuole usare si da i mezzi per la propria politica.
E’ più evidente di prima che le lunghe, appassionanti, infuocate invettive della sinistra borghese sono buone per chi ha tempo in eccesso e non sa come impiegarlo: “influenzare dall’interno”, “contare qualcosa nel sistema per orientarlo”, “fare una politica diversa”, ecc. sono tutti principi che si infrangono contro l’evidenza dei fatti: la sinistra radicale (la sua concezione, la sua politica) è buona, al massimo, per creare grandi aspettative che saranno, puntualmente, smentite e frustrate. A fare la parte di quelli ragionevoli e di buon senso si fa la fine di Unità Popolare: il soprammobile.
E’ più evidente di prima che Tsipras ha scelto da che parte stare (e non ha scelto ieri l’altro, ha scelto già prima del referendum di luglio) e ci sta chiaramente. Lui e i suoi seguaci dicono: visto? Non si poteva fare niente contro il memorandum! Cerchiamo di applicarlo al meglio possibile… il meglio possibile è un eufemismo: una legnata fa male chiunque sia a dartela e non esiste alchimia possibile per inventare una “austerità dal volto umano”.
“Tsipras non è Renzi”, titolava il Manifesto del 22 settembre. A Norma Rangeri, che ha scritto l’articolo, piace giocare con le parole: a cosa ci serve discutere se sia vero o meno? Le “riforme” che si è candidato a imporre non sono acqua fresca! Non parliamo di persone, parliamo di politica.
La crisi politica greca si aggrava e con essa si aggrava l’instabilità della UE. Non basta un plebiscito a metà di Tispras, costruito dai giornali (questo sì, simile al famoso 40% di Renzi), per impedire che le masse popolari e i lavoratori si mobilitino per resistere alle cure di ricchi strozzini e cerchino di costruire l’alternativa. La parabola della sinistra radicale greca e del suo “uomo della provvidenza” sarà di grande insegnamento per loro, come pure ai lavoratori e alle masse popolari italiane che vi guardavano con speranza.
Certo, la cosa non attiene più né a SYRIZA né a Tsipras, loro hanno scelto l’altro campo.