Sono settimane che l’informazione di regime del nostro paese (e non solo) alimenta allarmismo sulla questione dei profughi, sull’“emergenza immigrazione”. E’ principalmente una manovra per distrarre le masse popolari e generare un clima da stato di assedio. Per orientarsi in questo caos composto ad arte è necessario fare chiarezza sulle reali dimensioni del fenomeno:
– Durante la crisi albanese del 1991 il 7 marzo arrivarono a Brindisi ben 27000 profughi, nel giro di poche ore. Si replicò in agosto a Bari con 20000 stipati in una sola nave, in un’Italia, lo ricordiamo, che ancora non era per nulla attrezzata e preparata ai fenomeni migratori, tantomeno di quelle dimensioni.
– Secondo i dati del Ministero dell’Interno dal 1° gennaio al 20 luglio del 2014 in Italia si sono registrati 83777 arrivi. Nello stesso periodo del 2015 se ne sono registrati 83912.
– Tra gennaio e luglio del 2015 in tutta la UE, (secondo i dati Frontex – agenzia dell’UE che si occupa della gestione delle frontiere esterne dell’unione), sono arrivati 340 mila tra migranti e profughi. In tutto il 2014 gli arrivi furono 280 mila.
L’aumento c’è, è innegabile, ma per essere concreti e realistici sull’effettiva portata di questi flussi migratori bisogna considerare che il numero complessivo di profughi e immigrati raggiunge quello degli abitanti di una città come Bologna (368mila) o Firenze (381mila): vogliamo veramente credere che si tratta di un problema per la stabilità della UE, che di abitanti ne conta complessivamente 508 milioni (fonte Eurostat)? Veramente la ricca Europa non riesce a gestire flussi simili? Veramente l’Italia può andare a gambe all’aria per cifre come quelle, contando che tantissime di queste persone sono di passaggio e che tante altre dal nostro paese e dall’Europa ogni anno se ne vanno?
Per liberare il campo dalla propaganda tossica e senza limitarsi a un mero calcolo numerico, è necessario focalizzare alcune questioni.
Le migrazioni di massa derivano direttamente dall’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria e dalla riconquista da parte degli imperialisti di quei paesi che, sulla spinta di quella prima ondata, vi si erano sottratti.
Una riconquista dettata dalla ricerca di nuovi spazi da saccheggiare sotto l’imperativo della valorizzazione del capitale, una marcia a ritmi serrati attraverso cui la borghesia tenta di far fronte alla seconda crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale, travolgendo e stravolgendo la vita delle masse popolari dei paesi oppressi. Una riconquista che avviene con le buone o con le cattive, a ogni costo e con ogni mezzo. Nei paesi del sud asiatico, il Bangladesh, l’India, la maggior parte degli stati africani o la Turchia è in atto una devastazione a livello economico, ambientale e sociale, i governi di quei paesi non oppongono resistenza alle scorrerie dei capitalisti, ma anzi le favoriscono e vi collaborano. Da questi paesi arrivano i cosiddetti “migranti economici”, che a sentir parlare signori della risma di Salvini non avrebbero alcun motivo, né alcun diritto, di cercare una via di fuga e salvezza in quei paesi, come l’Italia, i cui governi hanno partecipato attivamente alla devastazione del loro paese e alla loro oppressione.
Ai governi di quei paesi che, per un motivo o per l’altro, non si piegano al volere della Comunità Internazionale e non lasciano campo alle scorrerie degli imperialisti, la risposta della Comunità Internazionale sono l’aggressione e la guerra: diretta (Iraq, Afghanistan, Jugoslavia, Libia), per interposta persona (Ucraina, Siria), o, ancora il sabotaggio (Venezuela, Cuba, Iran ecc.).
“Nel corso degli ultimi trent’anni la borghesia imperialista ha obbligato tutti gli Stati da essa dipendenti ad aprire le frontiere ai suoi capitali e a dare ogni licenza ai gruppi imperialisti e ai loro agenti perché saccheggiassero e sfruttassero le risorse di ogni paese in ogni modo che a loro convenisse. Essa ha imposto che le sue imprese industriali, minerarie, petrolifere, turistiche, agricole e di collocamento di rifiuti tossici e nocivi avessero piena libertà d’azione: così ha cacciato i contadini dalle loro terre e ha ulteriormente peggiorato le già misere condizioni di vita delle grandi masse popolari. Ha imposto in ogni paese ai governi di eliminare i servizi pubblici, le attività economiche pubbliche (il settore statale dell’economia) e le sovvenzioni per l’acquisto dei beni di prima necessità perché usassero le loro entrate innanzitutto per pagare i prestiti usurai che essa imponeva e con cui premiava i propri agenti e servi e aprissero il mercato del paese all’esportazione delle merci da essa prodotte in eccedenza a livello mondiale. Approfittando dell’indebolimento del movimento comunista mondiale e del prevalere in esso del revisionismo moderno, essa ha soffocato o corrotto i movimenti di liberazione nazionale dei paesi coloniali e semicoloniali, ha messo in seria difficoltà la rivoluzione democratica in corso in quei paesi, ha stravolto e corroso i paesi socialisti fino a farli crollare, ha corrotto i partiti comunisti fino alla scomparsa di gran parte di essi o alla loro trasformazione completa in partiti borghesi. L’importante ruolo che ha avuto il Vaticano in questa opera di cui oggi centinaia di milioni di persone soffrono le conseguenze, lo condanna definitivamente a essere bersaglio delle masse popolari di tutto il mondo che lotteranno per un nuovo superiore ordinamento sociale. Forte della sua vittoria sul movimento comunista, la borghesia imperialista ha messo e mantenuto al potere in ogni paese governi, partiti e personaggi disposti a opprimere il proprio popolo e a metterlo a completa disposizione delle imprese dei gruppi imperialisti. Nei paesi già socialisti essa ha imposto regimi monopolizzati dai peggiori speculatori formatisi nei trent’anni di direzione dei revisionisti moderni (1956-1989) e dai gruppi fascisti e nazisti dell’emigrazione anticomunista che dopo la seconda guerra mondiale si erano insediati in Europa, negli USA, in Australia, in Sudafrica e in altri paesi capitalisti. I governi, i movimenti e i partiti che non si sono rassegnati a queste imposizioni, essa li ha boicottati, li ha additati come banditi e nemici della libertà dei capitalisti, li ha isolati e denigrati, li ha infiltrati e destabilizzati, ha suscitato ribellioni contro di essi e li ha rovesciati. Gli Stati che non è ancora riuscita a ridurre ai propri servizi o si ribellano alle sue crescenti pretese, essa li chiama stati banditi e li fa bersaglio di pressioni e aggressioni di ogni genere: è il caso di Cuba, della Corea del Nord, dell’Irak, dello Zimbabwe e di altri paesi che la borghesia imperialista ha messo al bando” (Dal Comunicato (n)PCI del 23/09/2002).
La borghesia riesce a trarre molteplici profitti da questa situazione. I capitalisti traggono profitto non solo direttamente dai paesi che sfruttano, ma anche dall’emigrazione che la loro opera di devastazione genera. L’arrivo in massa di manodopera a basso costo permette di ricattare i lavoratori italiani e quelli stranieri che sono da più tempo in Italia: questo ricatto è quotidiano: “o ti adatti o ne troviamo altri cento disposti a lavorare per la metà”, oppure “o così o l’azienda chiude e va via dall’Italia”; ecco il piano Marchionne!
Altra fonte di guadagno la borghesia la trova nella manodopera immigrata che impiega nelle fila della malavita organizzata, che necessita di un ricambio continuo. Nel contesto della crisi economica e sociale questo ramo dell’economia capitalista libera dai vincoli formali delle istituzioni statali è un terreno allettante e sempre più tollerato da istituzioni che non sanno, né possono, offrire soluzioni positive. Il degrado e l’abbrutimento che ne conseguono e che quotidianamente vediamo nelle strade delle nostre città e paesi,sono un ulteriore tormento che subiscono sulla loro pelle le masse popolari (vedi l’articolo Vigilanza popolare autorganizzata, la vera risposta al degrado e al razzismo a pag. 6).
Altra fonte di guadagno è la speculazione nel campo dell’assistenza, dove forte è la presenza del Vaticano e delle sue agenzie che raccolgono denaro sulla sofferenza degli “ultimi”: su questo fronte il caso Mafia Capitale insegna.
Propaganda di guerra, diversione e mobilitazione reazionaria. La creazione dell’emergenza ha la sua base concreta nella reale incapacità di far fronte all’immigrazione da parte di un’UE in piena crisi e dilaniata da conflitti e contraddizioni interne, nelle quali si inseriscono i colpi bassi da parte degli imperialisti USA che non perdono occasione per alimentare i conflitti interni all’UE, nel contesto della guerra a bassa intensità per il mantenimento (per gli USA) o per la conquista (per l’UE) del predominio in campo finanziario a livello mondiale. Questo aspetto è un’ulteriore lezione per chi parla a vanvera di superamento dello “stato nazione”: il “muro ungherese” costruito da Orban “per difendere i confini dell’Europa cristiana” parla più di mille trattati. In realtà non mancano le possibilità materiali e organizzative di accogliere i profughi, manca la volontà politica di esprimere una linea comune o di affrontare positivamente la questione.
In Italia abbiamo dei campioni nel campo della diversione, oltre al Salvini ormai prezzemolino dei talk show, ci si mette pure Squinzi, presidente di Confindustria, per il quale oggi sarebbe prioritario “dare il lavoro agli italiani” (anche se poi nel resto della dichiarazione si smaschera, evidenziando che il problema è che questi profughi puntano ad altri paesi: insomma non hanno troppa voglia di farsi sfruttare dai capitalisti italiani, preferiscono quelli tedeschi o del nord Europa, ecco la reale preoccupazione di Squinzi!). Maroni inventò il sistema delle quote di ripartizione degli immigrati quando era Ministro dell’Interno, ora che è alla guida della Regione Lombardia emette provvedimenti che penalizzano gli albergatori che accolgono i profughi, schierandosi contro il meccanismo delle “quote” gestite dal governo. Oltre che esempio di diversione, questa vicenda dimostra come in un contesto di impoverimento delle risorse alle amministrazioni locali, la questione profughi diventa un ulteriore elemento della contraddizione fra enti locali e governo centrale, alimentando ulteriormente la situazione di ingovernabilità e instabilità nelle istituzioni del paese.
Un lavoro utile e dignitoso per tutti. La base concreta su cui cerca di far leva chi promuove la mobilitazione reazionaria è proprio la parola d’ordine che lancia a suo modo anche Squinzi, ovvero che c’è poco lavoro, quindi bisogna darlo prioritariamente agli italiani. Se restiamo, con la mente e con la pratica, fermi a quello che è l’orizzonte della società capitalista e ai suoi interessi, non possiamo che dare ragione a questo ragionamento. Se invece mettiamo avanti quali sono gli interessi delle masse popolari, dei lavoratori, quale la società che occorre costruire per eliminare le fonti della crisi, allora non possiamo che comprendere che è necessario instaurare un governo che sia espressione di questi interessi. Questo implica riconoscere che di lavoro ce n’è per tutti e anche di più, e che questo non viene eseguito solo per l’impossibilità che vi vedono i capitalisti di trarne profitto. Pensiamo solo a quanto lavoro occorre per far fronte al dissesto idrogeologico e per la bonifica dei territori inquinati, alla necessità di assistenza dei disabili e anziani, a quante fabbriche chiudono mentre altre lavorano il sabato e i festivi. Una società che maltratta i suoi cittadini non può che maltrattare chi viene da altri paesi, mentre una società che è costruita per dare a ogni adulto un lavoro utile e dignitoso, non può che accogliere, valorizzare far contribuire anche chi viene da lontano.