Altro che “ostaggio dei lavoratori”, i beni culturali sono ostaggio dei padroni!

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Roma, 18 settembre. Un’assemblea convocata secondo procedure e normative con largo anticipo, partecipata da tanti lavoratori (per molti era la prima volta) che da troppi mesi non ricevono gli straordinari (cioè hanno lavorato gratis), nel contesto di un paese il cui ricchissimo patrimonio culturale e monumentale, artistico, storico e archeologico è lasciato al degrado e alla speculazione (Pompei crolla una pioggia dopo l’altra)… Ecco, quell’assemblea sindacale che ha comportato la chiusura del Colosseo per tre ore è diventata il pretesto a cui il governo si è appigliato per dare un’altra spallata al diritto di sciopero. In nome della figuraccia di fronte al mondo (“mai più i beni culturali ostaggio dei sindacati”, dice Renzi) con un decreto preparato dalla sera alla mattina, i beni culturali sono inglobati nei servizi pubblici essenziali, pertanto i lavoratori sono soggetti alle restrizioni tipiche dei pompieri, della polizia, dei lavoratori dei trasporti: ad esempio la precettazione.
Tre considerazioni brevi. La prima è una precisazione: questo governo di amici degli amici è il primo responsabile dello sfascio dei beni culturali del paese, come lo sono stati i governi precedenti che hanno mandato alla rovina, spolpato e saccheggiato i beni culturali come il paesaggio, le città d’arte come le periferie metropolitane, le montagne come le riviere. Se la chiusura del Colosseo per tre ore è una figuraccia di fronte al mondo, loro – e non i lavoratori – sono i responsabili dello scempio e del degrado che sta distruggendo il paese.

La seconda è una osservazione: Sacconi, il presidente della Commissione Lavoro, ha preso la palla al balzo ed è tornato alla carica per invocare una legge più severa contro lo sciopero. Sacconi non è di primo pelo, ha dedicato la vita alla causa della messa al bando dello sciopero, ne è stato promotore quando al governo c’era Berlusconi e ne è promotore oggi che al governo c’è Renzi. E’ un esempio della continuità di intervento dei vertici della Repubblica Pontificia: vent’anni fa centro-destra e centro-sinistra si alternavano al governo e avevano un programma comune, oggi si chiama larghe intese.

La terza è una constatazione: se un’assemblea convocata e svolta “come legge comanda” è diventata pretesto per restringere la libertà di sciopero e motivo di una campagna denigratoria contro i lavoratori, le proteste nel rispetto della legge non servono a niente, ci pensano comunque i padroni e i loro burattini a violarla. I lavoratori non devono farsi legare le mani dalla legalità dei padroni e degli speculatori; è legittimo tutto quello che è nei loro interessi.

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