Una coalizione di liste “dal basso”, una straordinaria vittoria elettorale, una grande partecipazione popolare: benché la costruzione di amministrazioni locali di emergenza non passa necessariamente dalle elezioni, nel contesto di disgregazione del teatrino della politica borghese anche le elezioni possono essere uno strumento.
Domenico, ti chiediamo una sintetica ricostruzione del percorso di coinvolgimento e organizzazione delle masse popolari che avete fatto con FreeBacoli per far fronte ai problemi di cui le istituzioni non si occupavano. Come si è costituita la vostra coalizione?
FreeBacoli nasce come associazione di controinformazione, in particolare di denuncia sulla questione ambientale a Bacoli. L’informazione è fondamentale nella costituzione della coscienza civica. All’inizio eravamo quattro o cinque, poi ci siamo rafforzati anche grazie al carisma di Josi, che è stato il nostro “leader” fin dall’inizio. La nostra attività oltre che di denuncia era anche di proposta, ma questa veniva ordinariamente ignorata dalle istituzioni, ma in un certo modo accolta dai cittadini.
Quando abbiamo deciso di candidarci abbiamo subito dovuto fare i conti con la burocrazia: la legge impone che l numero massimo di candidati in una lista fosse di 16 persone, ma questo limitava la volontà di protagonismo che abbiamo innescato: avevamo 74 candidati e per rappresentare tutti ci siamo divisi in più liste. Tutti i candidati sono stati selezionati, non sulla base di quanti voti portassero, ma sulle loro capacità… io stesso del resto non sapevo quanti voti avrei portato… Questo è importante perché la cittadinanza a cittadinanza ha scelto il progetto, non ha votato le persone. Nelle liste c’erano studenti, giovani disoccupati e laureati, padri di famiglia, e ognuno secondo le proprie possibilità ha dato qualcosa a questo progetto. Abbiamo inoltre cercato di rappresentare tutte le frazioni del territorio: Bacoli presenta una serie di “borghi”, ognuno con sue tradizioni storiche e identità, e abbiamo cercato di rappresentarli tutti, ognuno con le proprie istanze.
Porto un esempio rappresentativo del nostro modo di operare sul territorio: già prima di entrare nelle istituzioni, come associazione, abbiamo organizzato Monumentiamo, un’ attività che ha fatto ospitare cinquecento persone il primo anno e settecento il secondo, turisti che venivano a visitare i nostri siti archeologici e le bellezze paesaggistiche e gastronomiche. Quell’iniziativa è stata del tutto autorganizzata, immaginiamo invece le potenzialità se fossero state le istituzioni a promuovere iniziative simili… Non vogliamo “inventare” posti di lavoro, perché sul territorio ci sono già, bisogna solo avere la volontà e la capacità di organizzarci. Noi non l’abbiamo promesso il lavoro, abbiamo promesso l’impegno a costruire i posti di lavoro per tutti, valorizzando il territorio ed il turismo. Il programma è stato costruito in cinque anni e non nell’ultimo mese. E’ stata anche una fatica mettere su carta le nostre proposte, ne sono venute fuori quarantotto pagine e c’è stato bisogno di un “taglia e cuci” enorme perché le proposte erano tantissime…
Come intendete mettere a frutto l’esperienza del lavoro svolto all’interno ed all’esterno delle istituzioni, ora che dovete dirigere un’Amministrazione? Quali forze puntate a mobilitare per attuare il programma elettorale?
Per noi è un banco di prova. E’ vero che Josi è già stato consigliere di opposizione, ma nessuno di noi aveva mai avuto cariche amministrative: il nostro punto di forza è stato il lavoro di squadra e l’avere un centravanti di sfondamento come Josi. L’esperienza pregressa ci aiuterà, in effetti molto spesso in politica i rappresentanti una volta entrati nelle istituzioni si chiudono dentro e dimenticano chi li ha votati; noi il giorno dopo le elezioni non siamo andati in qualche stanza dei bottoni, ma siamo stati tra la gente per ricordarci di loro e prenderci “l’abbraccio del popolo” e tutte le decisioni che prenderemo saranno in funzione di incrementare la partecipazione popolare, ampliando gli istituti già esistenti, come i referendum popolari e i comitati di quartiere, e costruendone di nuovi. Abbiamo promosso nuovi comitati di quartiere, che saranno un anello di congiunzione tra la cittadinanza (prende da essa le proposte e le istanze) e l’amministrazione. A Bacoli ogni “borgo” ha delle esigenze particolari, che saranno veicolate all’amministrazine tramite questi istituti. Questi organismi sono previsti dallo statuto comunale ma vanno snelliti, teniamo tanto alla partecipazione popolare perché sappiamo cosa significa quando la cittadinanza attiva si inizia ad occupare del proprio territorio. Noi vogliamo incanalare quest’attivismo attraverso strumenti amministrativi innovativi.
Come legare i comitati territoriali con il lavoro degli assessori? Ci sono già piccole esperienze anche embrionali di questi comitati?
Noi per questi istituti stiamo prendendo esempio da alcuni “comitati cittadini” presenti un po’ in tutta Italia. Finora sono stati fatti solo in modo informale e non hanno avuto voce in capitolo a livello istituzionale, ora invece vogliamo potenziarli: il nostro assessore Alessandro Parisi era il presidente del Comitato del Poggio (uno dei comitati di quartiere), che si occupava di riqualificare il territorio, facendo anche proposte alla vecchia giunta sugli interventi da fare, che sono rimasti sempre inascoltati. Stiamo cercando di dotare tutti gli assessorati di gruppi di lavoro fatti da tecnici e specialisti e le domande per partecipare sono già tantissime.
Una parte rilevante del vostro programma riguarda la valorizzazione del territorio e la costruzione di cooperative di lavoro giovanili. Rispetto a queste, puoi spiegarci se sono già in costruzione (come nascono e che lavoro stanno facendo) o se sono da avviare (quale è il primo passo)?
Ci sono tanti giovani a Bacoli laureati in conservazione dei beni culturali o lingue, costretti ad emigrare: vogliamo offrire loro un alternativa. I servizi che si possono affidare alle cooperative sono tanti, dalle navette per i servizi di comunicazione locali alla conservazione dei beni archeologici, dalle cooperative di agricoltori che metteranno a frutto tutte le terre abbandonate che sono ancora coltivabili. La cosa importante però è che devono essere tutti bandi ad evidenza pubblica che andranno a premiare i progetti e non le persone. I criteri usati per la scelta dei bandi saranno quelli del miglior progetto, cioè quello che offre i migliori servizi e il maggior numero di posti di lavoro, e non semplicemente il progetto che stanzierà più fondi.
Parliamo ora con Josi, il neo sindaco. Intanto complimenti e auguri… In atre interviste che hai rilasciato emerge che di fronte alla scelta tra “emigrare o restare e lottare per cambiare il tuo paese”, hai scelto la seconda strada, quella che attraverso varie tappe ti ha portato a diventare sindaco di Bacoli. Puoi ricostruire i passaggi principali di questo percorso?
Io sono stato posto davanti a questo bivio a poco tempo dalla mia laurea, quando capii che questa non avrebbe avuto uno sbocco lavorativo. Fu la fase in cui incontrai e riuscii a rimettermi in contatto con la cittadinanza, dopo anni di abbandono della vita politica, dopo aver fatto già il rappresentante di istituto da giovane. Ho cominciato con diversi comitati, poi abbiamo fondato FreeBacoli. Io ho scelto di restare, scegliendo intanto di fare il giornalista, un lavoro che potesse servire alla comunità. Un passo successivo è stato quello di entrare nelle istituzioni. Il mio spirito è sempre quello dell’attivista, ma oggi avere una carica istituzionale significa avere maggiore rilievo tra le persone. Quello che dicevamo era giusto anche prima, ovvio, ma il canale istituzionale ci aiuta: le istituzioni sono uno strumento, oggi io uso la mia carica per avere più strumenti per realizzare quei programmi che già avevo da attivista. Le istituzioni vanno usate per il bene collettivo, perché oggi non c’è più nessun punto di riferimento politico. Noi usiamo gli ultimi appigli rimasti per portare le persone a vivere i nostri programmi. Non bisogna lottare per lottare, ma lottare per ottenere gli scopi. Se si costruisce la fiducia nel popolo, il popolo ti appoggia; non possiamo usare la scusa grillina che la gente non usa il web (è folle!), ma stare tra la gente e costruire programmi concreti. Il voto, anche in un territorio periferico e complesso come il nostro, è in realtà uno strumento di cambiamento neanche così difficile da perseguire. Se noi non avessimo vinto, avremmo creato comunque un’alternativa politica nel paese, anche perché se questa si crea dal basso, le istituzioni sono depotenziate. Sono felice di questa intervista perché fa conoscere la nostra esperienza, noi siamo partiti da zero e in sei anni abbiamo raggiunto il governo della città. A mio avviso il modello Bacoli si può esportare a livello nazionale facendo rete tra i comuni, in questo senso il governo di Roma ci interessa relativamente, pensiamo a una rete dei comuni flegrei che raccolgono 150’000 abitanti, questa avrebbe potenzialità enormi.
L’astensionismo mostra chiaramente la sfiducia delle masse popolari nei partiti storici della classe dirigente nazionale e locale, nei loro uomini, programmi e proclami elettorali. Tenendo conto di questo e della partecipazione popolare che hai promosso con FreeBacoli, qual è stato, secondo te, il fattore principale che ti ha portato a diventare sindaco?
Qui l’astensionismo è stato relativamente basso, infatti al ballottaggio abbiamo portato oltre il 60% dei cittadini a votare. Per capire questi numeri, basta considerare grandi comuni come Quarto o Giugliano in cui si è raggiunto a stento il 40% di elettori al ballottaggio. Quella domenica la gente ha fatto di tutto per venire a votare e solo questo ha portato alla nostra vittoria: io dico sempre che a Bacoli il popolo si è auto-votato. I partiti sono stati distrutti innanzitutto per la loro incapacità. Questi nel corso degli anni sono stati in grado di distruggere tutti i luoghi di aggregazione, ciò ha determinato una situazione di degrado, una enorme periferia senza centro, in cui i cittadini non potevano scendere di casa e socializzare; l’unico mezzo che avevano per comunicare era accendere il PC, dove hanno trovato noi come unica realtà a Bacoli. L’incapacità politica dei partiti è stata un auto-goal, perché noi ne abbiamo approfittato per offrire un’alternativa. La distruzione dei partiti è stata quindi un’auto-distruzione di chi pensava di poter continuare a dividersi la torta per sempre. Noi in sei anni abbiamo costruito il campo per ottenere un vasto voto d’opinione, abbiamo cominciato a far circolare idee e proposte, è una cosa che solo noi abbiamo fatto a Bacoli: si pensi che Forza Italia non ha fatto neanche un comizio pubblico, ha fatto campagna elettorale nelle stanze dei bottoni e solo nell’ultima settimana, per non perdere colpi, il candidato ha provato per la prima volta in sei anni a parlare in una piazza di Bacoli. Il sistema familistico e clientelare ha fallito, perchè il nostro campo era il voto di opinione: il centro-destra è stato distrutto quando ha capito che non poteva più gareggiare sul suo campo di battaglia (quello del clientelismo, ndr), in questo modo li abbiamo costretti a scendere sul nostro.
Rispetto alle amministrazioni locali, noi sosteniamo che le forze che si candidano a governare in rottura con il sistema, se vogliono essere credibili, devono cominciare a mobilitare e organizzare le masse popolari per iniziare a porre un argine alle condizioni che vivono, già prima di essere eletti.
Puoi spiegarci su cosa avete basato la campagna elettorale, se e come avete provato a promuovere (ed attuare) il vostro programma prima di essere eletti? Quali iniziative avete promosso?
Noi abbiamo fatto una campagna elettorale vecchio stile, scendendo in piazza e mettendoci la stessa enfasi in ogni contesto. Abbiamo tenuto eventi sul territorio prima, durante e dopo la campagna elettorale. Ogni frazione di Bacoli si è sentita protagonista della campagna elettorale: Cuma, Bacoli, Baia, sono stati tutti oggetto di assemblee e manifestazioni, per far capire che il popolo era in movimento. A tutto ciò abbiamo aggiunto la proposta già fuori dalle istituzioni, pensiamo agli eventi come Monumentiamo: abbiamo trasformato ciò che era giusto, cioè valorizzare il territorio e i beni archeologici, in ciò che è necessario per la cittadinanza.
C’è bisogno di una rivoluzione culturale, che si alimenta delle elezioni, ma soprattutto dell’azione fuori dalle istituzioni. Abbiamo coinvolto tutti: se gli anziani inizialmente pensavano che non mi avrebbero mai votato data la mia giovane età, noi siamo andati da loro e li abbiamo coinvolti nel progetto. Così loro hanno riconosciuto in noi la politica che veniva fatta negli anni ’60 quando loro erano giovani, con azioni di lotta basate sulla partecipazione. Abbiamo, in sintesi, fornito al dissenso e alla sfiducia popolare un linguaggio, degli strumenti per esprimere la loro voglia di riscossa. La rivoluzione sta nel fatto che il cittadino ha ritenuto più giusto votare per il bene comune anziché per quello privato.
La tua precedente esperienza da consigliere comunale ti ha messo nelle condizioni di conoscere sia le opportunità che si aprono (in virtù del ruolo che si riveste, dei mezzi, le risorse e le relazioni a disposizione), sia gli ostacoli che si incontrano (il rischio di impantanarsi nella burocrazia e nella legalità borghese). Cosa hai imparato dalla tua precedente carica istituzionale e come intendete mettere a frutto l’esperienza del lavoro svolto all’interno ed all’esterno delle istituzioni, ora che devi dirigere una Amministrazione? Quali forze mobiliterai per attuare il tuo programma elettorale?
Il passaggio da consigliere di opposizione è stato necessario, perché ci ha permesso di non partire da zero: ci ha fatto conoscere la burocrazia e la macchina comunale e ci ha fatto veicolare meglio i messaggi. Ci ha permesso di dimostrare alla gente che è possibile usare le istituzioni senza farsi corrompere. Nei nostri territori c’è la sindrome di Masaniello (molti vanno ripetendo “ora Josi salverà Bacoli”), il che va anche bene, anche questo è uno strumento per costruire un’alternativa. Ora il mio compito sta nel trasformare questa fiducia enorme in me in fiducia nelle istituzioni e nel nostro progetto. Io ho aperto le strade a tanti giovani nelle istituzioni, che se prima avevano bisogno di urlare per farsi sentire, oggi invece possono decidere con serenità del loro futuro. L’obiettivo finale è la rivoluzione culturale, per cui bisogna coinvolgere tutti. Un’associazione è molto fluida, mentre stare nelle istituzioni ti permette di dare una strutturazione anche all’associazionismo, nel senso che la gente inizia a concepirsi come istituzioni, attraverso i comitati di quartiere e i gruppi di lavoro. Questi ci permetteranno di avere non solo richieste di soluzione dei problemi, ma anche proposte in cui i cittadini stessi si concepiranno come parte della soluzione: bisogna sconfiggere la concezione della delega e promuovere quella del protagonismo dal basso. Quella che vogliamo costruire è una vera e propria “piramide allargata”, in cui gli assessori – che hanno un ruolo politico – si doteranno di squadre di tecnici e si rapporteranno ai cittadini organizzati nei comitati di quartiere, da cui partiranno le segnalazioni; quest’ultime già oggi sono numerose, ma il passaggio successivo è quello di fare le proposte per risolvere i problemi, quindi diventare effettivi protagonisti.
Una parte rilevante del vostro programma riguarda la valorizzazione del territorio e la costruzione di cooperative di lavoro giovanili. Rispetto a queste, puoi spiegarci se sono già in costruzione (come nascono e che lavoro stanno facendo) o se sono da avviare (quale è il primo passo)?
L’idea è quella della valorizzazione culturale del biodistretto dei campi flegrei. La grande mole di monumenti devono essere vissuti direttamente dai cittadini e dai turisti. I lidi della spiaggia che portano ricchezze solo ai privati e di cui il territorio non beneficia, che tra l’altro sfruttano i giovani lavoratori con salari da fame, vanno cambiati. Il lavoro non si crea solo con le cooperative di lavoro, ma anche con l’indotto: creando un serio turismo sul territorio, tenendo aperti i beni archeologici, e sviluppando l’economia. A Bacoli abbiamo tutto ciò che serve per un sano sviluppo, bisogna solo valorizzarlo.
La situazione degli enti locali, vessati dal governo centrale (dal patto di stabilità, dai tagli, dalle leggi come lo Sblocca Italia) è oggetto di “sommovimento e agitazione” di molti amministratori che si trovano di fronte ad un bivio: essere i primi degli onesti (far rispettare le leggi e le misure antipopolari) li trasforma in vessatori delle masse popolari e allo stesso tempo, con le buone intenzioni, non riescono più a governare (è il caso di De Magistris, e ancora più di molte amministrazioni del M5S). Anche tu ti trovi di fronte a questa contraddizione: come intendi affrontare la situazione?
Per questo discorso il bilancio comunale è l’esempio più calzante. Innanzitutto è assurdo che il bilancio preventivo vada presentato il 30 luglio, a poco più di un mese dalla mia elezione. Io ho chiesto una proroga a settembre, perché innanzitutto bisogna far conoscere il bilancio alla cittadinanza, rendere questa partecipe anche della situazione delle casse comunali. Dobbiamo far comprendere al popolo tutto le difficoltà che ci sono, come in una famiglia, facendo sì che tutti siano più partecipi anche nei problemi che emergono. Se le istituzioni si metteranno di traverso, io sono disposto a sviluppare la mobilitazione popolare: per esempio se
Vale per una città quello che vale per le fabbriche del nostro paese: nessuna si salva da sola. Le elezioni hanno creato nell’area flegrea due situazioni interessanti per sperimentare dei “laboratori di nuova politica”. La tua elezione a Bacoli e la vittoria del M5S a Quarto sono due esperienze che potrebbero rafforzarsi a vicenda. Come intendi sfruttare a vantaggio del territorio che amministri, la vicinanza con una amministrazione che nasce in rottura con il vecchio sistema politico e sulla aspirazione al cambiamento? Che ruolo ha in questo processo la nuova amministrazione di Monte di Procida con cui stai costituendo una rete?
Il nostro programma elettorale non cominciava con la parola Bacoli ma con Biodistretto dei Campi Flegrei. Dopo le elezioni la situazione per attuare i programmi è più favorevole, sia istituzionalmente che per la percezione popolare. A Monte di Procida c’è un altro potenziale esercito di 40.000 persone che vanno mobilitate per il cambiamento. Al momento con la nuova amministrazione di Quarto c’è sinergia anche se questi hanno molti più problemi. A Monte di Procida c’è un’altra amministrazione analoga alla nostra, il consenso popolare anche per loro è molto forte. A Quarto invece la base di consenso va conquistata di più, perché il M5S ha vinto soprattutto per il suicidio del PD e delle altre liste della vecchia politica. Sia io che Peppe (sindaco di Monte di Procida, ndr) dobbiamo lavorare per dare una mano a Quarto, perché è giusto e necessario, stiamo vivendo un’occasione unica. In termini generali, il M5S deve chiedersi perché su più di cento parlamentari, non ha neanche quaranta sindaci. Non è possibile, per esempio, che l’attivista M5S di Ischia conosca a menadito i discorsi di Di Maio e non sappia che sono i consiglieri comunali di Ischia. Non devono essere i Di Maio e i Di Battista a portare al territorio, deve essere il territorio a utilizzare loro e portare a loro. O si parla dei territori o non si va da nessuna parte: bisogna smetterla con la sfiducia nel popolo, con la scusa che la gente non usa il web: siamo noi che dobbiamo saper comunicare e imparare dalla gente. Considero assurdo che nell’ultima campagna elettorale i Fico e i Di Maio venivano sui territori a parlare del canone RAI; se guardiamo a Giugliano, il parlamentare del posto (Salvatore Micillo) non ha fatto niente in campagna elettorale a livello locale. Questi hanno ancora in testa di prendere semplicemente il posto da consiglieri comunali, è assurdo. I vertici nazionali vanno usati per parlare del territorio altrimenti non si va da nessuna parte. A Quarto non c’è stata sfida, ma ora si deve lavorare molto per radicarsi tra i cittadini. Il M5S ha vinto per il suicidio del PD, ma penso che avrebbe dovuto vincere a prescindere, mobilitando i 40’000 del Castagnaro (delle lotte contro la discarica, ndr). La collaborazione istituzionale deve essere accompagnata dalla presenza fisica e politica. E’ importante che ogni amministrazione faccia giunte con discriminanti territoriali: noi abbiamo scelto assessori che conoscono a menadito il territorio ed i suoi problemi, non persone di fuori che sanno fare il “mestiere”. Non è una questione di “Bacolicentrismo”, ma di conoscenza del territorio, soprattutto in partenza, poi successivamente i professionisti potranno aiutarci. Le scelte sono di carattere politico, non tecnico e non basate solo sui curriculum.
Concludiamo quest’intervista esprimendo la nostra solidarietà ai due attivisti di FreeBacoli, di cui un Consigliere Comunale, a seguito delle intimidazioni che hanno ricevuto (danneggiamento delle auto, ndr). Non è il primo episodio intimidatorio nei confronti di FreeBacoli. Credi che questi eventi siano concatenati, e in generale come li interpreti? Come intendi procedere a riguardo?
Al di la degli aspetti giuridici, il dato politico è la continua percezione di attacchi da parte della casta che finora ha governato il paese. La casta è inferocita perché ha perso il suo ultimo baluardo su cui era sicura di vincere, le elezioni. Sono sicuro che gli eventi siano concatenati, ma il vento sta cambiando, abbiamo ricevuto ampia solidarietà e la cittadinanza sta con noi. Per loro questi fatti fanno da boomerang: l’attivista a cui fu bruciata la macchina (Alessandro Parisi, ndr) ora è assessore. Detto questo, le istituzioni non possono ignorare questi fatti e devono assicurarci la loro collaborazione, ma i nostri principali difensori sono i cittadini.