L’emergenza immigrazione è propaganda di guerra: solo le organizzazioni operaie e popolari hanno la forza per imporre una soluzione dignitosa per tutti

Partiamo da un fatto: “l’emergenza immigrati”, “l’invasione”, è esclusivamente un fenomeno mediatico (nei primi sei mesi del 2015 a detta dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) in Italia sono arrivati 67.500 immigrati) gonfiato ad arte per distogliere l’attenzione delle masse popolari dai problemi veri di questo paese, primo fra tutti la disoccupazione e subito a ruota le mille disfunzioni di un sistema che sta crollando a opera di speculatori e profittatori (sanità, istruzione, dissesto idrogeologico, ecc.). Secondariamente, è la base ideale per consentire a gente come Salvini di essere in televisione tutti i giorni, due volte al giorno, a dire idiozie, a indicare come nemici dei lavoratori e delle masse popolari italiane gli immigrati (declinati in vario modo: clandestini, islamici, rom, ecc. a seconda dei “pericoli” su cui vuole mettere in guardia), come se fossero loro i responsabili del generale peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro.
Noi comunisti non ce la prendiamo con i lavoratori e gli elementi delle masse popolari che in un certo modo abboccano alla propaganda di regime: le masse popolari sono bombardate mediaticamente, afflitte materialmente, sono state abbandonate da sindacati e partiti di sinistra e il movimento comunista è ancora debole per essere in grado di educare, formare e organizzare larghe parti della popolazione. Dobbiamo però essere chiari sul fatto che chi dà credito alle idiozie di Salvini e di quelli come lui fa un cattivo servizio alla causa dei lavoratori e anche ai suoi interessi immediati. Per quanto sia più semplice prendersela con i poveracci anziché con i ricchi e i padroni, prendersela con i poveracci non porterà alcuna soluzione positiva né ai poveracci né, soprattutto, a quei lavoratori italiani che se la prendono con loro.
Che sia, questo articolo, spunto ed esempio di ragionamento per chi fa fatica a portare lo stipendio a casa o per chi lo stipendio a casa lo porta, ma non gli basta per mantenere la famiglia. Che sia spunto ed esempio, soprattutto, per chi scende nelle strade, generosamente, per quel diritto, quell’altro diritto, quell’altro ancora, senza vedere la direzione unitaria e organica che unisce ognuna di quelle lotte. I fatti hanno la testa dura e se si parte da come stanno i fatti troviamo una soluzione (positiva) a ogni contraddizione.

Uno. L’immigrazione non la può fermare nessuno. Quando sentite dire che “bisogna impedire gli sbarchi” o “bisogna impedire che gli immigrati partano”, state ascoltando le stupide illusioni di chi non sa manco dove vive. L’immigrazione è il frutto diretto della crisi del sistema economico e politico mondiale, della società capitalista: non esiste alcuna possibilità di “aiutarli al loro paese” senza abbattere il capitalismo e costruire il socialismo qui nei paesi imperialisti, non c’è alcuna possibilità di limitare i flussi migratori semplicemente perché le condizioni generali (neocolonialismo, miseria, guerre, massacri di cui i governi imperialisti sono diretti responsabili) produrranno di continuo e in maniera crescente un numero illimitato di persone che scappano dai loro paesi e cercano di sopravvivere in altri, un qualunque altro paese che non sia quello da cui scappano (sono enormi i flussi migratori anche interni all’Africa o all’Asia – sempre secondo l’UNHCR, nel mondo ci sono stati 19.5 milioni di immigrati nel 2014 e 16.7 nel 2013: questo il risultato del catastrofico corso delle cose che la borghesia imperialista impone al mondo). Se qualcuno pensa di poter risolvere la questione “eliminando le cause dell’immigrazione” o “bloccando i flussi” sta dicendo idiozie o menzogne e concorda con gente che dice idiozie e crede alle loro menzogne.

Due. La propaganda contro gli immigrati serve a prendere in giro i lavoratori italiani, non avrà in alcun modo seguito. Prendiamo la Lega a esempio: sarebbe sparita se non facesse tanta e tale propaganda contro gli immigrati. Cioè a livello elettorale non avrebbe nemmeno la possibilità di eleggere alcuni eurodeputati (come Salvini) che percepiscono in modo del tutto inutile, ingiustificato e fraudolento il profumato stipendio europeo. Lo stesso vale per deputati, senatori, sindaci, presidenti di Regione. Prendiamo i Presidenti di Regione, prendiamo Maroni. Le politiche che oggi la Lega tanto contesta le ha promosse lui quando era ministro dell’Interno! Questa gente si fa eleggere per “preservare e difendere i diritti degli italiani contro gli immigrati”, ma poi si impegna sempre e solo per ungere gli ingranaggi della corruzione, per reggere il sacco delle rapine, quando non si impegnano a rubare essi stessi (Mafia-Capitale dimostra che i neofascisti e le Cooperative del PD facevano affari insieme proprio alimentando “l’emergenza” immigrazione. L’Expo e la TAV dimostrano che la Lega pensa essenzialmente agli interessi di famiglia). Altro che diritti! Altro che italiani!

Per un inquadramento generale dell’immigrazione e dello sfruttamento degli immigrati da parte della borghesia imperialista, leggere il Comunicato della Commissione Preparatoria del (n)PCI del 23 settembre 2002 reperibile sul sito www.nuovopci.it, molto utile anche perché permette di confrontare la situazione del 2002 con quella di 13 anni dopo.

Tre. Gli italiani sono razzisti. Balle! Sono balle che servono a conferire aurea di uomini della provvidenza (che sanno “interpretare i sentimenti della gente”) a bifolchi impresentabili! Se ci fate caso le uniche manifestazioni della Lega che riescono sono quelle in stile Forza Italia: viaggio pagato, panino incluso, sosta al parco giochi. Non solo le masse popolari (anche quelle che per disperazione sono sensibili ai richiami della destra reazionaria) non seguono gli appelli razzisti, ma è di gran lunga maggioritaria la parte che all’opposto si mobilita in mille forme di solidarietà, assistenza, sostegno. Da chi fa il volontario negli accampamenti improvvisati, a chi raccoglie generi di prima necessità, da chi organizza scuole di italiano a chi tiene sportelli legali e di assistenza medica, da chi si muove da solo o in piccoli gruppi a chi è inquadrato in organizzazioni e grandi associazioni. La generosità delle masse popolari italiane, pure in tempi di crisi, pure in tempi di “guerra” (la situazione economica è quella dei tempi di guerra), è un pilastro della coesione sociale e un esempio.

Quattro. Assistenza o solidarietà di classe. Una parte di lavoratori e masse popolari italiane dicono: ma perché preti, radical-chic e “democratici” vari si interessano degli immigrati e non delle famiglie italiane in difficoltà? Sulla base di questa domanda, anche se sono di sinistra e non sono razzisti, finiscono con il concludere che è vero, tutti questi immigrati non li possiamo accogliere. A questi lavoratori e a questi settori delle masse popolari “non razziste” e di sinistra diciamo: avete ragione. La domanda è giusta, la conclusione è sbagliata. L’assistenzialismo è il modo con cui chi riconosce che le cose vanno a rotoli, fa fronte alla situazione, pur non avendo la minima idea di come risolvere i problemi. L’assistenzialismo poteva avere un senso nei tempi in cui la crisi non sfasciava la vita di milioni di persone, come oggi. Ma oggi porta solo ad alimentare la guerra fra poveri: sulla base di quali criteri decidere chi aiutare e perché? Ecco il Salvini di turno: prima gli italiani! Senza contare che non è possibile assistere tutti: la crisi porta all’aumento esponenziale di immigrati (vedi punto 1) e di italiani poveri. I poveri aumentano e aumenteranno e fare loro l’assistenza è come curare un tumore con l’aspirina. Ma il tumore non sono i poveri, il tumore sono i capitalisti, i padroni, gli speculatori, i cardinali e i banchieri. Per questo non serve assistenzialismo, ma solidarietà di classe.

Cinque. Solidarietà di classe e lotta di classe. La linea dell’assistenzialismo presta il fianco, per quanto inconsapevolmente, alla propaganda e alla mobilitazione reazionaria. Se guardiamo la situazione da comunisti, gli immigrati non sono “fratelli sfortunati”, ma compagni di lotta contro lo stesso sistema che affama loro e li costringe a emigrare e sfrutta i lavoratori italiani, spolpandoli fino all’osso. Per i padroni e i mafiosi, ogni “carico di gente” che sbarca dal Mediterraneo sono braccia da usare per abbassare il costo del lavoro e per aggirare leggi, diritti, tutele, in modo da contrapporre quella manodopera a quella degli italiani. Per chi è mosso dalla logica dell’assistenza, sono soprattutto “uomini che hanno diritti”, cosa vera, ma che diventa una caricatura se per far rispettare quei diritti ci si appella a quelle stesse autorità che fanno degli esseri umani carne da macello e da cannone. Per noi comunisti sono potenziali alleati da organizzare, formare, educare attraverso la lingua universale della lotta di classe per costruire il futuro comune, quello in cui le masse popolari passano da essere classi oppresse a essere classi dirigenti della società.

Conclusioni pratiche. Un lavoro utile e dignitoso per tutti. E’ chiaro che se aspettiamo che grandi associazioni umanitarie, grandi organizzazioni sindacali, politiche o culturali (tutte invischiate a vario titolo con la classe dominante o, nel migliore dei casi, imbevute di concezioni della sinistra borghese) prendano l’iniziativa per trasformare “l’emergenza immigrazione” in un ambito della lotta di classe, stiamo freschi! Oltre alle dichiarazioni, i portavoce e i dirigenti di questi aggregati non sanno e non possono fare, spesso le loro dichiarazioni sono del tutto slegate dalla pratica, rimangono nel campo dei valori e della morale, per quanto importanti e giuste (almeno si schierano). Solo le organizzazioni operaie e le organizzazioni popolari possono avviare un corso diverso delle cose:
– allargando la mobilitazione per difendere i posti di lavoro esistenti, e soprattutto quella per crearne di nuovi, agli immigrati. Perché non è vero che non c’è lavoro, c’è bisogno di una grande quantità di lavoro nel nostro paese per far funzionare le cose come dovrebbero e potrebbero funzionare: sanità, trasporti, cura del territorio, istruzione, cura degli anziani, difesa e bonifica dell’ambiente e del territorio… solo che per i capitalisti questi settori non producono abbastanza profitti e quindi li abbandonano, abbandonando così il paese. Non c’entra niente il “volontariato in cambio dell’accoglienza”: si tratta di un lavoro utile e dignitoso che deve essere eseguito scrupolosamente e deve essere dignitosamente retribuito!
– Prendendo in mano direttamente la mobilitazione contro il degrado di città e paesi, zone e quartieri, definendo regole democratiche e trasparenti che regolano la vita collettiva delle masse popolari (contro le cupole grandi e piccole di potere parallelo delle organizzazioni criminali) e promuovendone la riqualificazione.

A chi obietta che “in Italia siamo già troppi noi”, bisogna replicare
– che l’Italia può accogliere dignitosamente anche più immigrati di quelli che arrivano oggi: bisogna solo che diventi un paese dignitoso per i lavoratori italiani; oggi non accoglie dignitosamente gli stranieri perché maltratta anche i lavoratori italiani, è una società allo sbando;
– che in Giappone con un territorio grande come il nostro e geologicamente peggiore del nostro, vivono 120 milioni di persone;
– che in Italia già quando eravamo meno della metà di oggi, i lavoratori vivevano peggio di adesso ed emigravano in massa: non è questione di superficie, ma di ordinamento sociale.

A chi fa fatica a vedere la praticabilità della strada che noi indichiamo, rispondiamo facendo notare che già una parte importante dei lavoratori di questo paese è di origine straniera: come sono costretti a vendere la loro forza lavoro ai padroni italiani o agli altri ricchi stranieri in cambio del salario, saranno ben più soddisfatti di offrire al paese in cui vivono e in cui crescono i figli il loro contributo di operai e lavoratori alla costruzione del Governo di Blocco Popolare per avanzare verso il socialismo. Che è, come abbiamo già detto all’inizio di questo articolo, l’unica soluzione realistica agli effetti della crisi e alla crisi stessa perché libera l’umanità dal profitto.

Nel nostro paese negli ultimi anni si è sviluppato il movimento di lotta e organizzazione dei lavoratori immigrati, le cui tappe principali sono state le mobilitazioni contro le leggi Turco-Napolitano, Bossi-Fini e il Pacchetto Sicurezza del governo Berlusconi, le rivolte succedute alle stragi di immigrati di Castelvolturno e Rosarno, le giornate di lotta contro il razzismo (17 ottobre 2009 e 1° marzo 2010), la lotta contro la sanatoria truffa del governo Berlusconi, la mobilitazione contro Casa Pound dopo la strage di Firenze del dicembre 2011, le lotte dei lavoratori della logistica (di cui i lavoratori immigrati sono stati protagonisti principali). I comunisti e i progressisti devono favorire in ogni modo l’organizzazione e la mobilitazione degli immigrati in difesa dei loro diritti, di contro alle posizioni “assistenzialiste” (frutto della concezione clericale) che riducono gli immigrati a oggetto di aiuto e carità e alle posizioni della cosiddetta “integrazione” che senza lotta comune per trasformare un tessuto sociale in sfacelo e dissoluzione condanna gli immigrati al ruolo di concorrenti a basso costo dei lavoratori autoctoni, di mendicanti o di criminali.

I lavoratori immigrati non sono nostri “fratelli di disgrazia”, ma nostri compagni nella lotta per porre fine al regime della Repubblica Pontificia, per fare dell’Italia un nuovo paese socialista e per contribuire alla rinascita del movimento comunista in Italia e nei rispettivi paesi d’origine.

Per avviare l’intervento tra la classe operaia e le masse popolari immigrate il Partito deve:

1. sviluppare l’inchiesta sugli organismi operai e popolari composti da immigrati e i singoli (a partire dalle conoscenze che abbiamo nelle zone dove le sezioni operano),

2. iniziare a tessere relazioni e a sviluppare esperienze-tipo per definire e sviluppare una linea di intervento per far confluire la mobilitazione delle masse popolari immigrate nella costituzione del Governo di Blocco Popolare.

Dalla Risoluzione n. 4 approvata dal IV Congresso del P.CARC

 

Ventimiglia

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