IV Congresso nazionale – Osare lottare, osare vincere!

Il 13 e il 14 giugno si svolge a Firenze il nostro IV Congresso nazionale. Con le parole d’ordine Passare dalla difesa all’attacco. Organizzare e coordinare per costituire il Governo di Blocco Popolare. Dal Governo di Blocco Popolare all’instaurazione del socialismo raccogliamo, rilanciamo e diamo prospettiva alle aspirazioni di cambiamento (alternativa politica) che sempre più si diffondono tra la parte avanzata degli operai e delle masse popolari.
La sintesi dei lavori congressuali è la trasformazione del P.CARC in partito del Governo di Blocco Popolare e il piano d’azione che adottiamo per promuoverne più coscientemente e programmaticamente la costituzione.
Più coscientemente, significa attraverso il bilancio dell’attività degli ultimi anni che nei fatti già andava nella direzione di adeguare la nostra azione alle condizioni della lotta di classe nel nostro paese.
Programmaticamente, significa che partendo da ciò che abbiamo imparato iniziamo a sperimentare su scala via via più ampia l’attuazione della linea del Governo di Blocco Popolare, perseguendola organicamente in ogni ambito dell’attività che promuoviamo e conduciamo, in ogni intervento.

I documenti congressuali (che sono pubblicati per intero su www.carc.it) indicano la linea che perseguiamo e il piano d’azione che ci guida.
Quando diciamo che il IV Congresso ha le radici piantate nella lotta di classe intendiamo che la nostra trasformazione in partito del Governo di Blocco Popolare è la combinazione di quanto il movimento comunista ha elaborato scientificamente (la concezione comunista del mondo) con quanto le condizioni concrete richiedono di fare per uscire dalla crisi e costruire una società superiore, una società socialista. Chiamiamo operai, lavoratori, elementi avanzati delle masse popolari a sperimentare una via che non ha precedenti, dato che in nessun paese imperialista il vecchio movimento comunista è arrivato a elaborare una linea adeguata a instaurare il socialismo. Non abbiamo esempi “da ricalcare”, avanziamo facendo tesoro degli insegnamenti del vecchio movimento comunista e tracciando una strada nuova. Facciamo un percorso sperimentale in cui sbagliare è possibile (è nell’ordine delle cose), in cui ci troveremo più volte ad aggiustare il tiro per superare i limiti e correggere gli errori. La questione non è non sbagliare, ma imparare dagli errori per correggerli e avanzare, provando e riprovando con determinazione, sapendo dove dobbiamo arrivare, facendo analisi concreta della situazione concreta, con principi saldi e con spirito sperimentale.

Questo spirito caratterizza la Carovana del (n)PCI (e il P.CARC che ne fa parte). Noi abbiamo capito che i vecchi partiti comunisti dei paesi imperialisti sono caduti nella (o non sono usciti dalla) trappola di concepire le lotte rivendicative come mezzo per migliorare le condizioni delle masse popolari e la lotta politica borghese (le elezioni, l’azione parlamentare, l’allargamento della partecipazione popolare alle istituzioni della democrazia borghese) come mezzo per condizionare l’azione del governo e dell’apparato statale in senso favorevole alle masse, invece di usare entrambe ai fini dell’instaurazione del socialismo.
Ai nostri inizi (circa 30 anni fa), abbiamo evitato di incanalarci nelle lotte rivendicative e nella partecipazione alla lotta politica borghese. Quindi abbiamo evitato di cadere nell’una o nell’altra delle due tare (riformismo conflittuale e rivendicativo e riformismo elettorale) che hanno deviato, reso impotente e alla fine disgregato il movimento comunista dei paesi imperialisti. Abbiamo evitato anche di ridurre la lotta per il socialismo al sostegno delle lotte rivendicative combinato con vuoti proclami sul futuro socialista (come fanno i dogmatici che si dicono anch’essi comunisti).
Siamo partiti dalla scienza marxista, dalla conoscenza e assimilazione della concezione comunista del mondo. Acquisita questa a un certo livello, abbiamo iniziato a costruire il legame con il movimento rivendicativo e con il movimento politico di massa per valorizzare l’uno e l’altro ai fini della rinascita del movimento comunista.
Ci siamo distinti da altre organizzazioni (estremiste, riformiste, promotrici di “piattaforme unificanti e unitarie”, gruppi per “l’unità dei comunisti” basata sulla “fedeltà ai principi” anziché sulla concezione e sulla linea per superare i limiti che avevano causato il declino del movimento comunista) perché abbiamo iniziato a fare quello che tutti ripetevano che era necessario fare per ripartire (“il bilancio degli anni ’70”), ma nessuno si metteva a fare. Siamo partiti esaminando la fase economica e politica in cui ci trovavamo (la seconda crisi generale del capitalismo), l’origine e le causa della sconfitta che il movimento comunista aveva subito (il prevalere dei revisionisti moderni nei primi paesi socialisti e nei vecchi paesi comunisti), come risalire la china e ripartire (la rinascita del movimento comunista).
Per anni abbiamo fatto soprattutto lavoro interno, un lavoro di bilancio del movimento comunista, analisi della situazione, definizione della linea generale: a che punto è il mondo, dove sta andando, dove dobbiamo portarlo. Questo lavoro di elaborazione è stato fondamentale. Non potremmo adempiere il nostro compito di comunisti (organizzare la classe operaia perché mobiliti le masse popolari a costituire il Governo di Blocco Popolare per avanzare nella lotta per instaurare il socialismo e ad andare verso il comunismo) se non avessimo fatto questo lavoro. Si tratta di usare ora tutto quanto abbiamo costruito, la scienza che abbiamo elaborato, nel lavoro di massa e nell’allargamento delle nostre file.

Facendo un parallelo con il vecchio movimento comunista, in questo percorso abbiamo per tanti versi seguito a nostro modo
– non la strada del vecchio PCI: esso nacque scindendosi dal PSI, quindi ereditando i legami che il PSI aveva con le masse popolari ma anche le due tare che inficiavano questi legami; il problema del vecchio PCI, quindi, era compiere la “trasformazione di un partito europeo di tipo vecchio, parlamentare, riformista di fatto e appena sfumato di colore rivoluzionario, in un partito di tipo nuovo, realmente rivoluzionario e realmente comunista” come indicato da Lenin nelle Note di un pubblicista del 1922, una trasformazione che a ragione egli definì “estremamente ardua” (e infatti nei paesi imperialisti nessuno dei partiti comunisti nati per scissione dai partiti socialisti riuscì a compierla);
– ma la strada del movimento comunista russo. Anch’esso è partito dall’assimilazione del marxismo (negli anni ’80 del secolo XIX con Plekhanov e il suo gruppo Emancipazione del Lavoro) e poi si è posto il compito di fondere il marxismo con il movimento pratico della classe operaia e con il movimento democratico russo di cui la classe operaia doveva assumere la direzione.

Il nostro percorso spiega perché la nostra influenza e il nostro seguito attuali tra le masse sono decisamente più deboli di quelli dei gruppi che impersonano le due principali deviazioni (riformismo rivendicativo e riformismo elettorale). Ma è anche la base della nostra forza e la garanzia delle nostre prospettive.

Il passo successivo che la Carovana ha fatto è stato quello di tracciare una via per la conquista del potere: usare le lotte rivendicative e la partecipazione alla lotta politica promossa dalla borghesia ai fini dell’instaurazione del socialismo. Oggi, dopo l’inizio della fase acuta della crisi generale del capitalismo, la prima fase di questo percorso è la costituzione del Governo di Blocco Popolare, quindi la moltiplicazione di organizzazioni operaie e popolari, il loro coordinamento, il loro orientamento, la loro attività come nuove autorità pubbliche (cosa che rende il paese ingovernabile ai vertici della Repubblica Pontificia).
Agli operai avanzati con la falce e martello nel cuore chiediamo di unirsi a noi per fare questo lavoro. Farlo da soli è una cosa molto diversa dal farlo nel P.CARC, cioè insieme ad altri compagni e ad altri organismi collegati tra loro da un rapporto di partito, in cui ogni parte opera in base a una scienza e una linea comuni, in cui l’esperienza di ognuno è raccolta, elaborata e trasmessa a tutti, in cui ogni compagno si educa a questo procedimento. Il rapporto di partito potenzia ogni operaio avanzato, anche se nell’immediato sembra che renda più complicato quello che ha sempre fatto (allo stesso modo in cui imparare a scrivere al computer con dieci dita potenzia l’azione di chi scrive, ma nell’immediato complica la vita a chi scriveva con due dita).
Il bilancio della prima ondata della rivoluzione proletaria ci insegna che alcune cose sono giuste (impariamo da chi la rivoluzione l’ha condotta, da chi ha vinto), ma non abbiamo la presunzione di essere certi che la via che perseguiamo sia giusta in ogni dettaglio: per questo sottoponiamo ogni passo che facciamo alla verifica della pratica e correggiamo gli errori.

Noi sappiamo che la crisi attuale per sua natura ha solo due vie possibili d’uscita. E’ una crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale che ha come sbocco la mobilitazione reazionaria (la guerra imperialista) o quella rivoluzionaria (la rivoluzione socialista). Sappiamo che per condizioni oggettive promuovere la mobilitazione reazionaria per la classe dominante è molto più difficile di quanto lo fu durante la prima crisi generale (1900-1945). Sappiamo che l’unico vero impedimento alla marcia verso la costruzione del socialismo sono i limiti del movimento comunista, la sua debolezza ideologica (aspetto principale) e numerica (aspetto secondario derivato dal principale: se la linea è giusta il movimento comunista rinasce, superando i suoi limiti e i suoi errori).
Sappiamo che per volgere in positivo il marasma generale provocato dalla crisi e sfruttarlo per la rinascita del movimento comunista dobbiamo lavorare sulla coesione ideologica dei comunisti (giusta concezione, giusta analisi, giusto orientamento) e che per farlo occorre che i comunisti per primi si trasformino per diventare adeguati ai compiti che hanno di fronte.
Sappiamo che per le condizioni concrete in cui conduciamo la lotta di classe in Italia occorre sperimentare soluzioni, strumenti, metodi e criteri e selezionare quelli che si rivelano adeguati alla prova della pratica.
Quindi abbiamo imparato e ci esercitiamo a vedere le cose per come sono e anche “per come possono diventare” (favorire la trasformazione di una cosa), ci esercitiamo a intervenire per farle diventare (per quanto la loro natura lo consente) più funzionali alla costruzione della rivoluzione socialista.
Abbiamo da tempo avviato una lotta contro l’adesione identitaria al comunismo che sta alla base della sfiducia nel poter cambiare le cose (“sarebbe giusto, ma non si può, non è possibile”) e abbiamo iniziato a concepirci come quelli del “è giusto, cosa facciamo quindi per”. Ci assumiamo la responsabilità di fare quello che va fatto, quello che bisogna fare e chiamiamo, organizziamo, formiamo e mobilitiamo gli operai, i lavoratori e gli altri elementi avanzati delle masse popolari a farlo.

Le masse popolari imparano principalmente dalla pratica e imparano a costruire la rivoluzione socialista facendolo. Il contributo che il P.CARC dà a questo processo è mettersi alla testa, più coscientemente e programmaticamente, della costituzione del Governo di Blocco Popolare.
Chi leggerà i documenti congressuali potrà verificare che con questo numero di Resistenza puntiamo a calare nel particolare e nel concreto alcune tesi che affermiamo nella Risoluzioni in modo che ne emergano essenzialmente tre aspetti: le condizioni, le forme e i risultati della lotta di classe in corso nel nostro paese. L’obiettivo è, in definitiva, fare di questo numero di Resistenza uno strumento per chi seguirà e parteciperà da vicino ai lavori congressuali, valido anche per coloro non potranno o non vorranno partecipare, ma si pongono egualmente la questione del che fare.

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