La storia della Carovana del (n)PCI di cui il P.CARC fa parte è storia della rinascita del movimento comunista che si intreccia con la storia del nostro paese.
Con questo articolo combiniamo due movimenti. Il primo è la ricostruzione, per forza di cose sintetica, della storia della Carovana del (n)PCI. E’ una ricostruzione necessaria per comprendere i compiti che abbiamo oggi e che chiamiamo gli operai avanzati e i lavoratori avanzati ad assumere.
Il secondo è l’inizio di un percorso di conoscenza e studio di questa storia: nei prossimi mesi promuoveremo seminari, conferenze e dibattiti rivolti non solo a chi è già membro del P.CARC, ma a tutti coloro che hanno la bandiera rossa nel cuore e vogliono assumere un ruolo nella costruzione della rivoluzione socialista. In questo non partiamo da zero: già nel 2006 le Edizioni Rapporti Sociali pubblicarono la ricerca di uno studente (presentata come tesi di laurea) che ricostruiva condizioni e processo di costruzione della Carovana del (n)PCI. Quella elaborazione (disponibile contattando edizionirapportisociali@gmail.com o carc@riseup.net) deve essere aggiornata alla luce delle trasformazioni degli anni successivi che il IV Congresso sancisce e rilancia.
Con questo articolo, infine, iniziamo a dare risposta a quanti ci chiedono “che relazione esiste fra P.CARC e (n)PCI?”. La risposta probabilmente non è esaustiva, ma gli elementi che emergono sono sufficienti ad avviare il lettore a una comprensione superiore della dialettica di unità e differenza che intercorre tra il nostro partito e il (n)PCI.
La storia della Carovana del (n)PCI inizia negli anni ’80 del secolo scorso. La crisi generale iniziava a manifestare i suoi effetti (ma nessuno sapeva ancora che genere di crisi fosse: il movimento rivoluzionario degli anni ’70 non aveva elaborato un’analisi scientifica del movimento economico e politico dalla società).
Sono anni caratterizzati da eventi che hanno marcato la storia del paese: la sconfitta subita degli operai della FIAT nel 1980 ha dato il via all’attacco dispiegato delle conquiste e dei diritti nelle fabbriche e fuori; la disfatta delle BR a causa della deriva militarista in cui erano precipitate dopo aver abbandonato il proposito di ricostruire il partito comunista, la conseguente campagna repressiva di massa (arresti, leggi speciali “antiterrorismo” di Kossiga, carceri speciali e braccetti della morte, tortura e uccisione di militanti rivoluzionari: il 28.03.1980 i reparti speciali dei carabinieri di Dalla Chiesa freddano quattro membri delle BR in via Fracchia a Genova); il PCI e la CGIL collaborano attivamente con il regime DC (“unità nazionale”) nella repressione di massa e nell’attacco alle conquiste dei lavoratoti (“politica dei sacrifici”). Sono gli anni del pentitismo (Patrizio Peci, arrestato nel 1980, sarà il primo di una lunga serie) che porterà in carcere centinaia di militanti delle BR e di altre organizzazioni combattenti e di compagni che avevano solidarizzato o collaborato con loro; dell’avvio della dissociazione dalla lotta di classe (“siamo stati sconfitti, la borghesia ha vinto”, “non è possibile fare la rivoluzione”, “la classe operaia non è un soggetto rivoluzionario”, “il mondo è cambiato”: discorsi che ancora sentiamo ripetere dalla sinistra borghese). A livello internazionale i paesi socialisti, sotto la guida dei revisionisti alla Kruscev e Den Xiaoping, andavano sempre più alla deriva, la Cina e il Vietnam erano in guerra tra loro. Il movimento comunista artefice delle grandi conquiste economiche, politiche e sociali dei 50 anni precedenti viveva una crisi profonda.
Cosa era successo? Cosa stava succedendo? Dove stava andando il mondo? Cosa dovevamo fare?
E’ in questo contesto che inizia il percorso di cui fanno parte il P.CARC e il (n)PCI. E’ una strada che si apre e si snoda lungo gli ultimi 35 anni della storia del nostro paese. O meglio, una pista che viene aperta e consolidata man mano che il gruppo di testa avanza. Il gruppo di testa per un certo periodo si è chiamato Redazione di Rapporti Sociali (1985), poi CARC (1992), poi Commissione Preparatoria (CP) del congresso di fondazione del (nuovo) Partito comunista italiano (1999) e dal 2004 (n)PCI.
Il gruppo di testa nel 1980 aveva dato vita al Coordinamento Nazionale dei Comitati contro la Repressione (CCR), che pubblica la rivista Il Bollettino, per far fronte all’ondata repressiva che aveva portato a circa duemila rivoluzionari prigionieri e altre migliaia di inquisiti, per promuovere un movimento di lotta contro la repressione e di solidarietà di classe (al di là dell’appartenenza politica e organizzativa: comunisti, anarchici, autonomi). Qui c’è il primo principio che accompagnerà tutta la vita della Carovana: mettere sempre e comunque al centro la lotta di classe e gli interessi della classe operaia e delle masse popolari.
Il CCR ingaggiò una dura battaglia politica contro il dilagante fenomeno del pentitismo e della dissociazione dalla lotta di classe, individuato e denunciato come causa del pessimismo e del disfattismo sempre più diffuso tra le fila del movimento comunista. Il CCR e gli organismi che vi aderivano sono diventati un baluardo e un punto di riferimento contro la disfatta. La pubblicazione de Il proletariato non si è pentito (1984), è uno dei contributi più organici contro la dissociazione dalla lotta di classe. La borghesia userà tutte le armi a sua disposizione (arresti, intimidazioni, minacce, ecc.) per fermare l’opera del CCR prima e dei CARC dopo. Il “collegamento” con i prigionieri delle BR servirà come pretesto per orchestrare diverse operazioni repressive. La resistenza alla repressione è stata l’arma che ha permesso di continuare e sviluppare l’azione della Carovana (abbiamo sperimentato che era possibile rivoltare contro la borghesia ogni operazione repressiva, ogni operazione repressiva se da una parte spaventava e faceva perdere alcuni compagni, dall’altra permetteva che gli altri si rafforzassero e che nuove leve si aggregassero). Questo è il secondo grande insegnamento della nostra storia: non temere la borghesia, non temere gli attacchi del nemico. Se la borghesia ci attacca è un bene, vuol dire che la nostra azione colpisce nel segno (Mao).
Dalla rivista Rapporti Sociali al maoismo come terza superiore tappa del pensiero comunista.
Gli arresti di Giuseppe Maj e altri redattori de Il Bollettino (1985) hanno contribuito a creare le condizioni per sviluppare l’analisi e il bilancio dell’esperienza e il progetto della rivista Rapporti Sociali (RS): il numero 0 (Don Chisciotte e i mulini a vento) uscito nel settembre 1985, è frutto degli studi che Giuseppe Maj farà nel carcere di Belluno. “L’obiettivo per cui nasce questa rivista è accumulare e diffondere tra quanti lottano per il comunismo la conoscenza del movimento economico della società attuale e della storia dell’epoca imperialista. Una buona comprensione del movimento economico (…) è condizione indispensabile per una politica comunista (…). La lotta dei comunisti è un’arte. Un’arte che però può svilupparsi solo sulla solida base della comprensione della vita economica”.
La nascita di RS come rivista periodica (febbraio 1988) segna il passaggio da una pratica principalmente difensiva (lotta contro gli attacchi della borghesia) a una fase propositiva (analisi della fase economica e politica, bilancio dell’esperienza del movimento comunista, rinascita del movimento comunista). Per avanzare su basi solide occorreva comprendere a fondo due aspetti della realtà: 1. le ragioni della debolezza del movimento comunista e 2. lo stato dei rapporti antagonisti tra capitalismo e comunismo.
La redazione di RS ha messo al centro della sua attività iniziale lo studio dell’economia capitalista e in particolare dell’epoca imperialista. Inizia il processo di creazione delle basi teoriche per la ricostruzione del partito comunista, obiettivo che i CARC sintetizzeranno precisamente dieci anni dopo, nel 1995. Dal 1985 al 1992 la redazione di RS ha elaborato le tesi che hanno definito il quadro teorico da cui sono nati i CARC. Queste tesi sono state discusse pubblicamente nel novembre del 1992, a Viareggio, nel corso di un convegno in cui i promotori (la redazione di RS e i Centri di documentazione Filorosso di Milano e Viareggio, fondati nel 1987-88), daranno vita ai primi CARC (1993) di Milano, Modena e Viareggio.
Il Convegno di Viareggio (siamo nel pieno della crisi politica del regime DC e all’inizio degli attacchi del governo Amato, da lì a poco comincerà la fase dei governi del “programma comune”: Berlusconi, Prodi) mette al centro del dibattito che per trasformare in lotta per il socialismo la resistenza che le masse popolari oppongono all’avanzata della crisi generale, i comunisti dovevano innanzitutto trasformarsi per essere all’altezza del compito che la storia ha assegnato loro: non sono le masse che sono arretrate, sono i comunisti che non sono all’altezza del loro compito. La trasformazione delle forze soggettive della rivoluzione socialista (organismi e singoli che aspirano al socialismo) in comunisti sarà il tema che caratterizzerà la vita dei CARC e la lotta ideologica tra i CARC e il resto delle forze soggettive: questo sarà il terzo principio ispiratore della vita dei CARC.
Dopo gli anni dell’elaborazione teorica, inizia il processo di costruzione dell’organizzazione. Una volta definita la linea è l’organizzazione che decide del tutto (Stalin). La redazione di RS continuerà la battaglia nel campo della teoria, in particolare contro la deviazione economicista (ridurre la lotta rivoluzionaria alla lotta rivendicativa e sindacale). La lotta contro l’economicismo diventerà un aspetto essenziale della lotta per il comunismo.
L’intenso lavoro di studio e di elaborazione condurrà alla scoperta del maoismo come terza superiore tappa del pensiero comunista dopo il marxismo e il leninismo e alla pubblicazione delle Opere Complete di Mao (1991-94).
Nel 1995, nel 50° anniversario della vittoria della Resistenza antifascista, i CARC lanciano la parola d’ordine “organizzarsi e organizzare, anzitutto per la costruzione del nuovo partito comunista”. Compito attuale dei comunisti è unire la resistenza delle masse popolari sotto la direzione della classe operaia fino a trasformarla in lotta per il socialismo: questo significa lavorare alla ricostruzione del nuovo e vero partito comunista italiano.
Con la pubblicazione di F. Engels – 10, 100, 1000 CARC per la ricostruzione del partito comunista (1995) i CARC indicano le tre condizioni da creare per la ricostruzione del partito comunista: 1. formare compagni capaci di ricostruire il partito; 2. tracciare il programma del partito, il suo metodo di lavoro, l’analisi della fase e la linea generale del partito; 3. legare al lavoro di ricostruzione del partito gli operai avanzati (a queste ne venne poi aggiunta una quarta: creare la base finanziaria del nuovo partito).
Proprio l’obiettivo di ricostruzione del partito comunista sarà alla base della prima lotta ideologica (LIA) del 1997 (governo Prodi) fra i fautori delle lotte rivendicative e sindacali (economicismo) e del lavoro locale contro il rafforzamento del Centro e del lavoro per la ricostruzione del partito comunista. Nel corso della lotta tra le due linee è emersa la contraddizione principale dei CARC: voler essere partito senza esserlo ancora. La conduzione e l’esito della prima LIA porterà un altro grande insegnamento: i comunisti devono sviluppare la lotta tra le due linee nel partito, non aver paura delle contraddizioni e di perdere dei compagni (il partito epurandosi si rafforza – Stalin).
Dopo la prima LIA il processo della ricostruzione del partito comunista subirà un’accelerazione con la pubblicazione nel 1998 (caduta del primo governo Prodi) da parte dei CARC del Progetto di Manifesto Programma del nuovo Partito Comunista Italiano (PMP) un documento innovativo nella storia del movimento comunista, considerando che i partiti comunisti sorti negli anni ‘20 del secolo scorso nacquero senza avere elaborato un proprio specifico programma per condurre la rivoluzione socialista.
L’elaborazione e la pubblicazione del PMP ha messo in luce il principale punto di forza dei CARC (elaborazione della scienza e avvio del lavoro organizzativo) e contemporaneamente il principale limite (non aver definito il tipo di partito comunista di cui c’era bisogno e quale fosse la sua strategia). Era necessaria una nuova svolta, la ricostruzione del Partito doveva poggiare su basi nuove, tenendo conto del bilancio della storia del movimento comunista, del regime di controrivoluzione preventiva vigente nei paesi imperialisti per impedire la ricostruzione di partito comunista e considerando le specifiche caratteristiche della lotta di classe del nostro paese.
La svolta del 1999: l’uno si divide in due. Alcuni compagni escono dai CARC e costituiscono la Commissione Preparatoria del congresso di fondazione del (nuovo) Partito comunista italiano (CP). Nel marzo 1999 esce il primo numero della sua rivista, La Voce: in esso la CP dichiara di far suo il patrimonio elaborato dalla Segreteria Nazionale dei CARC in termini di programma (PMP), metodo, analisi della fase, linea generale e linee particolari, criteri e metodi di lavoro, indica la strategia della Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata come la strategia per condurre la rivoluzione socialista e la natura clandestina del partito comunista come discriminante (contro i progetti di “partiti rivoluzionario nei limiti della legge”): “per essere la direzione della guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata, il partito comunista deve essere costruito dalla clandestinità, come partito che non basa la sua esistenza sul margine di libertà di azione politica che la borghesia imperialista reputa le convenga consentire alle masse popolari, ma sulla sua capacità di esistere e di operare nonostante i tentativi della borghesia di eliminarlo”. Ed esorta le forze soggettive italiane, i lavoratori avanzati e i rivoluzionari prigionieri a compiere due passi possibili e necessari: 1. partecipare alla discussione del PMP; 2. costituire ovunque comitati di partito clandestini del (nuovo)PCI. I delegati dei comitati di partito clandestini parteciperanno al congresso di fondazione non appena si saranno create le condizioni necessarie per tenerlo.
I CARC valutano positivamente il processo avviato dalla CP e fanno una pubblica dichiarazione di sostegno, riconoscendo l’obiettivo comune: ricostruire il Partito comunista adeguato a condurre la rivoluzione socialista nel nostro paese.
La pubblicazione del PMP prima e la Dichiarazione di appoggio al lavoro della CP aprono la strada ad una nuova lotta ideologica nei CARC. Il tutto mentre si sviluppava un vasto movimento contro l’aggressione imperialista nel Kossovo, cui il governo D’Alema partecipava agli ordini degli USA, e appare sulla scena il movimento No Global (Seattle). Lo scontro della seconda LIA avviene tra chi persegue la via di combinare formazione (la teoria rivoluzionaria) e lavoro di ricostruzione del partito contro i fautori del movimentismo (pratica senza teoria).
A questo punto il timone della direzione della costruzione della rivoluzione socialista passa alla CP e alla sua rivista La Voce. I CARC riconosceranno pienamente quella direzione e ridefiniranno il loro ruolo tenendo conto della loro natura di organizzazione che utilizza, finché possibile, quanto resta degli spazi di agibilità politica conquistati con la Resistenza e con le lotte degli anni successivi. Da qui il percorso che, dal 2001, porterà i CARC (diventati a loro volta partito) ad assumere il compito di intervenire da comunisti nella lotta politica borghese e nelle competizioni elettorali. Il P.CARC ha sviluppato quella linea fino ad oggi, fino al IV Congresso in cui sancisce la trasformazione in partito del Governo di Blocco Popolare.
Conclusioni. Il risultato di questo percorso è che nel nostro paese esistono due partiti di comunisti (il (n)PCI e il P.CARC) che operano per costruire la rivoluzione socialista. Entrambi hanno un ruolo specifico in sinergia uno con l’altro: il (n)PCI ha il compito di attuare la strategia, il P.CARC ha il compito di sviluppare la tattica.
Questa caratteristica della rinascita del movimento comunista nel nostro paese è forse una questione complicata da comprendere per chi ha una conoscenza superficiale delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di classe (è per questo che promuoviamo lo studio e la conoscenza di questo percorso). Ma è questa la strada elaborata alla luce dell’esperienza e dell’analisi delle condizioni concrete della lotta di classe. Su questa base sperimentiamo la costruzione di un’opera inedita nella storia: instaurare il socialismo in un paese imperialista. La pratica sarà giudice della giustezza della linea, per ora la storia ha dimostrato che il percorso è principalmente positivo.