Le donne, i giovani e gli immigrati costituiscono la parte delle masse popolari che più subisce l’oppressione del regime della Repubblica Pontificia, su cui gli effetti della crisi generale del capitalismo si riversano in misura più grave e che sono bersaglio della mobilitazione reazionaria.
Oggi la principale minaccia di mobilitazione reazionaria delle masse popolari nel nostro paese viene dai vertici della Repubblica Pontificia: la guerra tra poveri fa parte del programma comune della borghesia imperialista attuato dai governi delle Larghe Intese. Sono loro che perseguitano gli immigrati (affogamenti nel Mediterraneo, CIE, ecc.), eliminano diritti e conquiste dei lavoratori e delle masse popolari, dividono le masse popolari (tra immigrati e autoctoni, giovani e adulti, lavoratori e pensionati, “garantiti” e precari, ecc.) e mettono in mille modi una parte contro l’altra per contendersi la miseria. In questi campi non hanno bisogno della Lega Nord, di CasaPound, di Forza Nuova e degli altri gruppi che scimmiottano i movimenti fascisti e nazisti della prima parte del secolo scorso (i fautori delle prove di fascismo). I vertici della Repubblica Pontificia usano la Lega Nord e i fascisti del terzo millennio (che hanno riabilitato, sdoganato, foraggiato e protetto in aperta violazione della Costituzione) in operazioni criminali contro immigrati, emarginati, donne, omosessuali, scioperanti, ecc. per tenere legata a sé e alle sue forze dell’ordine una parte della popolazione, in nome del “pericolo fascista”. La principale forma di lotta contro la mobilitazione reazionaria è sviluppare la mobilitazione rivoluzionaria: mobilitare le masse popolari a prendere in mano quelle attività e quelle situazioni che le autorità lasciano andare in malora e organizzare quella parte delle masse che è bersaglio delle imprese criminali della Lega nord e dei fascisti del terzo millennio.
Stante il ruolo e l’importanza della mobilitazione delle donne, dei giovani e degli immigrati nella lotta di classe in corso nel nostro paese, il P.CARC con il suo IV Congresso si impegna a sviluppare un’azione specifica tramite appositi settori di intervento.
Lo sviluppo del Lavoro Donne (LD) e del Lavoro Giovani (LG), a partire dalle donne e dai giovani delle OO delle aziende capitaliste, delle OP delle aziende pubbliche e delle OP territoriali e tematiche, è un aspetto fondamentale per avanzare nella lotta per il GBP.
Considerando l’importanza politica che assume la presenza e l’arrivo di immigrati nel nostro paese, una presenza di più di 5 milioni di persone (proletari o sottoproletari) provenienti dai paesi oppressi ed ex socialisti, il P.CARC deve creare uno specifico settore di intervento, avviando un lavoro di inchiesta e sperimentazione per sviluppare relazioni e interventi tra gli immigrati.
- Sviluppo del Lavoro Donne
1.1 Orientamento e linea di intervento. Le donne sono una componente fondamentale del movimento popolare del nostro paese: sono in prima linea nelle lotte per la difesa dei posti di lavoro, nelle lotte ambientali, nelle lotte per la sanità e l’istruzione pubblica, nelle lotte per il diritto all’abitare, nelle lotte contro il femminicidio, contro l’ingerenza del Vaticano (diritto ad una maternità cosciente e consapevole, diritto al divorzio, ecc.), nelle lotte contro gli omicidi di Stato e in molte altre battaglie. Le donne delle masse popolari svolgono un ruolo di primo piano nella costruzione e nell’attività di reti, organismi, associazioni, movimenti, coordinamenti e sindacati che si battono contro gli effetti peggiori della crisi. Il Partito deve imparare a valorizzare, convogliare, elevare e rafforzare questa spinta potente che migliaia di donne delle masse popolari danno per il cambiamento dello stato di cose presenti, incanalandola nella lotta per il GBP. Una particolare attenzione va posta alle operaie, alle lavoratrici delle aziende pubbliche e alle donne della base rossa.
Il Partito deve sperimentare e imparare a combinare ad un livello superiore l’intervento per la creazione delle condizioni per il GBP e il lavoro di raccolta delle donne che hanno la bandiera rossa nel cuore: combinare il sostegno e la promozione di organizzazioni operaie e popolari e delle “mille iniziative di base” (autorganizzazione per difendere, applicare e conquistare diritti, per difendere e creare posti di lavoro, ecc.) con la raccolta di chi aspira al socialismo e il suo inserimento in un percorso di scuola di comunismo.
La raccolta delle donne della base rossa è componente fondamentale della rinascita del movimento comunista. Nella prima ondata delle rivoluzione proletaria le donne hanno svolto un ruolo determinante per la costruzione dei primi paesi socialisti, per l’abbattimento dei regimi nazi-fascisti, per la conquista di diritti e migliori condizioni di vita per le masse popolari.
Per svolgere questo lavoro dobbiamo unire e combinare la lotta di genere e la lotta di classe, la lotta per l’emancipazione delle donne con la lotta per il GBP e il socialismo. L’orientamento che deve guidarci è che “non c’è rivoluzione socialista senza emancipazione delle donne delle masse popolari, non c’è emancipazione delle donne delle masse popolari senza rivoluzione socialista!”.
La contraddizione tra i sessi (dunque l’oppressione di genere) dipende dalla contraddizione principale, quella tra classe operaia e borghesia imperialista: è possibile trattarla realmente nell’interesse delle donne delle masse popolari solo se si tratta la contraddizione principale.
L’oppressione di genere, preesistente al capitalismo, ha assunto nel capitalismo una forma tipica ed è questa che oggi dobbiamo trattare. Il capitalismo ha ereditato questa differenza dallo sviluppo storico precedente e l’ha usata sfruttandola per i suoi scopi. Allo stesso tempo il capitalismo ha immesso in forma massiccia le donne nella produzione travolgendo la segregazione nelle mura domestiche e immettendole più direttamente nella lotta di classe. Il capitalismo ha in sé le condizioni per l’emancipazione della donna, l’emancipazione della donna implica la lotta per porre fine al capitalismo e instaurare il socialismo.
Le donne si emancipano, nella misura massima in cui già in questa società è possibile emanciparsi, combattendo nel Partito e impegnandosi nella lotta di classe: tanto più si emancipano quanto più partecipano alla lotta di classe. Parlare di emancipazione delle donne al di fuori di questi due contesti, significa eludere il problema e fare diversione. Quando la lotta di classe contro la borghesia e il clero è cresciuta, anche l’emancipazione delle donne prima o poi è cresciuta. Quanto la lotta di classe è calata, anche l’emancipazione delle donne ha seguito la stessa sorte.
Nel nostro paese la lotta per l’emancipazione delle donne delle masse popolari assume una valenza particolare a causa della presenza del Vaticano, il governo di fatto, irresponsabile, occulto e di ultima istanza che dirige il governo ufficiale del nostro Paese. Il Vaticano è anche il principale puntello della crociata reazionaria contro le donne, contro il movimento progressista e comunista in tutto il mondo. Liberarci e debellare questo cancro ha quindi una doppia importanza: significa anche eliminare uno dei principali puntelli del sistema imperialista mondiale.
Nel Partito bisogna prestare particolare attenzione alla doppia oppressione (di classe e di genere) nel promuovere la Riforma Morale e Intellettuale delle compagne e la loro assunzione di compiti dirigenti. La doppia oppressione porta le compagne a delegare ai compagni l’elaborazione di analisi e di linee, la direzione, a non studiare e a concentrarsi su compiti esecutivi e organizzativi. Così come essa rende più acuta la contraddizione tra personale e politico, tra essere principalmente figlia, madre e moglie anziché essere principalmente comunista (contrapposizione tra personale e politico). Favorire e promuovere la trasformazione delle compagne richiede un percorso specifico di Riforma Morale e Intellettuale, che via via dobbiamo mettere a punto imparando dall’esperienza. Un percorso che deve combinarsi con l’indispensabile guida e il sostegno del collettivo e con lo sviluppo della lotta per il superamento delle concezioni maschiliste e sessiste nelle nostre file frutto della melma ideologica e morale prodotta dalla borghesia e dal clero.
1.2 Linee di sviluppo. Bisogna riprendere e sviluppare il LD avviato con la campagna del 2013-2014, muovendosi sui seguenti assi:
– strutturazione del LD: responsabile nazionale e responsabili di settore federali e di sezione, sviluppo della RMI tra le compagne del Partito con attività specifiche;
– promozione dell’appello a diventare comuniste e della formazione sulla concezione comunista del mondo (con particolare attenzione agli apporti della concezione comunista sull’origine, la natura e sviluppo della doppia oppressione e al recupero della memoria relativa al ruolo delle donne delle masse popolari nei primi paesi socialisti e nella Resistenza);
– mettere al centro dell’azione verso l’esterno le donne delle OO delle aziende capitaliste, delle OP delle aziende pubbliche e della base rossa (intervenendo solo secondariamente sugli organismi di genere) e promuovere l’organizzazione delle donne delle masse popolari, in sinergia con il Lavoro Operaio e il Lavoro Giovani già avviato e in futuro con il Lavoro Immigrati.
- Sviluppo del Lavoro Giovani
2.1 Contesto oggettivo dell’azione dei giovani nella lotta di classe. Oggi nel nostro paese esiste una popolazione giovanile di 20 milioni di persone sommando quelle di età compresa tra i 14 e i 25 anni e quelle di età compresa tra i 24 e i 35 anni (inseriamo questi ultimi tra i giovani per via delle condizioni di vita imposte loro dal regime della Repubblica Pontificia). Tra questi sono circa 3 milioni quelli tra i 15 e i 30 anni che non studiano e non lavorano.
I giovani, insieme alle donne delle masse popolari, sono stati i più colpiti dall’entrata della seconda crisi generale del capitalismo nella sua fase acuta e terminale e oggi avvertono nella maniera più immediata l’ipoteca che il permanere dell’ordinamento sociale capitalista pone sul loro futuro. I processi di smantellamento delle scuole e delle università pubbliche rendono sempre meno accessibile l’istruzione per i giovani proletari e ne peggiorano la qualità. L’attacco alle conquiste della classe operaia (pacchetto Treu, legge Biagi e il recente Jobs Act) rende i giovani la cavia del nuovo regime da caserma che la borghesia sta cercando di imporre sui posti di lavoro, basato sull’azzeramento dei diritti sindacali e dei CCNL, sulla precarietà dilagante e sui salari da fame. Aumenta la fascia dei giovani che né studiano né lavorano e che il regime della borghesia e del clero condanna ad un’esistenza da esuberi. Le condizioni di vita che la RP impone ai giovani ne fa un settore delle masse popolari particolarmente sensibile alla lotta di classe in corso nel nostro paese. Dall’altro lato l’esaurimento della prima ondata della rivoluzione proletaria e la debolezza del processo di rinascita del movimento comunista lasciano campo libero tra di essi all’influenza delle concezioni anticomuniste e antipartito.
Oggi la parte più attiva e avanzata dei giovani si organizza e si mobilita per cercare una soluzione al marasma generato dalla crisi e costituisce una componente importante delle lotte e dei movimenti popolari in corso nel paese di cui spesso è la frazione più determinata, generosa e combattiva (in particolare sui fronti della lotta in difesa dell’istruzione pubblica, contro la devastazione ambientale, contro la precarietà, la disoccupazione dilagante, le ristrettezze economiche delle famiglie proletarie). Tra di essi molti sono nati dopo il ’90 e cresciuti nella fase terminale della seconda crisi generale del capitalismo, della putrefazione del regime DC e del prevalere della sinistra borghese nel movimento di resistenza popolare. L’antifascismo è il principale filo rosso che spontaneamente e idealmente lega questa parte dei giovani all’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria, la cui storia, il cui bilancio e i cui insegnamenti tendenzialmente non sono conosciuti (in particolare per quel che riguarda l’esperienza dei primi paesi socialisti). La loro mobilitazione è priva della guida del movimento comunista e pertanto é ideologicamente succube alla cultura borghese di sinistra che ne contiene l’iniziativa nel ribellismo fine a se stesso, nell’evasione e nella costruzione di nicchie senza lotta per il potere, nella pratica senza politica e teoria rivoluzionaria, nella rassegnazione e nella sfiducia verso la forza creatrice della mobilitazione popolare guidata dai comunisti.
La parte arretrata dei giovani è quella più succube dei tentativi della borghesia e del clero di contrapporre i giovani agli adulti (i figli “non garantiti” contro i padri che ancora godono delle conquiste realizzate nella prima ondata) e i giovani autoctoni ai giovani immigrati (secondo gli schemi della retorica razzista cara alla destra reazionaria e scimmiottata dalla destra moderata). Essendo la parte del proletariato giovanile maggiormente intossicata dalla tendenza anticomunista promossa dalla classe dominante essa è anche la più attratta dalla propaganda e dalle gesta dei gruppi fautori delle prove di fascismo, delle organizzazioni criminali o delle forze armate della Repubblica Pontificia. Aumenta il numero di giovani avviati, addestrati e assuefatti alle attività criminali della guerra, dell’oppressione, della repressione e del controllo al servizio delle classi dominanti contro le masse popolari, nei corpi statali della borghesia imperialista e nelle Organizzazioni Criminali private, legali e illegali.
La grande massa dei giovani si colloca in una posizione intermedia. E’ del tutto priva di un legame con la prima ondata della rivoluzione proletaria e subisce la diversione, divisione ed evasione dalla lotta di classe (e di una connessa morale individualista e rassegnata) che la borghesia e il clero promuovono a piene mani. Sono i giovani che aspirano a poter riprodurre le condizioni materiali della propria esistenza alla stessa maniera dei loro genitori divenuti adulti ai tempi del “capitalismo dal volto umano” e che l’avanzare della crisi pone giorno dopo giorno di fronte all’impossibilità di riuscirvi (con tutto ciò che ne consegue in termini di caduta nella depressione, nell’emarginazione e nell’abbrutimento). Il ruolo che assumerà questa frazione dei giovani è strettamente connesso alla lotta in corso tra mobilitazione rivoluzionaria e mobilitazione reazionaria.
2.2 Il lavoro dei comunisti tra i giovani. I giovani della classe operaia e delle masse popolari del nostro paese hanno una sola via d’uscita per salvarsi dal futuro di disoccupazione, precarietà, miseria e guerra che la borghesia e il clero riserva loro: prendere posto nella lotta per fare dell’Italia un nuovo paese socialista. Questo è il fiume in cui è compito dei comunisti convogliare e incanalare la ribellione dei giovani studenti, precari, disoccupati che il capitalismo relega ai margini, intossica e priva del futuro. L’organizzazione dei giovani nel movimento comunista è un pilastro della sua rinascita.
2.3 L’intervento del P.CARC tra i giovani della classe operaia e delle masse popolari. Oggi nel P.CARC ci sono numerosi compagni al di sotto dei 35 anni di età e molti tra questi svolgono ruoli dirigenti di livello nazionale, federale e di sezione. La percentuale di giovani compagni presenti nelle nostre file è un indice positivo che il P.CARC si impegna ad accrescere e sviluppare attraverso la costruzione di un settore Lavoro Giovani che promuova una formazione specifica e particolare per i nostri giovani compagni e dia un indirizzo parimenti particolare e specifico al nostro intervento tra i giovani della classe operaia e delle masse popolari.
In conformità alla trasformazione del P.CARC in partito del GBP la nostra linea di intervento tra i giovani della classe operaia e delle masse popolari si sintetizza in:
– promozione dell’appello a diventare comunisti, della formazione sulla concezione comunista del mondo e della raccolta delle forze rivoluzionarie tra i giovani della classe operaia e delle masse popolari,
– intervento nel movimento dei giovani della classe operaia e delle masse popolari per promuovere la scuola di comunismo all’interno di esso, sostenendo o promuovendo direttamente la loro organizzazione in OP (dei giovani dei territori, delle scuole, delle università) e in OO (dei giovani precari in particolare), il loro coordinamento tematico,
– promozione del coordinamento delle OP e delle OO giovanili con il resto del movimento delle OO e OP e in particolare con gli operai delle aziende capitaliste.
- Lavoratori immigrati
L’emigrazione di massa che la borghesia imperialista impone alle masse popolari dei paesi ex socialisti e oppressi viene creando un proletariato internazionale e l’internazionalismo proletario acquista nuovi strumenti di forza.
In Italia sono presenti 5,4 milioni di immigrati regolari. La metà (51%) proviene da soli cinque paesi: Romania (933mila), Marocco (525mila), Albania (503mila), Cina (321mila) e Ucraina (234mila). Le presenze si concentrano per lo più al Nord 60%, seguono Centro 25% e Sud 15%. Nel 2013, un quarto degli immigrati risiedeva in sole quattro province (Roma, Milano, Torino e Brescia); i residenti in Lombardia (oltre 1 milione) sono il 23% del totale nazionale e i residenti nel Lazio (oltre 600mila) il 12,5%.
Una parte importante degli immigrati viene dai primi paesi socialisti, quindi ha avuto un’esperienza recente, pratica e diretta del socialismo (anche se nella fase della restaurazione graduale e pacifica del capitalismo sotto la direzione dei revisionisti moderni), altri vengono da paesi dove è in corso una rivoluzione democratica antimperialista (anche se, per i limiti del movimento comunista, per adesso diretta principalmente da forze borghesi e clericali).
La classe dominante utilizza gli immigrati per alimentare guerra tra poveri e farne il bersaglio del malcontento delle masse popolari autoctone (approfittando delle stesse condizioni di vita e di lavoro che la borghesia impone agli immigrati: il basso costo della forza lavoro che abbassa il costo della forza lavoro dei lavoratori autoctoni, le misere condizioni di vita in cui gran parte dei lavoratori immigrati vengono costretti, il ricorso alle attività extra-legali).
Nel nostro paese negli ultimi anni si è sviluppato il movimento di lotta e organizzazione dei lavoratori immigrati, le cui tappe principali sono state le mobilitazioni contro le leggi Turco-Napolitano, Bossi-Fini e il Pacchetto Sicurezza del governo Berlusconi, le rivolte succedute alle stragi di immigrati di Castelvolturno e Rosarno, le giornate di lotta contro il razzismo (17 ottobre 2009 e 1° marzo 2010), la lotta contro la sanatoria truffa del governo Berlusconi, la mobilitazione contro Casa Pound dopo la strage di Firenze del dicembre 2011, le lotte dei lavoratori della logistica (di cui i lavoratori immigrati sono stati protagonisti principali). I comunisti e i progressisti devono favorire in ogni modo l’organizzazione e la mobilitazione degli immigrati in difesa dei loro diritti, di contro alle posizioni “assistenzialiste” (frutto della concezione clericale) che riducono gli immigrati a oggetto di aiuto e carità e alle posizioni della cosiddetta “integrazione” che senza lotta comune per trasformare un tessuto sociale in sfacelo e dissoluzione condanna gli immigrati al ruolo di concorrenti a basso costo dei lavoratori autoctoni, di mendicanti o di criminali.
I lavoratori immigrati non sono nostri “fratelli di disgrazia”, ma nostri compagni nella lotta per porre fine al regime della Repubblica Pontificia, per fare dell’Italia un nuovo paese socialista e per contribuire alla rinascita del movimento comunista in Italia e nei rispettivi paesi d’origine.
Per avviare l’intervento tra la classe operaia e le masse popolari immigrate il Partito deve:
- sviluppare l’inchiesta sugli organismi operai e popolari composti da immigrati e i singoli (a partire dalle conoscenze che abbiamo nelle zone dove le sezioni operano),
- iniziare a tessere relazioni e a sviluppare esperienze-tipo per definire e sviluppare una linea di intervento per far confluire la mobilitazione delle masse popolari immigrate nella costituzione del GBP.