La Nuova Sinter di Arzano (NA) produceva pulegge per le principali case automobilistiche europee, arrivando ad impiegare, nei tempi di maggiore attività, fino a 500 operai; era un posto di lavoro ambito nel territorio per l’elevata specializzazione professionale (usavano il processo all’avanguardia della sinterizzazione) e gli stipendi erano decisamente superiori alla media. Poi cominciano i passaggi di proprietà (anche fra concorrenti), i primi esuberi e l’uso di ammortizzatori sociali che si accentuano dal 2008 fino al fallimento dello scorso luglio e la messa in cassa integrazione a zero ore degli operai (ridotti a un centinaio), l’anticamera del licenziamento. Questo è il classico esempio di attività produttiva “vittima” della crisi, portata coscientemente verso la chiusura con il solito percorso di morte lenta fatto di graduali esuberi supportati dagli ammortizzatori sociali, “inspiegabili” tagli delle commesse e l’assenza di reazioni sindacali significative se non quando è troppo tardi (almeno apparentemente). Non importa avere commesse, capacità e specializzazioni, conta solo il profitto del padrone di turno che sposta i suoi capitali quando e dove più gli conviene.
I compagni della sezione di Qualiano (NA), supportati dalla Commissione Lavoro Operaio e Sindacale della Federazione Campania, cominciano a fare inchiesta su questa situazione avvicinando gli operai più propensi alla discussione e intervengono con continuità. Sostengono gli operai che non si danno per vinti e che combattono per riaprire la Nuova Sinter, ad esempio proponendo di costituire un comitato delle mogli come a Pomigliano, che sia di sostegno alla lotta e la allarghi al resto delle masse popolari della zona; allo stesso tempo li invitano a discutere l’articolo de La Voce del (n)PCI n. 44 “Mobilitare le OO e OP in mille iniziative di base per prendere nelle proprie mani l’attuazione della parola d’ordine Un lavoro utile e dignitoso per tutti”, in modo da avere un orientamento di dettaglio su come poter condurre la battaglia per la riapertura della loro azienda. I primi effetti concreti sono una maggiore aggregazione intorno alla vertenza, e un più ampio sostegno al presidio permanente contro lo smantellamento dei macchinari, infine la salita sui tetti del 27 febbraio scorso in segno di protesta, seguita dall’ottenimento di un incontro al MISE a cui gli operai sono stati accompagnati anche da una delegazione del partito. Non sono soluzioni, ma piccoli passi avanti, dimostrano che quando la mobilitazione operaia si lega al movimento comunista assume un livello superiore. Non a caso si sono poi mossi anche i sindacalisti, che fino ad allora avevano badato più che altro a “controllare la situazione”, anche accentuando la pressione su quegli operai che maggiormente si stavano legando e collegando con i compagni.
La vertenza Nuova Sinter non si è ancora conclusa e al suo esito concorreranno tre questioni decisive.
La prima riguarda il percorso di morte lenta su cui è instradata e che viene spacciata come inevitabile epilogo da sindacati, amministratori locali e altri figuri che se la caveranno con un’alzata di spalle e il laconico “ce l’abbiamo messa tutta”; se gli operai assumono la convinzione che è possibile cambiare il corso delle cose e sono decisi a vincere, l’inevitabile epilogo è tutt’altro che scontato, come gli operai della Ginori (di Sesto Fiorentino) e della Kazova (azienda turca) hanno dimostrato partendo da una situazione pressoché identica.
La seconda riguarda l’orientamento che bisogna tenere, gli operai più combattivi per primi: nella situazione di crisi generale, nessuna azienda può salvarsi da sola, non esistono nicchie o isole felici al riparo della tempesta della crisi. Questo deve spingere a ragionare su scala più ampia anche se la mobilitazione parte da obiettivi specifici,i tanto più favorevoli di vincere quanto più chi la guida la collega al contesto generale. Il processo è quello di partire dall’ambito locale (zona, distretto produttivo, regione) per alimentare la mobilitazione che ha al centro la questione del governo del paese.
Ultimo punto riguarda il rapporto fra movimento comunista e classe operaia. Stiamo imparando a tradurre nel concreto il principio che ci guida “valorizzare ogni lotta rivendicativa ai fini della costruzione del Governo di Blocco Popolare, fare di ogni lotta rivendicativa una scuola di comunismo”. L’esperienza dei compagni della Sezione di Qualiano è molto importante in questo senso e il contributo che possono darci gli operai avanzati è di grande valore: quanto ci siamo posti in modo che il nostro intervento venisse confuso come “concorrenza al sindacato”? Quanto e come ci siamo posti di elevare la coscienza degli operai più decisi a lottare, partendo dalla pratica? Sono domande che qualcuno può ritenere secondarie rispetto all’obiettivo specifico di tenere aperta la Nuova Sinter, sono invece decisive perché la lotta per difendere i posti di lavoro esistenti e per crearne di nuovi è una questione principalmente politica.