Nei numeri scorsi di Resistenza (dal n. 2 al n. 4/2015) abbiamo trattato in vari articoli la linea con cui interveniamo nelle elezioni regionali e amministrative di primavera dove siamo presenti e che indichiamo a chi non vuole ritagliarsi il ruolo della comparsa nella lotta politica promossa dalle classe dominante.
La sintesi è promuovere una campagna di mobilitazione: promuovere e alimentare le mille iniziative di base con cui le masse popolare fanno fronte anche solo provvisoriamente agli effetti economici, ecologici, sanitari, morali e intellettuali più devastanti della crisi generale del capitalismo. Sulla base dell’analisi concreta della situazione, il P.CARC sostiene anche con le indicazioni di voto la lista e i candidati che per la loro storia e azione alimentano la mobilitazione e l’organizzazione popolare. Rispetto ai candidati e alle liste che si presentano come forze di rottura e discontinuità con il passato, dobbiamo far valere i seguenti criteri
– se i loro propositi sono reali e non promesse truffaldine e velleitarie, devono iniziare a fare subito con le forze e le risorse disponibili e le relazioni esistenti quello che promettono di fare domani se vinceranno le elezioni;
– nelle amministrazioni locali, la disobbedienza al governo di Roma non è un optional, ma un impegno per ogni amministratore locale, una linea da seguire ogni volta che il governo fa leva sulle amministrazioni locali per attuare misure antipopolari.
Due esempi dalla Toscana. Riportiamo di seguito due esempi particolarmente efficaci per comprendere cosa intendiamo e che si prestano (per caratteristiche dei protagonisti, per gli obiettivi che si pongono e per i settori popolari a cui si rivolgono) ad essere due ottime opportunità di dare seguito pratico all’orientamento generale.
Comitato promotore del referendum per l’abrogazione della Legge Regionale 28/2015. Con questa Legge la Regione Toscana rende operativa la decisione di accorpare le 12 ASL attualmente esistenti in tre grandi aziende di area e impone la gestione di Super Manager, con tutto ciò che ne consegue in termini di servizi ai cittadini e posti di lavoro. La ricetta “classica” per fare fronte a un buco di svariate centinaia di milioni di euro nella sanità, usata come bancomat da politicanti e funzionari: metterle in conto alle masse popolari e ai lavoratori devastando il servizio, abolendo le conquiste ottenute con le lotte dei decenni passati (la sanità non è più gratuita, ma è diventata una merce) e caricando i lavoratori di ritmi, condizioni e responsabilità insostenibili. La campagna referendaria è l’ambito eccellente per dare seguito, estendere e sviluppare la campagna per lo sciopero del ticket sanitario in tutta la Regione, per promuovere il coordinamento e l’unità d’azione fra medici, infermieri, ausiliari, personale esterno e utenti della sanità. La Federazione Toscana del nostro Partito ha aderito principalmente per questo. E’ chiaro che di per sé il referendum è uno strumento che lascia il tempo che trova (basta vedere che quello sull’acqua vinto nel giugno 2011 è stato ampiamente disatteso, del risultato il governo ne ha fatto carta straccia), ma è davvero inutile e retrivo fermarsi alla costatazione che “non serve a niente”. Il Referendum, forse, non serve a niente, ma facciamo il bilancio dell’esperienza! Non serve a niente se chi lo promuove è convinto (e cerca di convincere anche coloro a cui si rivolge) che sia il fine attraverso cui vincere la battaglia contro la demolizione della sanità. Ma se chi lo promuove fa della campagna referendaria una campagna di organizzazione e di mobilitazione… serve eccome! E’ utile, non decisivo. I comitati referendari possono diventare la rete capillare, unitaria (medici, lavoratori, utenti, altri settori popolari) che coordina l’attività in tutta la Regione. Ma poi, chi dice “non serve a niente” come pensa di contribuire, come contribuisce, alla campagna contro lo smantellamento della sanità? Cortei? Sciopero del ticket? Blocchi? Tutte attività che il comitato referendario può (e deve) assumere, organizzare, promuovere, alimentare e coordinare. Oppure con le petizioni? Allora tanto vale il referendum….
Comitato per l’acqua pubblica di Arezzo che si candida alle Amministrative. Quanto detto per il Comitato referendario vale per il comitato aretino per l’acqua pubblica. A maggior ragione per il fatto che tale comitato vanta l’esperienza del referendum sull’acqua (imparare dall’esperienza) e il potenziale sostegno di una rete articolata a livello nazionale che può essere raccolta e valorizzata, non solo per quanto ha sedimentato con la mobilitazione del 2011, ma anche e per certi versi soprattutto per quanto ha prodotto dopo: campagna di disobbedienza civile (autoriduzione delle bollette), resistenza ai distacchi (Gruppi di Allaccio Popolare) e per l’esperienza di alcuni Sindaci e Consiglieri Comunali che ne hanno fatto ambito di rottura con le politiche del governo centrale (vedi l’esempio di Cassino e di Rocca d’Evandro, in provincia di Caserta – Resistenza n. 3/2015 e quello di Napoli con De Magistris).
Esempi piccoli, laboratori di esperienze, che contribuiscono a un grande obiettivo e tanto più contribuiranno quanto più chi ne è promotore riesce a combinarli con la disaffezione, l’indifferenza e in certi casi l’ostilità con cui le masse popolari vedono la lotta politica borghese e le sue istituzioni. L’astensionismo è positivo, perché dimostra che la classe dominante fa sempre meno presa nelle coscienze delle masse popolari, ma se non è combinato con l’obiettivo di organizzare e mobilitare le masse popolari in modo autonomo e antagonista ai vertici della Repubblica Pontificia rimane una tendenza sterile. Bene dunque, che nel contesto di generale allontanamento delle masse popolari dalla politica borghese, ci siano gruppi, organismi, comitati, che si pongono l’obiettivo di aggregare attorno a una “prospettiva diversa” le forze più sane e generose delle masse popolari. Anche in questo caso il collo di bottiglia è darsi gli strumenti per la propria politica. Questo è il centro della campagna elettorale per i comunisti e per le organizzazioni operaie e popolari.