NO a spartirsi il lavoro compatibile con gli interessi dei capitalisti!
No ai ricatti e ai sacrifici per salvare i profitti di padroni, finanzieri e speculatori
Il discorso di Marchionne e degli altri padroni rampanti è “se lavorate come bestie vi diamo lavoro”, forse! … Perché ci sono posti dove i capitalisti guadagnano di più (che è il loro unico obiettivo) perché possono sfruttare e inquinare più liberamente, ci sono tasse e imposte minori e i governi danno più incentivi di quello italiano, perché la speculazione finanziaria offre occasioni allettanti di investimento. I dirigenti della CISL, della UIL e dell’UGL dicono che “siccome c’è la crisi” gli operai non hanno alternative e devono fare come dice Marchionne, la Camusso e il resto della destra CGIL di fatto sono sulla stessa lunghezza d’onda anche se brontolano, sospirano e protestano un po’ di più. Anche i sindacati conflittuali e di base se non rompono con la prassi e la concezione che “il sindacato deve fare il sindacato” e al più avere una “sponda politica”, di fronte a questo discorso sono disarmati e volenti o nolenti ripiegano sulla linea di “cedere qualcosa pur di non perdere tutto”. Per poi ritrovarsi il problema di nuovo aperto dopo breve tempo (vedi la Galbani di Caravaggio, la Honeggher di Albino, ecc.).
Anche se non l’hanno concordato, i delegati della Piaggio e quelli della FCA di Melfi hanno lanciato la lotta comune contro la linea di “accettare qualsiasi condizione pur di mantenere il posto di lavoro” e di “difendersi per non perdere tutto”. Arrivano alla stessa conclusione partendo da situazioni diverse: alla Piaggio i contratti di solidarietà e alla FCA di Melfi i sabati di lavoro comandati e il sistema di turnazione che Marchionne vuole imporre. I delegati Piaggio oppongono due considerazioni frutto dell’esperienza e dell’istinto di classe. La prima è che, in un’azienda che aumenta la produzione (si direbbe che tira), quanto più e in minor tempo producono, tanti più operai di quell’azienda o di aziende concorrenti verranno licenziati. La seconda è che, in un’azienda che sta delocalizzando (o dismettendo) pezzo dopo pezzo la produzione, i contratti di solidarietà sono lo strumento con cui il padrone indebolisce il fronte dei lavoratori e prepara la chiusura. Nella nostra provincia abbiamo numerosi esempi di questi due tipi che calzano.
Alle pretese di Marchionne i delegati che hanno organizzato gli scioperi a Melfi oppongono che non sono disposti ad ammazzarsi di lavoro per far guadagnare a Marchionne 30 e più milioni di euro all’anno e che se c’è più lavoro si fanno rientrare i cassintegrati, si stabilizzano i precari e si assumono nuovi operai.
Avanzando in questa lotta, gli operai troveranno che per non spartirsi il lavoro compatibile con gli interessi e i profitti dei capitalisti è necessario coordinare le Organizzazioni Operaie e bisogna costituire e imporre un loro governo che metta al centro del suo programma la parola d’ordine “un lavoro utile e dignitoso per tutti”. Questo sarà il modo in cui si arriverà a togliere tutta l’attività economica dalle grinfie dei Marchionne, Colannino (e gli altri individui tesi a fare profitti per aumentare il loro capitale), a riorganizzarla secondo un piano che risponda alle necessità di beni e servizi della popolazione e degli scambi con altri paesi. Si attua con la partecipazione attiva di tutti i lavoratori, al massimo livello di cui ognuno è capace e sulla base del possesso comune e della gestione collettiva e consapevole delle aziende da parte dei lavoratori associati nelle proprie organizzazioni dentro le aziende e sul territorio.
Da dove iniziare? Predisporre in tempo le cose: costituire organizzazioni operaie nelle aziende che si occupino della loro salvaguardia prevenendo le manovre padronali per ridurle, chiuderle o delocalizzarle, studiando con esperti affidabili il loro futuro migliore, quali beni e servizi produrre che siano necessari alla popolazione del paese o agli scambi con altri paesi. Questo è oggi il primo passo: lo chiamiamo “occupare l’azienda”.
Stabilire collegamenti con organismi operai e popolari di altre aziende, mobilitare e organizzare le masse popolari, i disoccupati e i precari della zona circostante a svolgere i compiti che le istituzioni lasciano cadere o danno ai padroni (creare lavoro e in generale risolvere i problemi della vita delle masse popolari). E’ il contrario di restare chiusi in azienda ed è il passo decisivo: lo chiamiamo “uscire dall’azienda”. Queste organizzazioni sono la premessa, la base, per costituire un governo d’emergenza popolare e farlo ingoiare ai padroni.
Se guardiamo bene, è già successo anche in Italia con la Resistenza Antifascista quando, sotto la direzione del CLN, nuove autorità pubbliche in contrasto con il “governo fascista occupante”, dopo la Liberazione gli operai di quasi tutte le fabbriche di Milano riprenderanno la loro attività: i delegati degli operai si improvviseranno dirigenti e, valendosi della collaborazione dei tecnici non compromessi, dimostreranno di essere in grado di mandare avanti la produzione. Come oggi hanno fatto anche le operaie della AZ FIBER di Arcene.
un lavoro utile e dignitoso per tutti