L’esposizione mediatica di Salvini rientra in vari modi in quella campagna di intossicazione dell’opinione pubblica finalizzata a sviare l’attenzione delle masse popolari su problemi e questioni secondarie (quando non inventate) presentandole come principali. Il populismo di Salvini ha come referenti operai, lavoratori e classi popolari in genere e, benché la Lega sia ben lontana dai “fasti” di 20 anni fa, di certo fa presa su una parte di loro. Fa presa non perché chi lo riceve sia stupido, ma perché spesso non vede un’alternativa: o quella spazzatura o le litanie trite e ritrite della sinistra borghese, se non la propaganda patriottarda e padronale del PD.
Si tratta allora di mettere al centro la lotta di classe e di farla valere, di partire dalla pratica, dai fatti, non dalle opinioni (la classe dominante fa uno specifico lavoro per staccare l’esperienza pratica dalle opinioni delle masse popolari, le opinioni sono facilmente manipolabili). La prova dei fatti trasforma il presenzialismo di Salvini, le sue provocazioni, i suoi “ragionamenti” e le sue “soluzioni” per quello che sono. Spazzatura. E la prova dei fatti alimenta la comprensione di quali siano gli interessi dei lavoratori, degli operai, delle masse popolari partendo dalla loro origine di classe, indipendentemente (anche, cioè) se tifano Salvini. Quale spazzatura usa come argomenti?
Le invettive contro politicanti e “il governo dei poteri forti”. Salvini nasconde che la Lega è, per dritto o rovescio, al governo del paese da 20 anni. Al grido di “Roma ladrona” ha partecipato direttamente o retto il sacco e chiuso gli occhi davanti al malaffare, alle speculazioni e alle lottizzazioni. Il cortocircuito fra gli slogan su secessione e autonomia e la realtà è evidente: MOSE a Venezia, TAV in Val Susa, EXPO a Milano; mazzette e favori di cui i capoccia della Lega, se e dove non sono implicati, fanno lo gnorri. Anche il sistema di finanziamento della Lega ricalca quello dei grandi trafficanti, e non bastano le inchieste che hanno decimato la Lega di Bossi per cambiare registro: rapporti fra la Lega di Maroni e faccendieri sono al vaglio dei Tribunali (cioè i faccendieri sono sotto processo, come Orsi, ex Amministratore Delegato di Finmeccanica, a essere al vaglio sono i rapporti…).
La pantomima contro il governo dei poteri forti, poi, è persino più ridicola. Sono anni che la Lega annuncia la volontà di dare un segnale forte, ma questo segnale non arriva: le ripetute minacce di chiamare a raccolta i suoi 250 sindaci (alcuni importanti, al tempo, come Tosi, ora transfugo) e i Governatori del nord (sono rimasti Maroni in Lombardia e Zaia in Veneto, dopo la trombatura di Cota in Piemonte) non hanno avuto alcun seguito. “Chiediamo al Governo, qualunque esso sia, l’immediata modifica del Patto, in caso contrario ci assumeremo la responsabilità di violarlo, insieme a tutti i sindaci che aderiscono alla nostra battaglia, e andremo fino in fondo”. Sono passati due anni, ma di violazioni neppure l’ombra, mentre il Patto è sempre lì.
Eppure di sindaci che avrebbero aderito ce ne sono: la campagna “Rompiamo il patto” è stata promossa da un gruppo di amministratori leghisti lombardi che hanno organizzato una sequela di assemblee pubbliche in tutta la Lombardia per promuovere la presentazione di mozioni comunali con l’obiettivo di “chiedere a Roma di eliminare per sempre il Patto di Stabilità”. Questa iniziativa non è andata oltre al 2013… e uno dei suoi promotori, Locatelli, sindaco di Chiuduno in provincia di Bergamo, è risalito agli onori delle cronache nel 2014 giusto per essersi raddoppiato lo stipendio.
Prima gli italiani! A parte qualche provocazione propagandistica, lo slogan meno riuscito di sempre è proprio quello che la Lega ha copiato dai fascisti. E’ il meno riuscito perché oltre ad essere uno slogan, dovrebbe provare ad attuarlo a partire dalla questione centrale: il lavoro. Credete che dove la Lega amministra (non solo il comune sperduto nelle Alpi, ma le Regioni Lombardia e Veneto, ad esempio) slogan tanto stupido abbia avuto un seguito? E come? Cosa hanno fatto per difendere i posti di lavoro (anche solo “degli italiani”, ma comunque degli operai)? L’aumento della disoccupazione e la chiusura di un’infinità di aziende anche in queste regioni la dice lunga sul ruolo che questi amministratori come minimo non svolgono nella tutela dei posti di lavoro. In Lombardia, la locomotiva d’Italia, il tasso di disoccupazione è passato dal 3,4% del 2007 all’8% del 2014 (dati quasi identici li vediamo in Veneto). Andrea Gibelli, fin dai tempi delle giunte Formigoni, è stato per anni vicepresidente lombardo con delega alle attività produttive (ovvero industria, artigianato, servizi, edilizia). Alla faccia delle dichiarazioni di Salvini sul fatto che “una Padania senza fabbriche non ci serve”…
Discorso analogo vale per le case popolari: “prima gli italiani” è di certo riferito ai posti di manager immotivatamente assunti da ALER (l’azienda che gestisce il patrimonio immobiliare pubblico, le case popolari) e immotivatamente pagati svariati milioni di euro, tanto da decretarne, in pochi anni, la bancarotta… deve riferirsi a quello perché ALER, gestita dalla Lega attraverso la Regione Lombardia, sfratta, sgombera e butta in strada decine e centinaia di famiglie, italiane e immigrate allo stesso modo.
Però va a braccetto con il Vaticano… questo non è uno slogan, ma un dato di fatto! Dai finanziamenti alle scuole e alle cliniche private in mano al clero fino al patrocinio ufficiale della regione (con tanto di logo EXPO!) e alla partecipazione diretta di Maroni al convegno omofobo, lo scorso 17 gennaio, “Difendere la famiglia per difendere la comunità”, organizzato da Alleanza Cristiana e Obiettivo Chaire (una di quelle associazioni che ha fra i suoi obiettivi quello di “guarire” con la preghiera gli omosessuali).
Allora sfidiamolo, questo Salvini! Invece di fare le solite promesse elettorali, che mobiliti subito i governatori di Lombardia e Veneto, con tutti i loro sindaci, ad attuare questi provvedimenti che ritengono così urgenti. È da due anni che aspettiamo che mettano in pratica la violazione del Patto di Stabilità e usino le risorse per il lavoro, la sanità, la piccola e media impresa. È da anni che attendiamo che taglino le tasse a livello locale, rifiutando di tutelare un debito che è con quei grandi agglomerati finanziari e bancari che dicono di voler contrastare. Ha paura di scontentare i burattinai che tirano i suoi fili?