Al centro del IV Congresso c’è la trasformazione del P.CARC in Partito del Governo di Blocco Popolare. Cosa significa? Il P.CARC non partecipa più alle elezioni?
No. Anche se non è tramite le elezioni che le organizzazioni operaie e popolari faranno ingoiare il loro governo d’emergenza ai “poteri forti”, le elezioni restano ancora un momento di riflessione politica delle masse popolari, quindi continueremo a usarle per fare propaganda e organizzare. Cerco di essere sintetico, ma devo per forza fare un passo indietro. Nel 2005, quando ci siamo costituiti in partito, avevamo assunto il compito di promuovere, dirigere e organizzare la mobilitazione delle masse popolari a intervenire nella lotta politica borghese: elezioni e referendum, assemblee elettive, istituzioni, campagne d’opinione, mobilitazioni e scioperi nazionali, ecc. Un intervento, anzi un’irruzione nella lotta politica che servisse ad accrescere l’unità e l’organizzazione delle masse popolari, ad elevarne la coscienza e a combattere l’influenza della borghesia e del clero. Per capirci, non per fare la “sponda politica” delle masse popolari nelle istituzioni della Repubblica Pontificia e farle funzionare un po’ meglio: gli alberi storti non si raddrizzano, vanno tagliati! Ma per sabotare uno dei pilastri su cui si regge il potere della borghesia: la partecipazione delle masse popolari alla lotta politica della borghesia però in posizione subordinata e al seguito di suoi uomini e partiti.
Dal 2005 a oggi le condizioni in cui si svolge la lotta di classe nel nostro paese sono cambiate. Nel 2008 la crisi è entrata nella sua fase acuta e terminale… è uno stato di convulsione permanente delle attività finanziarie che sconvolge su vasta scala l’economia reale e quindi le condizioni di vita e lavoro del grosso della popolazione. Siccome la rinascita del movimento comunista è ancora troppo arretrata per porre come obiettivo immediato il socialismo (la dittatura del proletariato), il (n)PCI ha lanciato la linea del Governo di Blocco Popolare. Dall’inizio del 2013, c’è stato un altro cambiamento che riguarda proprio il teatrino della politica. Quello che dovevamo fare noi comunisti con l’irruzione nel teatrino, la borghesia l’ha compiuto incalzata dall’aggravarsi della crisi e dall’ingresso in Parlamento del M5S.
Puoi spiegare meglio il concetto?
I vertici della Repubblica Pontificia stanno facendo saltare il teatrino della politica. Dopo il successo del M5S nel 2013, sono corsi ai ripari con un golpe bianco in tre atti: il rifiuto di affidare a Bersani, capo del partito di maggioranza, l’incarico di formare il governo, l’imposizione di Letta a capo del nuovo governo e infine il prolungamento del mandato a Napolitano. Con il governo Renzi hanno proceduto a passo di marcia ad esautorare il Parlamento: il governo va avanti a colpi di decreti legge, tagliole e altre manovre. Nella stessa direzione vanno l’eliminazione del Senato elettivo, l’innalzamento degli sbarramenti elettorali, le liste bloccate e tutte le altre misure cosiddette “pro governabilità”. Con Renzi, siamo al terzo governo di seguito che non passa neanche attraverso le elezioni. I rapporti regolati da leggi e norme pubblicamente accettati, a partire dalla Costituzione, sono sempre più sostituiti dal dominio di un pugno di esponenti del capitale finanziario che stravolge le prassi vigenti. Il fatto che nella “ricca” Emilia Romagna alle ultime elezioni abbia votato solo il 37,7 % degli elettori è forse la manifestazione più evidente che il teatrino sta saltando.
Quindi?
Quindi concepire il ruolo del P.CARC come limitato all’intervento nella lotta politica promossa dalla borghesia non è più adeguato alla situazione politica. Il P.CARC deve intervenire in ognuno dei quatto campi in cui si sviluppa la lotta di classe con l’obiettivo di creare le condizioni necessarie a costituire il Governo di Blocco Popolare. Non solo nella lotta politica borghese, ma anche nella lotta contro la repressione e per la solidarietà proletaria, nelle lotte rivendicative e sindacali, nella mobilitazione per creare organismi popolari (economici, sociali e culturali) autonomi dalla borghesia e utili per soddisfare direttamente i bisogni delle masse popolari.
In questo metteremo a frutto quanto abbiamo fatto e imparato con il lavoro di questi ultimi due anni: la campagna “occupare le aziende e uscire dalle aziende”… su Resistenza se ne è parlato molto (anche se per questioni di spazio sempre facendo una selezione). La mobilitazione delle donne delle masse popolari che, per citare solo un aspetto fra tanti, ha aperto un importante processo di assunzione di responsabilità, di studio e formazione fra le compagne di lungo corso e tante giovani che si sono avvicinate. L’inizio di un intervento specifico sui giovani. Le iniziative con cui abbiamo calato nel concreto del partito la riforma morale e intellettuale che i comunisti dei paesi imperialisti devono compiere per essere all’altezza dei loro compiti. Il IV Congresso servirà anche per tirare da tutto questo insegnamenti, criteri, proposte.
A proposito del M5S, ha ancora un ruolo o è finito?
Inizio col dire che rivendichiamo pienamente l’indicazione di voto per il M5S data in passato: in quella fase era la forza che più di ogni altra e apertamente aveva un ruolo di rottura con prassi e regole del teatrino della politica borghese. Come dicevo prima, ha contribuito a far saltare la messa in scena e l’imbroglio con cui la borghesia spaccia le sue autorità, le sue istituzioni, il suo Stato, per Stato del “popolo sovrano”. Quindi, come dire… ha svolto un gran servizio. Ma non ha avuto il coraggio di valorizzare il sostegno che ha raccolto e di usare la posizione che aveva raggiunto per assumere un ruolo positivo, che lo facesse emergere dalle macerie del teatrino della politica borghese. Il risultato è che dalle “barricate al Senato” è passato ad appellarsi a Mattarella per richiamare Renzi…
Del M5S si salveranno le persone e i gruppi che si metteranno ad agire da Comitati di Salvezza Nazionale a ogni livello (di quartiere, di zona o città, di comune, provincia o regione, nazionale: a seconda del raggio d’influenza che hanno). Cioè per sollecitare e spingere le masse popolari a mobilitarsi e organizzarsi, per sostenere le organizzazioni operaie e popolari nelle loro attività, per aiutarle a rafforzarsi e collegarsi, a concepirsi e ad agire come nuove autorità pubbliche. Al di fuori di questo, il M5S è finito: come partito di regime non ha futuro e come partito d’opposizione neanche, perché oggi non c’è più spazio per l’opposizione.
Cambiamo pagina… qualche compagno ha chiesto se partito del Governo di Blocco Popolare significa che il P.CARC non è più un partito di comunisti che lotta per il socialismo?
Siamo e restiamo un partito di comunisti! Siamo e restiamo parte della Carovana del (nuovo)Partito comunista italiano, riconosciamo al (n)PCI il ruolo di dirigente della guerra popolare rivoluzionaria che instaurerà il socialismo nel nostro paese. Ci assumiamo il compito di attuare una parte della sua strategia: creare le condizioni perché le organizzazioni operaie e popolari costituiscano un loro governo d’emergenza.
La costituzione del Governo di Blocco Popolare è uno strumento della lotta per instaurare il socialismo. E’ un modo per allargare la formazione di organizzazioni operaie nelle aziende capitaliste, di organizzazioni popolari nelle aziende pubbliche, di organizzazioni territoriali e tematiche in ogni zona, ambito e contesto, per rafforzare la loro azione e la loro coscienza come nuove autorità pubbliche, per arrivare in condizioni più favorevoli allo scontro decisivo con la borghesia e il suo clero.
… ma anche per rimediare agli effetti più gravi della crisi, quindi misure favorevoli alle masse popolari…
Certo, anzi è l’unico modo per iniziare a farlo. Dal 2008 in qua non c’è governo che non abbia giurato che avrebbe fatto fronte alla crisi. Monti e la Fornero versavano lacrime per i sacrifici che imponevano (alle masse popolari), Renzi invece semina sorrisi, promesse e “fuochi d’artificio”, ma il risultato non cambia: la crisi continua ad aggravarsi, i ricchi diventano sempre più ricchi mentre per la massa della popolazione la vita è più stentata e precaria.
Un governo che si forma per iniziativa delle organizzazioni operaie e popolari, che risponde a loro e non ai circoli della finanza e degli affari, che mette le esigenze delle masse sopra le pretese e le regole della comunità internazionale e si fonda sulla loro azione e iniziativa, è l’unico modo per iniziare davvero a rimediare agli effetti peggiori della crisi.
Ma bisogna intendersi. Non è che con le misure d’emergenza del Governo di Blocco Popolare il PIL riprenderà a crescere e le cose “torneranno a posto”… il PIL può crescere anche se aumenta la disoccupazione, se chi ha un lavoro deve ammazzarsi di lavoro (come a Melfi e a Pomigliano per capirci: lavoro straordinario e sabati lavoratori per chi è in fabbrica mentre migliaia di operai sono in cassa), se il territorio è devastato da opere speculative, se la gente non può pagarsi le cure mediche. Nei servizi pubblici è particolarmente evidente che crescita del PIL e benessere delle masse popolari vanno in direzioni diverse: la privatizzazione dei servizi pubblici, cioè la loro trasformazione in servizi a pagamento (in merci come tutte le altre) fa crescere il PIL, ma impedisce a un numero crescente di persone di usufruire di cure mediche, istruzione, trasporti e delle altre condizioni della vita civile.
Il periodo del Governo di Blocco Popolare sarà ancora principalmente un periodo di sconvolgimenti, di distruzione del vecchio ordinamento sociale che soffoca le masse popolari. Però le lotte e l’attività delle masse popolari saranno già principalmente orientate da un obiettivo costruttivo: un sistema di relazioni sociali non più guidato dalla produzione di profitti, ma dal benessere della popolazione.
In che senso?
Misure d’emergenza come la sospensione del pagamento dei mutui bancari e degli affitti alle immobiliari e a tutti i grandi proprietari di immobili o il sostegno alle iniziative dei lavoratori per riprendere la produzione nelle aziende che i padroni chiudono o la stabilizzazione dei precari a partire dalla Pubblica Amministrazione, andranno attuate, consolidate ed estese e sarà una lotta. Daranno inevitabilmente luogo a contraddizioni tra settori delle masse e a degli inconvenienti che dovremo imparare a trattare in modo costruttivo… i vertici della Repubblica Pontificia ne approfitteranno per soffiare sul fuoco del “ritorno al normale corso delle cose”. Per abolire il debito pubblico, cioè smettere di pagare gli interessi e le rate in scadenza alle banche, alle finanziarie, ai fondi d’investimento (tutelando quella parte delle masse popolari che ha risparmi in BOT e CCT) bisognerà essere decisi a far fronte all’opposizione, al sabotaggio, ai ricatti dei padroni, del Vaticano, delle organizzazioni criminali e della loro comunità internazionale… basta vedere le manovre per scalzare il governo Maduro in Venezuela o i ricatti e le pressioni a cui è sottoposto il governo Tsipras in Grecia. Quindi, ad esempio, prepararsi a bloccare i conti correnti dei ricchi e a mettere sotto controllo o direzione pubblica le banche e le istituzioni finanziarie operanti sul suolo italiano mobilitando e organizzando prima di tutto i lavoratori delle banche e delle istituzioni finanziarie stesse.
Sarà una lotta e una scuola. Una lotta che insegnerà alle masse popolari che, per non essere travolte dalla crisi del capitalismo e non essere usate dalla comunità internazionale per le sue guerre, bisogna andare fino in fondo: abolire completamente la proprietà privata delle grandi aziende e togliere ai borghesi ogni libertà, instaurare la dittatura del proletariato e un’economia pianificata. E una scuola, attraverso cui le masse popolari impareranno a dirigere il paese, a diventare nuova classe dirigente di un paese nuovo, di un paese socialista.
Il governo Tsipras ha qualcosa di simile al Governo di Blocco Popolare che il P.CARC promuove?
Anche il governo Tsipras è in una certa misura una risposta popolare agli effetti della crisi. La vittoria elettorale di Syriza ha le radici piantate nel ruolo che la coalizione ha avuto nelle mobilitazioni contro l’austerità e la Troika dal 2008 a oggi (non si è limitata alla testimonianza) e nell’esistenza di un influente partito comunista, il KKE.
Però la differenza è sostanziale. Il Governo di Blocco Popolare ha come promotore un partito che ha l’obiettivo di instaurare il socialismo e quindi non considera il Governo di Blocco Popolare un punto d’arrivo, ma un gradino. Invece per Syriza il governo Tsipras è il governo più vicino ai bisogni delle masse popolari, più favorevole… e quindi diventa come un lungo corridoio, tanto lungo che sconfina nell’accomodamento con i gruppi imperialisti. Il Governo di Blocco Popolare non è il governo di una fase transitoria (una sorta di “terza via”) in cui non c’è ancora il socialismo, ma non ci sono più i mali del capitalismo. Tenere assieme “il diavolo e l’acqua santa” (passatemelo, siamo una Repubblica Pontificia!) non è possibile.
Concretamente?
Il Governo di Blocco Popolare è il governo d’emergenza delle masse popolari. Nasce a seguito del diffondersi e del rafforzarsi delle organizzazioni operaie e popolari, sono loro che lo fanno ingoiare ai vertici della Repubblica Pontificia e sono loro che “mettono a contribuzione” i vari Landini, Cremaschi, Bernocchi e gli altri dirigenti della sinistra sindacale, i sinceri democratici (persone come Gino Strada, per intenderci), i dirigenti della sinistra borghese come ministri, esperti, amministratori, ecc. All’interno il Governo di Blocco Popolare ha il compito di dare forma e forza di leggi nazionali alle (e quindi di coordinare le) misure che le organizzazioni operaie e popolari indicano caso per caso per rimediare alla crisi, è al servizio delle organizzazioni operaie e popolari che sono le autorità pubbliche locali e i suoi agenti locali (analogamente a come ora le amministrazioni locali, i prefetti, i questori, ecc. sono le autorità pubbliche locali e gli agenti del governo centrale). All’esterno il Governo di Blocco Popolare deve far fronte a manovre tipo quelle cui sono sottoposti i cosiddetti “Stati canaglia”. Quindi è un protagonista della lotta di classe. Il suo programma (le sei misure) è un programma di guerra, perché questa è la realtà con cui si costruirà e si svilupperà la sua attività. Nascere così significa darsi i mezzi della propria politica. Il governo Tsipras invece non si sta occupando di darsi i mezzi della propria politica: rafforza la destra (vedi l’elezione di Pavlopoulos a nuovo Presidente della Repubblica) nell’illusione di conquistarne la benevolenza anziché mobilitare e organizzare le masse popolari. Così è un governo impotente… Ha conquistato l’investitura parlamentare approfittando della crisi del sistema politico greco, ma ora deve chiedere e contrattare la benevolenza dei gruppi imperialisti che strozzano il popolo greco e della reazione interna.
Eppure a sinistra in tanti guardano alla vittoria di Syriza come un esempio, cosa non va in queste speranze?
La crisi politica in cui sono infognati i vertici della Repubblica Pontificia costringe tutti quelli che in qualche modo hanno la falce e il martello nel cuore a posizionarsi in uno dei due campi concretamente possibili.
Fare l’ala di sinistra dello schieramento borghese, costruendo cartelli elettorali per presentarsi alle elezioni politiche e amministrative con l’obiettivo di partecipare o sostenere un governo o uno schieramento politico che rimane comunque espressione dei vertici della Repubblica Pontificia, lanciando campagne e iniziative, agitando rivendicazioni che sono richieste e pressioni (per quanto a volte radicali) perché il governo faccia quello che non vuole, ma soprattutto non può fare…
Creare le condizioni perché le masse popolari organizzate agiscano da nuove autorità pubbliche che affrontano da subito con misure d’emergenza un periodo di lotte accanite e decisive, nel corso delle quali per l’azione combinata dei comunisti e delle esigenze della lotta comune avanzerà la rinascita del movimento comunista, lotte che sfoceranno nella costituzione di un loro governo d’emergenza, strumento per avanzare nella lotta per il socialismo. Il P.CARC indica ai compagni della base rossa questa seconda via come una prospettiva, un compito e una via chiara, realistica e costruttiva per affrontare la situazione, per farla finita con la dispersione, frammentazione e demoralizzazione e chiama questi compagni e gli aspiranti comunisti, consapevoli che bisogna far fronte al catastrofico procedere della crisi del capitalismo, a unirsi nelle file del P.CARC per lottare alla costituzione del Governo di Blocco Popolare.
Se mi chiedi cosa non va nelle speranze di chi guarda alla Grecia e a Syriza come una prospettiva per il nostro paese, ti rispondo che sono speranze senza alcun presupposto oggettivo. Nella storia del nostro paese, in particolare dopo la vittoria della Resistenza in Italia con il governo Parri (1945), ma anche con i governi del Fronte Popolare in Francia (1936-1937) e in Spagna (1936-1939) abbiamo già visto dove porta la concezione di tutti quelli che sono arrivati a costituire governi più favorevoli alle masse popolari senza però un piano per andare oltre, senza essersi dati i mezzi per andare oltre, per ricavare da quelle forme di governo quello che era possibile ricavare per avanzare nella lotta per il socialismo.
Un’ultima domanda sulla relazione fra P.CARC e (n)PCI. Rivendicare l’appartenenza alla Carovana, dire che il Governo di Blocco Popolare è uno strumento per sviluppare la guerra popolare rivoluzionaria… tutto questo non presta il fianco alla repressione e alla criminalizzazione da parte delle Autorità?
Confondere in un tutt’uno (n)PCI e P.CARC, sostenendo la teoria del cosiddetto “doppio livello” per cui il P.CARC sarebbe la struttura legale del (n)PCI clandestino, rientra nelle macchinazioni e provocazioni della borghesia e dei suoi apparati polizieschi che fanno parte della lotta tra le due classi, sono armi che la borghesia usa per cercare di ostacolare la rinascita del movimento comunista, per contrastare la riorganizzazione dei comunisti e il loro legame con operai ed elementi delle masse popolari … Non è casuale che appena andiamo a dare un volantino o con Resistenza davanti ad una fabbrica arriva la polizia. La Carovana ha una ricca esperienza di resistenza e lotta alla repressione, nel corso della quale ha messo a punto la linea del “processo di rottura” (rompere con le regole e la prassi imposte dalla borghesia e dalle sue istituzioni, trasformarsi da accusati in accusatori), della “lotta su due gambe” (mobilitazione delle masse popolari e intervento sulle contraddizioni tra gruppi borghesi) e dello sviluppo della più ampia e articolata solidarietà politica, economica e morale con i compagni colpiti dalla repressione (solidarietà di classe a prescindere dalle divergenze ideologiche e politiche, no alla divisione tra “buoni e cattivi”).
C’è un altro aspetto. Spesso non solo i poliziotti, ma anche i dirigenti dei sindacati di regime e dei partiti della sinistra borghese vanno ad “avvertire” i lavoratori che si avvicinano a noi che “siamo collegati a una struttura clandestina”, che siamo “contigui alle BR” e simili. Voglio solo dire una cosa: la lotta di classe è una guerra, il partito comunista che vuole dirigerla fino alla vittoria non può usare gli strumenti che il nemico di classe gli consente di usare, non può vivere e operare nei limiti che il nemico di classe gli consente, ma deve essere autonomo organizzativamente, politicamente, ideologicamente dalla borghesia (quindi clandestino).
Per capire la relazione fra P.CARC e (n)PCI bisogna partire da ciò che ci differenzia. La pratica politica del P.CARC è la creazione delle condizioni per la costituzione del Governo di Blocco Popolare e l’elevazione della coscienza che bisogna instaurare il socialismo, mentre il (n)PCI si pone il compito dell’instaurazione del socialismo e della transizione al comunismo. La costituzione del Governo di Blocco Popolare è uno strumento di questo percorso e non necessariamente l’unico possibile. La costituzione del Governo di Blocco Popolare è la via meno distruttiva, stante l’attuale debolezza del movimento comunista, per avanzare nella lotta per il socialismo nel nostro paese. Se non si realizzerà, la lotta per il socialismo si farà strada con la lotta più impegnativa e distruttiva contro la mobilitazione reazionaria.
Cambiare il corso delle cose è possibile. Ma sono i lavoratori organizzati e il resto delle masse popolari che lo possono fare con un loro governo d’emergenza che rimedi da subito almeno agli effetti più gravi della crisi con misure d’emergenza.
1. Assegnare a ogni azienda compiti produttivi (di beni o servizi) utili e adatti alla sua natura, secondo un piano nazionale (nessuna azienda deve essere chiusa);
2. distribuire i prodotti alle famiglie e agli individui, alle aziende e ad usi collettivi secondo piani e criteri chiari, universalmente noti e democraticamente decisi;
3. assegnare ad ogni individuo un lavoro socialmente utile e garantirgli, in cambio della sua scrupolosa esecuzione, le condizioni necessarie per una vita dignitosa e per la partecipazione alla gestione della società (nessun lavoratore deve essere licenziato, ad ogni adulto un lavoro utile e dignitoso, nessun individuo deve essere emarginato);
4. eliminare attività e produzioni inutili o dannose per l’uomo o per l’ambiente, assegnando alle aziende altri compiti;
5. avviare la riorganizzazione delle altre relazioni sociali in conformità alla nuova base produttiva e al nuovo sistema di distribuzione;
6. stabilire relazioni di solidarietà, collaborazione o scambio con gli altri paesi disposti a stabilirle con noi.
Sono misure che possono essere attuate solo da un governo che è legittimo (anche se non è legale, secondo le procedure dei golpisti alla Napolitano) perché agisce su mandato delle organizzazioni operaie e popolari, risponde a loro del proprio operato, si fonda su di esse per far applicare i suoi provvedimenti e stroncare ogni tentativo di sabotarne l’attività.