Presentazione del Manuale di Autodifesa legale

 

Il 31 gennaio abbiamo tenuto la presentazione del Manuale di Autodifesa Legale presso il circolo Notti Rosse di Casalgrande (RE). L’iniziativa è stata organizzata dalla sezione locale del PRC come azione di solidarietà di classe con gli antifascisti di Reggio Emilia colpiti dalla repressione, tra cui il nostro compagno Mattia Cavatorti oggetto di due procedimenti giudiziari per aver partecipato ad una manifestazione contro la Lega Nord e per aver fatto una scritta contro Casapound (in quella occasione la polizia per “fermarlo” gli ha sparato alla ruota dell’auto!).

Al dibattito è seguita una cena molto partecipata (c’erano più di 100 persone) animata da canti, slogan, confronti e scambi di esperienza tra compagni. Una parte del ricavato è stato devoluto per il pagamento delle spese legali. Nel corso dell’iniziativa il segretario della sezione del PRC ha avanzato la proposta di costruire una rete tra le varie realtà della zona per mettere in campo iniziative comuni, proposta che abbiamo subito raccolto. Inoltre, alcuni compagni di altre sezioni del PRC presenti all’iniziativa hanno accolto positivamente la nostra proposta di organizzare assieme altre presentazioni del Manuale di Autodifesa Legale.

E’ stata un’iniziativa bella e ben riuscita, che ha dato un contributo alla costruzione di un fronte comune contro la repressione (ma non solo) e ha aperto nuovi campi di intervento per il nostro Partito e mi ha permesso di ricavare degli insegnamenti su cui mi voglio concentrare.

Il dibattito era sulla repressione. Data la composizione dei partecipanti, compagni che hanno la bandiera rossa nel cuore, abbiamo pensato di non limitarci, nell’introduzione, a trattare del Manuale di Autodifesa Legale, ma di inserire anche elementi sul bilancio del vecchio movimento comunista in modo da aprire il campo a ragionamenti su temi più ampi. Insomma non ci siamo limitati al “minimo comune denominatore”, ma abbiamo provato a volare più in alto; in particolare abbiamo messo in luce la connessione tra l’affermazione nel PCI dei revisionisti moderni capeggiati da Togliatti e la diffusione del legalitarismo (subordinazione e sottomissione alla legge borghese) nel movimento popolare del nostro paese.         I revisionisti moderni portavano avanti la linea della “via parlamentare al socialismo” (trasformare il capitalismo in socialismo, pacificamente, riforma dopo riforma), che poggiava sulla concezione interclassista dello “Stato al di sopra delle classi” (anziché strumento di oppressione di una classe sulle altre, monopolio della violenza da parte della classe dominante) e su un’analoga visione “imparziale” della legge. E’ questa base ideologica che ha alimentato la diffusione del legalitarismo nel movimento popolare (chiaramente non di punto in bianco, ma per tappe, è stato un processo), facendosi forza del fatto che la sinistra interna al PCI non aveva una giusta analisi della situazione e tanto meno aveva una strategia e una linea per costruire la rivoluzione, questo l’ha resa impotente. 

Questi elementi inseriti nell’introduzione hanno permesso che alcuni compagni del PRC intervenissero ponendo l’attenzione su cosa bisogna fare qui ed ora per alimentare la rinascita del movimento comunista. Ciò ha arricchito ed elevato il dibattito.

Questi compagni sono intervenuti a loro modo, con le loro parole e con la loro concezione del mondo. Uno di loro ha detto “per aggregare le persone bisogna concentrarsi sull’antifascismo, che è una cosa che le persone comprendono e sentono fortemente in questa zona! Solo poi, in un secondo momento, possiamo parlare di altro, di quale mondo costruire e come: se lo facciamo subito la gente scappa”. Un altro compagno ha detto “io voglio il socialismo per i miei figli, per il loro futuro, è un’aspirazione anche cattolica per certi versi. E’ difficile, certo, ma moralmente giusto ed è quindi necessario cimentarsi nell’opera”. Se ci fossimo fermati a vedere “il bicchiere mezzo vuoto” (solo gli aspetti negativi) di questi interventi avremmo detto che il primo compagno “è uno che concepisce le masse popolari come massa di manovra, che bisogna quasi ingannarle per riuscire ad aggregarle e a mobilitarle” e per il secondo “è un catto-comunista che concepisce il socialismo come un ideale astratto, come una cosa morale e non come la direzione verso cui la società borghese oggettivamente va e che per affermarsi necessità però dell’azione dei comunisti”. Avremmo quindi liquidato il problema bollandoli come arretrati.

In realtà questi compagni chiedevano cosa fare per contribuire alla rinascita del movimento comunista. E ne abbiamo avuto la conferma quando nelle conclusioni abbiamo risposto alle loro domande implicite non parlando più di repressione ma della natura della crisi, della lotta per difendere e creare posti di lavoro, della linea “occupare le fabbriche e uscire dalle fabbriche”, di portare le organizzazioni operaie e popolari ad agire come nuove autorità pubbliche e di amministrazioni locali d’emergenza.

Sviluppando questi ragionamenti, per quanto sinteticamente, si sono aperte le porte per organizzare altre iniziative comuni.

 Esiste un filo conduttore tra il non essere minimalisti (ad esempio in questo caso limitarci a parlare solo di repressione) e il non fermarsi sul modo con cui un compagno esprime un concetto, concentrandoci invece su quello che vuol dire, sulla domanda o le domande che implicitamente pone.

 “Ogni uomo è filosofo”, cerca di comprendere la realtà che vive e la via da percorrere. Se teniamo presente questo aspetto vediamo che si aprono grandi praterie per il nostro intervento. Con i compagni che hanno la bandiera rossa nel cuore e che cercano una via per avanzare uscendo dalle secche dell’elettoralismo e delle lotte rivendicative-sindacali bisogna “osare” trattare dei motivi per cui il vecchio movimento comunista è stato sconfitto, della via da seguire qui ed ora e di che cos’è il socialismo. Dico che dobbiamo “osare” perché ancora ci auto-censuriamo molto (e io in questo ci rientro in pieno) per una forma di sfiducia e chiusura mentale che porta a pensare che “certi discorsi li possiamo fare solo tra di noi”. Come se non fossero scienza, ma opinioni. Chi ha scoperto la forza di gravità perché deve aver il timore di illustrare la sua scoperta a chi si chiede perché la mela cade? Se lo fa non pone forse le basi per spingerlo in avanti, per elevare la sua coscienza e la sua azione, per conquistarlo? La verità è rivoluzionaria!

Il responsabile del settore organizzazione

carc

 

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