Due lezioni dalla biografia di Giorgio Napolitano

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Napolitano impersona sia l’estremo approdo della degenerazione del vecchio e glorioso Partito comunista italiano sia la violazione ipocrita e pretesca della Costituzione ai danni del popolo (la violazione propria della Repubblica Pontificia fin dalla sua instaurazione alla fine degli anni ’40, quello che fa dell’Italia un paese “anormale”).

Dall’esperienza di Napolitano i comunisti possono ricavare importanti insegnamenti per il loro lavoro interno e per quello verso le masse popolari.
Devono imparare cosa non fare, cosa non tollerare nelle proprie file. Perché come tutti i traditori, Napolitano non era tale “fin dalla nascita”, “per natura”: traditori non si nasce, lo si diventa. Lo è diventato perché nel vecchio PCI la sinistra, quella parte che era sinceramente e senza riserve per l’instaurazione del socialismo, non conduceva la lotta contro l’influenza della borghesia e del clero nelle file del partito, la “lotta tra le due linee”, con sufficiente lungimiranza e determinazione, con scienza e coscienza. Quella lotta di cui Lenin e Stalin, i dirigenti della prima rivoluzione vittoriosa, sono stati maestri, quella lotta che Gramsci ci ha mostrato all’opera nel breve periodo (1924-1926) in cui ha diretto il partito e a cui, infine, Mao Tse-tung ha dato nome e rango di strumento essenziale di difesa e sviluppo del partito comunista. La lotta tra le due linee nel partito comunista è infatti uno dei sei grandi apporti del maoismo al movimento comunista (su questo consigliamo vivamente ai nostri lettori lo studio dell’articolo L’ottava discriminante, pubblicato su La Voce del (n)PCI n. 41 e reperibile sul sito www.nuovopci.it).
Napolitano non appartiene alla schiera di quei personaggi che hanno fatto carriera grazie al movimento proletario, comunista e prima socialista e poi lo hanno tradito apertamente, il cui campione più celebre è stato Benito Mussolini. Appartiene piuttosto a quella schiera di personaggi che hanno fatto carriera grazie al movimento proletario e lo hanno tradito dall’interno, ingannando e trafficando con la borghesia (la schiera a cui appartengono, ad esempio, personaggi alla Scheidemann e alla Gorbaciov).
Proprio per questo il suo caso è particolarmente utile per tutti quelli che vorrebbero ricostruire il partito comunista semplicemente riprendendo a fare come faceva il vecchio PCI sotto la direzione di Togliatti e di Berlinguer, per i promotori o seguaci degli appelli “unire i comunisti”, “ricostruire il partito comunista” e simili, fino ai membri di Comunisti Sinistra Popolare – Partito Comunista di Marco Rizzo. Il proposito di questi compagni anche se sincero, è illusorio: non raggiungeranno il risultato che dichiarano perché la via che si propongono di seguire non esiste, è una dispersione di forze e di risorse. E’ illusorio perché il PCI non è nato né è diventato forte grazie alla direzione di Togliatti e di Berlinguer. Grazie alla lotta contro il fascismo e alla Resistenza il PCI è diventato il centro dirigente e il “sistema nervoso” del proletariato italiano, è diventato un partito comunista grande e forte. Togliatti e Berlinguer prima lo ridussero all’impotenza, facendone un guscio vuoto, poi lo condussero alla rovina.

Napolitano è entrato nel PCI nel 1945 quando aveva vent’anni, e proveniva non dalle file della Resistenza contro il nazifascismo ma dalla Gioventù universitaria fascista. Ha fatto una rapida e ininterrotta carriera nel PCI diretto da Togliatti e poi da Berlinguer (con il breve intermezzo di Longo di cui per due anni, dal 1966 al 1968, Napolitano fu addirittura di fatto il vice): deputato nel 1953, membro del Comitato Centrale nel 1956, coordinatore dell’Ufficio politico nel 1966, responsabile della politica culturale nel 1969, responsabile della politica economica nel 1976, presidente del gruppo dei deputati alla Camera nel 1981, dirigente della commissione per la politica estera e le relazioni internazionali nel 1986, parlamentare europeo nel 1989. Fece carriera nel PCI grazie ai revisionisti moderni alla Togliatti: loro ufficialmente proclamavano le formule e le parole d’ordine del comunismo e mantenevano il legame con il movimento comunista internazionale, mentre portavano il Partito e la classe operaia all’impotenza e all’inclusione nella Repubblica Pontificia.
Napolitano con la sua corrente, la corrente dei “miglioristi”, prima sotto banco e poi sempre più apertamente, divenne fautore della liquidazione del PCI e della fusione con il PSI di Craxi, divenne ben presto il pupillo degli imperialisti americani e il loro tramite nel PCI (fu il primo dirigente del PCI ad avere il visto d’ingresso negli USA, negli anni ’70 del secolo scorso). Ma neanche allora la sinistra del PCI lo smascherò e lo combatté apertamente fino a isolarlo ed espellerlo, recuperando i suoi seguaci determinati a correggersi. I fautori della ricostruzione del partito comunista come il vecchio PCI, devono andare a fondo sul caso di Napolitano. Nel PCI Napolitano era l’antesignano e il portavoce della sinistra borghese e i revisionisti moderni se lo sono covati in seno, hanno lasciato che “prosperasse” con il favore e le risorse della borghesia imperialista e del clero vaticano, di cui divenne la carta di riserva. Tanto che, quando scoppiò Tangentopoli, Napolitano e la sua corrente di “miglioristi” non vennero toccati, benché fossero coinvolti fino al midollo nel sistema di corruzione democristiano e craxiano. Napolitano fece anzi un balzo in avanti: divenne il negoziatore per l’ingresso della mafia e delle organizzazioni criminali nel governo, tramite Berlusconi e la sua banda. Fu il celebre “accordo Stato-Mafia” che è diventato (come le stragi di Stato) uno degli scheletri nell’armadio della Repubblica Pontificia, in cui pescano tutti i mestatori, i ricattatori e i protagonisti italiani ed esteri della guerra per bande che dilania i vertici della Repubblica Pontificia.
Elevato grazie a questi precedenti al rango di Presidente della Repubblica Pontificia nel 2006, Napolitano ha portato all’estremo la violazione sistematica della Costituzione e delle leggi. La Repubblica Pontificia era nata su una Costituzione di buoni propositi e programmi, che apriva le porte persino alla trasformazione socialista del nostro paese. Negli anni in cui venne redatta il movimento comunista era forte, la sua egemonia tra le masse popolari irresistibile. La borghesia imperialista e il Vaticano, con i loro consiglieri italiani ed esteri, accettarono sulla carta cose che non avevano alcuna intenzione di fare. L’importante era riprendere e mantenere nelle proprie mani le leve essenziali del potere. Tutta la storia della Repubblica Pontificia è fatta di violazioni e di non adempimenti dei dettati della Costituzione utili alle masse popolari. L’asservimento del paese agli USA tramite la NATO e direttamente ne è la manifestazione plateale.
Napolitano ha portato questo sistema a vertici che non aveva ancora raggiunto, neanche con Segni (1962-1964) e con Kossiga (1985-1992). Non solo ha continuato ed esteso la partecipazione del nostro paese alle guerre ordinate e dirette dai gruppi imperialisti USA, ma ha favorito l’adattamento dell’apparato produttivo del nostro paese all’industria bellica e al riarmo NATO e direttamente USA. Non c’è misura antioperaia e antipopolare che Napolitano non abbia avallato se non promosso. Perfino le forme della democrazia borghese (le leggi elettorali, le procedure, ecc.) sono state messe sotto i piedi con la firma di Napolitano. Gli interessi del Vaticano e della criminalità organizzata sono stati non solo rigorosamente protetti, ma si sono rafforzati: oggi la criminalità organizzata è estesa a tutto il paese e all’estero. Le imposizioni della comunità internazionale dei gruppi imperialisti americani, sionisti ed europei sono diventate leggi.

E’ la violazione sfrontata sebbene ipocrita di Costituzione e leggi l’aspetto della carriera di Napolitano che dobbiamo sistematicamente contrapporre a tutti i fautori della legalità, a tutti quelli che mettono le leggi davanti alla lotta di classe e alla conquista del potere. Noi viviamo ancora in un mondo di lupi, anche se sono lupi che hanno imparato a non ringhiare quando non gli conviene. Per portare l’umanità fuori da questo mondo, per porre fine alla miseria e alla guerra, dobbiamo porre fine alla divisione in classi e all’oppressione dei popoli: dobbiamo instaurare il socialismo. Dobbiamo mobilitare e organizzare le masse popolari e portarle a combattere l’ultima vittoriosa guerra: quella contro la borghesia imperialista e il suo clero.
Napolitano è stato sorpreso e travolto dallo scontro crescente tra UE e USA prodotto dalla seconda crisi generale del capitalismo e dall’avvento di Bergoglio e dei Gesuiti alla testa della Corte Pontificia. Da qui le sue ultime mosse scomposte. Da qui il colpo di mano agli ordini dell’Unione Europea per estromettere Berlusconi dal governo nel 2011 e la successione di colpi maldestri: l’insediamento di Monti al governo, il fallimento delle elezioni del 2013 a causa del successo del M5S e delle astensioni non previste, lo sgambetto a Bersani e la fallimentare investitura di Letta, l’avvento di Renzi. L’ingloriosa carriera di Napolitano finisce nel fallimento, ma è un fallimento dorato e con l’onore delle armi, come per Andreotti, al modo che si usa nella Corte Pontificia.

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