Emergenza casa: se non lo fanno le istituzioni sono le organizzazioni popolari che devono applicare la Costituzione

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I dati di cosa si intende per emergenza abitativa sono un bollettino di guerra, in crescita costante dal 2008, con l’entrata della crisi nella fase terminale. Riportiamo gli esempi più significativi: oltre diecimila sentenze per fine locazione a Roma, 4500 a Napoli e 4000 a Milano. Il 70% di queste famiglie avrebbe i requisiti di reddito e sociali (anziani, minori, portatori di handicap) previste dalla legge per la proroga ma il governo Renzi – Berlusconi mette fine alle proroghe del blocco degli sfratti con buona soddisfazione di Confedilizia e degli affaristi del mattone. Ogni giorno sono 140 gli sfratti eseguiti con la forza pubblica.

In un contesto di crescente mobilitazione per il diritto alla casa e in un clima di crescente tensione anche i sindaci di Roma, Napoli e Milano fanno un appello al governo affinchè faccia un passo indietro per non aggravare la situazione.

La storia (anche recente) insegna che per trovare soluzioni, gli amministratori locali non possono limitarsi a chiedere al governo centrale (tanto meno oggi, che gli enti locali sono sempre più costretti a svolgere il ruolo di esattori delle tasse e a mettere pezze dove e come riescono nel generale quadro di tagli ai servizi sociali). In verità insegna che non occorre neppure essere comunisti e rivoluzionari per prendere misure adeguate allo stato d’emergenza. In certi casi è bastato il buon senso di applicare leggi esistenti.
E’ il caso del sindaco di Firenze Giorgio La Pira che nel 1953 di fronte al problema della casa e all’elevato numero di sfratti tenta due strade. La prima è quella di chiedere ai proprietari immobiliari di graduare gli sfratti, ma poiché la richiesta viene respinta, chiede di affittare al Comune un certo numero di abitazioni non utilizzate in modo che il Comune possa assegnarle. Di fronte all’ulteriore rifiuto riesuma una legge del 1865 che dà la facoltà al Sindaco di requisire alloggi in presenza di gravi motivi sanitari o di ordine pubblico in virtù della quale emette l’ordinanza di requisizione degli immobili stessi.
Sebbene il provvedimento gli valse l’appellativo di comunista bianco, La Pira era democristiano e fervente cattolico (appartenente all’Istituto Secolare dei Missionari della Regalità, servo di dio per la Chiesa cattolica), animato certo da un forte senso di solidarietà (interviene anche in difesa dei posti di lavoro delle Officine Pignone e delle Officine Galileo), “stimolato” dalla mobilitazione popolare, il vero fattore propulsivo dell’ordinanza. Che infatti recita: “la gravità della situazione è tale che si sono verificati episodi di sfrattati che hanno portato i loro mobili nella sede comunale tanto che il fatto ha avuto eco anche in un giornale cittadino, con conseguenza evidente di far sorgere una sempre maggiore tensione nello stato d’animo non solo degli sfrattandi, ma anche dei privati cittadini verso questa pubblica Amministrazione ritenuta incapace di soddisfare anche precariamente a un diritto fondamentale del cittadino quale quello ad una abitazione”.
Nel 2007 Sandro Medici, Presidente di Municipio a Roma, su spinta dei movimenti di lotta per la casa, requisisce con un’ordinanza più di 200 appartamenti sfitti da assegnare alle famiglie sotto sfratto e senza nuova assegnazione (o in assenza di proroga). Questo provvedimento (e altri similari) gli è costato la denuncia per reato di “usurpazione di pubbliche funzioni”, ma la sentenza del Tribunale di Roma, nel 2011, ha stabilito che requisire appartamenti sfitti per contrastare l’emergenza abitativa non è reato, confermando quanto già stabilito in un caso analogo dalla Corte di Cassazione nel 2007.
Nel 2014 il sindaco di Cosenza requisisce un hotel di proprietà delle Ferrovie dello Stato per alloggiare i Rom e arginare il degrado in cui erano costretti a vivere. Non si tratta di un sovversivo, e nemmeno di un individuo dallo spiccato senso democratico, ma di un esponente dell’UdC sostenuto in questa iniziativa dal NCD, il partito del Ministro dell’Interno, Alfano.

Perché Marino, Pisapia, De Magistris si fermano alle implorazioni al governo? Il loro operato fino a oggi è stato di tacito consenso alla linea del governo Renzi (al massimo con qualche lamento e con qualche forzatura nel campo dei diritti civili), ma questa linea (oltre a non ottenere alcun risultato) non garantisce loro nessun “riparo” dalle attenzioni e dagli attacchi del governo (il tentativo di defenestrare De Magistris e la campagna per silurare Marino lo dimostrano). Devono amministrare città in cui cresce lo stato di agitazione per gli effetti della crisi, di cui l’emergenza abitativa è solo uno fra gli altri. Per il movimento di lotta per la casa questa situazione è piena di potenzialità. Non si tratta solo di portare i mobili negli uffici comunali (come a Firenze nel 1953), occupare i Municipi e gli edifici pubblici, opporre una fiera resistenza agli sgomberi (cioè non significa solo procedere con più lotte), ma di assumere il ruolo di nuove autorità popolari: mappare gli edifici inutilizzati e renderli noti, fare assegnazioni dal basso, coordinare le esperienze di occupazione e autogestione, organizzare i lavori di ristrutturazione degli alloggi lasciati alla malora… costringere gli amministratori a far valere la Costituzione iniziando ad applicarla direttamente di fronte ai loro tentennamenti.

Articolo 42 della Costituzione

La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, a enti o a privati.

La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.

La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d’interesse generale.

La legge stabilisce le norme e i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità.

 

 

 

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