Controsemestre popolare. Elementi di bilancio, perché la campagna nazionale è stata un flop?

Nel periodo di aprile-maggio del 2014 il grosso dei promotori (Usb, Cobas, Rete 28 Aprile-CGIL, Giorgio Cremaschi-Ross@, Rete dei Comunisti, Sinistra Anticapitalista, Militant-Rete Noi Saremo Tutto) delle numerose mobilitazioni popolari degli ultimi anni (dal Comitato No Debito al No Monti day, fino alla due giorni del 18-19 ottobre 2013) hanno lanciato l’appello per la costruzione di una campagna di mobilitazioni articolate e congiunte da condurre in concomitanza con la Presidenza italiana del Consiglio Europeo (luglio-dicembre 2014): “un Controsemestre popolare del lavoro, dei diritti sociali, dei Beni comuni e della democrazia, che si contrapponga ai contenuti liberisti del governo Renzi e dell’Unione Europea per tutta la durata del semestre italiano”.
Era una spinta positiva a superare il vicolo cieco delle “grandi scadenze a raffica” (saltare da una manifestazione all’altra) e costruire un percorso in grado di avere maggiore incisività, continuità, capacità di sviluppo nel paese. I promotori del Controsemestre popolare prendevano atto che saltare da una grande manifestazione all’altra portava alla dispersione delle forze che rispondevano ai loro appelli alla mobilitazione.

Si trattava di un importante passo in avanti in termini di orientamento e linea, un passo da sostenere, incoraggiare, rafforzare, tradurre realmente in guida per l’azione (in misure pratiche e conseguenti) e a cui farne seguire un altro: smetterla di chiedere alle volpi di controllare le galline, di chiedere al Governo e alle altre Autorità della Repubblica Pontificia con “le buone” (preghiere, consigli, petizioni, interpellanze) o con le cattive (grandi mobilitazioni, dure lotte rivendicative) un cambiamento della loro “agenda politica”, ma sostenere, guidare e mobilitare le organizzazioni operaie e popolari nell’adozione qui ed ora delle misure necessarie e possibili per iniziare a far fronte agli effetti peggiori alla crisi (occupare le aziende chiuse e riavviare la produzione, promozione di scioperi al contrario e di spese proletarie, occupazione e assegnazione degli immobili in disuso e quelli della Chiesa e dei ricchi, promozione del non pagamento dei ticket sanitari, ecc.). Senza questo secondo passo, il proposito di uscire dal vicolo cieco delle “scadenze a raffica” non poteva che restare… un proposito. Non si supera un corso inferiore se non si afferma un corso superiore.
Tenendo conto di questa situazione contraddittoria ma in movimento all’interno dell’aggregato di forze che componevano il Controsemestre popolare, il nostro Partito ha aderito alla campagna (come precedentemente al Comitato No Debito e al Comitato Promotore del No Monti Day) per rafforzare le tendenze positive e favorirne lo sviluppo attraverso un processo di unità e lotta, di dibattito e azione pratica.
In quali linee e iniziative si dovesse concretizzare questo orientamento lo abbiamo indicato nella nostra adesione del 20.05.14: “dobbiamo utilizzare il semestre italiano di presidenza del Consiglio dell’UE:

1. per rafforzare, alimentare ed estendere la ribellione delle masse popolari contro le politiche di austerità e di macelleria sociale del governo Renzi che opera al servizio della Comunità internazionale degli imperialisti USA, europei e sionisti,
2. per rafforzare le organizzazioni operaie e organizzazioni popolari esistenti, farne nascere delle nuove e per raccogliere e chiamare nuove persone alla lotta,
3. per rafforzare il coordinamento tra le forze politiche, sindacali, ambientali e sociali e sviluppare mille iniziative di base per far fronte agli effetti della crisi generale del sistema capitalista (tener aperte le fabbriche e riaprire quelle chiuse, occupare immobili in disuso, organizzare dal basso l’assegnazione di case, impedire lo smantellamento dei servizi e rimettere in moto con l’autorganizzazione quelli eliminati, ecc.) (…)
In quest’ottica avanziamo due proposte concrete:
1. organizzare quel che resta di maggio, per giugno e per luglio, assemblee territoriali a livello regionale, provinciale, cittadino nelle zone in cui sono presenti le forze che aderiscono al Controsemestre, che mettano al centro l’informazione e la mobilitazione contro l’UE e l’asservimento del governo alle restrizioni imposte dall’UE. In questo modo è possibile ‘portare alla base’ l’iniziativa del Controsemestre popolare che attualmente è ancora un’iniziativa di vertice e creare una corrente di opinione e porre le premesse per mobilitazioni di livello regionale o nazionale da definirsi a secondo della forza della corrente che riusciremo a creare;
2. favorire tutte le forme di coalizione e a tutti i livelli (dal locale al nazionale) con M5S e gli altri organismi antieuropei ponendo chiaramente ma rigorosamente tre discriminati: antirazzismo (contro l’individuazione dei migranti come causa della crisi e delle disgrazie delle masse popolari: è un’idiozia utile a fomentare la ‘guerra tra poveri’ indicare nei 100 mila immigrati l’anno la causa del malandare di un paese di 60 milioni di abitanti), antifascismo (che significa non solo antirazzismo, ma che la Costituzione elusa o violata va invece applicata) e anti-NATO (gli accordi europei comprendono la presenza e il ruolo della NATO e degli USA e l’uso dell’Italia come base d’aggressione)”.

Il semestre di Presidenza italiana del Consiglio Europeo si è concluso, è possibile e necessario tirare un bilancio dell’attività svolta dal Controsemestre popolare. La campagna ha attraversato due fasi:

– nella prima (maggio-agosto) non è andata oltre lo stadio di campagna di opinione contro le malefatte dell’UE (dibattiti, conferenze). L’iniziativa tra le masse si è limitata alla manifestazione nazionale a Roma del 28 giugno e poco più (qualche convegno con esperti e addetti ai lavori). Questo non ha permesso di aggregare nuove forze e neanche di svolgere un’azione di orientamento che andasse oltre i compagni che già seguono gli organismi promotori del Controsemestre: gli operai e i lavoratori sono stufi dei dibattiti concentrati sulla denuncia delle malefatte delle Autorità e fini a se stessi, che non guidano l’azione. Le profonde resistenze da parte dei promotori del Controsemestre a passare dal rivendicare alle Autorità della Repubblica Pontificia misure differenti, più attente ai diritti e bisogni delle masse popolari, ecc. a orientare e mobilitare le organizzazioni operaie e le organizzazioni popolari per adottare qui ed ora le misure necessarie per iniziare far fronte agli effetti peggiori della crisi hanno circoscritto la campagna “tra pochi intimi”, i quali, tra l’altro, spesso sono usciti dai dibattiti ancora più sfiduciati “perché le masse sono disinteressate”;

– nella seconda fase (settembre-dicembre) la campagna si è arenata a fronte della mobilitazione messa in campo dalla CGIL e dalla FIOM contro il governo Renzi-Berlusconi e le sue misure. Le tendenza a rivendicare alle Autorità della Repubblica Pontificia misure differenti, porta inevitabilmente alla concorrenza con chi si colloca sullo stesso terreno e ha maggiore influenza sugli operai, lavoratori e sul resto delle masse popolari.
La mobilitazione messa in campo dalla CGIL-FIOM ha fatto scomparire il Controsemestre popolare, dato che i promotori anziché utilizzare anche queste mobilitazioni per sviluppare la loro iniziativa autonoma delle forze legate al regime della Repubblica Pontificia (sindacati, partiti) e per intercettare lavoratori, organizzazioni operaie e organizzazioni popolari, rafforzare i rapporti con la sinistra sindacale, sono entrati in concorrenza e antagonismo con esse. L’espressione più compiuta di questo orientamento è stato il comunicato dell’USB del 10.12.14 che chiamava al boicottaggio dello sciopero CGIL: “chi non sciopera il 12 dicembre non è un crumiro”.

Questi sono i due motivi principali per cui la campagna Controsemestre popolare si è arenata subito dopo essere iniziata e non ha raggiunto i risultati attesi. Lo scoglio su cui si è infranta è l’economicismo (appiattirsi sulle lotte rivendicative, chiedere alle Autorità di cambiare la loro “agenda politica”) e il connesso settarismo con le altre forze sindacali, compreso la sinistra CGIL. Guai a scaricare le responsabilità sulle masse popolari “arretrate”!
Questo fallimento dimostra che stare al carro delle concezioni della sinistra borghese porta solo alla disgregazione delle forze e all’impotenza e che oggi i lavoratori e le masse popolari cercano centri che li organizzano in alternativa e in antagonismo ai vertici della Repubblica Pontificia.
E’ necessario analizzare, però, anche come noi siamo intervenuti in questa campagna, data la nostra adesione.
Nell’arco di tempo in cui si è tenuto il semestre di Presidenza italiana del Consiglio Europeo il nostro Partito, per quanto riguarda il lavoro esterno, si è dedicato in modo particolare allo sviluppo del lavoro operaio attraverso lo svolgimento della campagna “occupare le aziende e uscire dalle aziende!”. Abbiamo svolto un lavoro di inchiesta sulle aziende capitaliste e pubbliche esistenti nei territori in cui siamo presenti, abbiamo iniziato ad intervenire su quelle da 100 operai o lavoratori in su e a sviluppare legami e relazioni con operai e lavoratori avanzati. L’obiettivo di questa attività è favorire la nascita di organizzazioni operaie e di organizzazioni popolari (dove non esistono) e sostenerne l’azione dove esistono gruppi di operai o lavoratori decisi a non delegare più, a non aspettare il miracolo di qualche “santo in paradiso”, a non sottostare ai voleri e interessi dei padroni ma determinati ad organizzarsi e riprendere il filo rosso dell’esperienza dei Consigli di Fabbrica degli anni ’20 e degli anni ’70: prendere loro in mano il futuro della loro azienda, analizzare la situazione in cui essa verte e definire linee di sviluppo per far fronte ai tentativi di smantellamento o per riattivarla se già è stata chiusa, promuovendo la partecipazione e mobilitazione degli altri operai e lavoratori, intessendo le più ampie alleanze, legandosi con i lavoratori di altre aziende e con comitati, associazioni, reti, ecc. presenti sul loro territorio per far fronte comune.
Abbiamo iniziato a fare, quindi, quello che indicavamo ai promotori del Controsemestre popolare. Mettendo le mani in pasta abbiamo avuto la conferma della giustezza dell’orientamento che proponevamo e delle ampie possibilità di sviluppo che esso apre.
Il venir meno, nella seconda fase (settembre-dicembre), del Controsemestre non ci ha permesso di riversare questo lavoro nella campagna e favorire così anche la lotta tra vecchio e nuovo al suo interno. Allo stesso tempo non abbiamo ancora in questo aggregato un’influenza tale da permetterci di convocare noi stessi una riunione nazionale scavalcando gli attuali promotori e il loro smarrimento. Venendo meno i promotori, di fatto è venuta meno la nostra possibilità di intervenire nel Controsemestre.

Una parte dei promotori del Controsemestre probabilmente cercherà di scaricare il fallimento delle campagna sull’“arretratezza delle masse popolari” e sull’“opportunismo della Camusso e di Landini” e saranno tentati di fare un passo indietro rispetto al proposito (di fatto solo enunciato) di voler superare la pratica inconcludente delle “grandi scadenze a raffica”. Al contrario il bilancio del Controsemestre e la riuscita delle mobilitazioni e scioperi promossi anche da Camusso e Landini è ricco di lezioni per fare un deciso passo in avanti nel superamento di questo vicolo cieco. L’esperienza è fonte inesauribile di insegnamenti, se si va fino in fondo nell’analizzarla e non si seguono scappatoie. La verità è rivoluzionaria. Abbiamo qui fissato gli insegnamenti principali e decisivi per avanzare. Essi saranno utili per quelle componenti del Controsemestre che sono decise a costruire un percorso politico e sindacale più solido e di prospettiva. A concepirsi come centro della mobilitazione e del coordinamento delle organizzazioni operaie e popolari che in questo processo iniziano a diventare i costruttori delle nuove autorità popolari.

 

carc

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