18 giugno: agli abusi di polizia si aggiungono abusi durante il processo!
Avanzare con la lotta contro la repressione e contro gli abusi!
Martedì 18 giugno si è svolta l’udienza per lesioni personali colpose a carico di Mattia. Questo processo avviene a seguito di un grave episodio repressivo coronato da numerosi abusi da parte della Digos il 28 aprile 2009.
I tre giovani compagni dell’allora sezione locale del Partito dei CARC furono, infatti, fermati con l’accusa di avere fatto una scritta nei pressi e per la chiusura della sede dell’organizzazione fascista di Casa Pound. La Digos sparò addirittura alle gomme dell’auto guidata dal compagno Mattia Cavatorti! Fermò i compagni impedendo loro di avvertire compagni e familiari e li sottopose a perquisizioni fino alla mattina seguente. [leggi comunicato della sezione di Reggio E. del Partito dei CARC dell’01.05.2009]
Un caso gravissimo di repressione e abusi da parte di elementi delle forze dell’ordine dal “grilletto facile” chiaramente coperti da una Procura che non solo non li ha perseguiti per questa azione criminale ma che permette ancora oggi loro di scorazzare nella nostra città mettendo continuamente in pericolo la vita dei cittadini. La copertura di cui questo corpo speciale e di cui i sui membri si avvalgono è evidente ed è dimostrata dal fatto che questi tentino addirittura di passare da criminali e colpevoli ad accusatori. Infatti, ora a distanza di quattro anni è iniziato il processo (il 19 febbraio la prima udienza) nei confronti del compagno Mattia accusato dall’agente Corradi Fabio della Digos che dopo avergli sparato lo ha denunciato per lesioni!
È proprio il caso di dirlo non solo ci sparano addosso…ma vogliono passare anche per vittime! [vedi la lettera/appello di Mattia].
Questo processo ha l’obiettivo di frenare l’importante e vittoriosa campagna di solidarietà e mobilitazione che il Comitato contro la Repressione di Reggio Emilia sta conducendo per smascherare questo attacco, sostenere Mattia e ogni altra/o compagna/o che vengono perseguitati per il loro impegno sociale e politico. Nessuno deve essere solo di fronte agli abusi!
Ma soprattutto questa operazione è finalizzata a colpire il Partito dei CARC e ad allontanare e isolare i giovani compagni che collaborano e simpatizzano con esso creando difficoltà nel lavoro, nei rapporti familiari e nella vita quotidiana inducendo i compagni a ridurre la loro attività politica; costringerli a spese per avvocati, pratiche giudiziarie, viaggi e assenze cercando di strozzarli economicamente.
Infine ha l’obiettivo di legittimare e coprire l’operato della Digos di Reggio Emilia che quella notte perpetuò gravi abusi e soprusi e che soltanto il caso (la traiettoria di quella pallottola!) a fatto sì che non si trasformasse un altro dei numerosi casi finiti drammaticamente, alla pari di altre storie note o meno note in cui chi indossando la divisa ha abusato del proprio ruolo e del potere a lui conferito. Nella nostra regione i casi più conosciuti sono quelli di quattro agenti della Questura di Ferrara che uccisero Federico Aldrovandi [leggi la lettera di Patrizia Moretti] e i picchiatori del VII Reparto mobile di Bologna tristemente noto per i numerosi pestaggi e abusi commessi nel corso di questi anni [leggi il dossier] ma ne esistono molti altri.
Cresce la solidarietà e la lotta contro gli abusi
Durante l’Udienza in centro città, piazza Del Monte, una ventina di compagne/i del Comitato solidali con Mattia, membri e simpatizzanti del Partito dei CARC e da altri compagni e forze aderenti al Comitato contro la Repressione di Reggio Emilia hanno organizzato un presidio di solidarietà. Hanno inoltre partecipato e sono intervenuti compagne/i dell’associazione Partecipazione, Collettivo R60 ed Alberto Ferrigno (consigliere provinciale del PRC). È stato un presidio partecipato che ha raccolto la solidarietà dei numerosi passanti. Sono state diffuse mille copie della lettera/ appello di Mattia e altro materiale informativo. Sono state raccolte cinquanta firme per la campagna per l’introduzione del reato di tortura nell’ordinamento penale italiano e per l’introduzione del codice identificativo per le forze dell’ordine. [vedi campagna]
Agli abusi di polizia si aggiungono abusi durante il processo!
L’Udienza del 18 giugno è stata caratterizzata da diverse irregolarità e abusi.
Per primo la mancata consegna a Mattia da parte del Tribunale dell’avviso di presentarsi all’udienza! Per legge questo deve essere in ogni modo consegnato nelle mani dell’accusato pena l’annullamento dell’udienza. Ma misteriosamente questo non è mai giunto ne nelle mani di Mattia ne presso la cassetta postale della sua abitazione. Anzi pare proprio che, per lavarsene le mani, il Tribunale abbia appaltato all’ufficio postale e quindi non all’Ufficiale Giudiziario la consegna della comunicazione! Ma l’udienza non viene annullata! Nei fatti un grave episodio che non tutela la presenza dell’imputato all’udienza.
In secondo luogo e ancora più grave la lista dei testimoni a favore dell’imputato depositata il 17 febbraio presso la Procura di Reggio Emilia “stranamente” non era presente nel fascicolo del Giudice. È d’obbligo per un Giudice esaminare e garantire il normale e democratico svolgimento di un processo permettendo la difesa dell’imputato. I testimoni sono parte importante di questa garanzia. Dove è finita quindi la lista testimoniale? Come mai post-processo è stata “ritrovata” dal Giudice?
Infine la mancata consegna del documento di “eccezione” inviata dall’Avvocato della difesa alla Cancelleria del Tribunale che sulla base delle diverse irregolarità avrebbe dovuto essere raccolta dal Giudice e determinare l’annullamento dell’udienza. Una mancata consegna determinata ufficiosamente da problemi tecnici e informatici del Tribunale che hanno causato un ritardo nella consegna al Giudice che quindi non ne ha preso visione.
Si è trattato di numerose coincidenze e gravi errori del Tribunale di Reggio Emilia? O dobbiamo credere che la sparizione di documenti, problemi e ritardi nella consegna siano infime manovre da parte di qualcuno per determinare l’esito del processo?
Nei fatti il Giudice Elisabetta Freddi non si è posto il problema. Di fatto se ne è lavato le mani!
La mancanza di coraggio del Giudice nel garantire il democratico e regolare svolgimento del processo e per l’affermazione della giustizia.
Il processo si è quindi svolto in barba alle leggi e regolamenti vigenti. Il Giudice ha avviato l’Udienza sentendo esclusivamente i testimoni dell’accusa: uno degli agenti della Digos che nella notte del 28 aprile 2009 intervenne insieme a Fabio Corradi che sparò all’auto dei tre compagni.
Il Giudice a fine testimonianza del poliziotto ha deciso che quella era la versione ufficiale dei fatti e senza ascoltare in alcun modo la controparte ha concluso il processo. Ha deciso che non avrebbe potuto continuare questo processo e quindi ha deciso di chiuderlo senza una sentenza. Ha dichiarato l’infondatezza del reato per “lesioni dolose” e ha rimandato nuovamente alla Procura di decidere come procedere: se ridefinire un altro capo di imputazione quale “lesioni colpose” (quindi istituire un nuovo processo penale) o ritenere infondate le accuse (quindi non avviare alcun processo).
Nei fatti da una parte il Giudice ha ritenuto che questo processo fosse una patata bollente nelle sue mani e per questo lo ha chiuso rispedendolo alla Procura. Evidentemente l’ampia e forte solidarietà raccolta in questi mesi a livello locale (numerose associazione e singoli, e una mozione depositata in Consiglio Provinciale (vedi mozione 1 – 2) e nazionale (alcuni portavoce del movimento NO TAV della Val Susa, Associazione Osservatorio sulla Repressione, Liberazione on-line, ecc) e la campagna di lotta contro gli abusi condotta in questi mesi dal Comitato solidali con Mattia e dal Comitato contro la Repressione di Reggio Emilia ha avuto un peso su questo. Dall’altra il Giudice ha avvallato nei fatti il tentativo disperato dell’accusa di legittimare e coprire il grave operato e gli abusi della Digos e di indirizzare il processo sul piano penale.
La natura stessa di questo Governo illegittimo e incostituzionale pone le basi per la violazione delle norme e delle leggi che lorsignori varano ed approvano. Questa dinamica si ripropone a livello locale (anche con la reiterazione di abusi d’ufficio) ed è dimostrata dal tentativo di portare avanti un processo che non aveva e non ha le gambe per camminare pur di coprire e difendere gli abusi dell’agente Fabio Corradi e degli altri agenti della Digos che lo coprirono e che sono ora testimoni.
Cosa deciderà quindi la Procura di Reggio Emilia? Si allineerà alla linea repressiva e illegittima del Governo del golpe bianco e si prenderà la responsabilità di permettere che i gravi abusi di questa vicenda vengano coperti legittimando così un grave precedente che aprirebbe e favorirebbe il ripetersi di altri episodi come quelli del 28 aprile 2009? O si farà garante dei diritti democratici e della giustizia?
Seguirà la via repressiva indicata con la sentenza di qualche giorno fa nei confronti dei due compagni del Collettivo Autorganizzato R60: che per una scritta in solidarietà con la lotta NO TAV sono stati condannati una pena di 2 anni e 2 mesi e 10 mila euro ad un compagno, e 1 anno e 4 mesi all’altro?! [leggi comunicato C.A.O R60].
Si aprirà presto quindi un nuovo processo a carico del compagno Mattia per lesioni personali dolose? O la Procura avrà il coraggio di ristabilire la verità e la giustizia?
Per quanto ci riguarda siamo convinti che la campagna di solidarietà condotta in questi mesi dal Comitato solidali con Mattia e dal Comitato contro la Repressione di Reggio Emilia sono e restano strumenti importanti per resistere e lottare contro la repressione e per sviluppare la lotta contro gli abusi delle forze dell’ordine.
E’ necessario quindi oggi più che mai fare della repressione e della lotta agli abusi un campo di lotta politica in modo da respingere e rilanciare contro gli attacchi che la classe dominante con la Digos, suo braccio armato, mette in atto contro organizzazioni e associazioni più attive dell’articolato movimento che resiste e lotta contro gli effetti della crisi e che giorno dopo giorno si trasforma sempre più in un movimento che lotta per la ricostruzione del nostro paese sulle macerie dell’attuale, che afferma un nuovo concetto di democrazia (partecipazione attiva dei lavoratori e delle masse popolari nella gestione delle società), che mette in discussione l’attuale sistema sociale e propone nuovi modi di produzione collettivi e condivisi e nuovi rapporti sociali: la società socialista.
Esprimiamo ed invitiamo ad esprimere solidarietà con i compagni colpiti dalla repressione e dagli abusi!
Chiamiamo i compagni del Collettivo R60 e ogni altra forza e compagno a fare fronte e ad unirsi alla mobilitazione e alle iniziative che con la campagna costruiremo e condurremo per fare fronte alla repressione e per lottare contro gli abusi!
Invitiamo inoltre a partecipare alla Mobilitazione nazionale in solidarietà con i compagni inquisiti per i fatti del 15 ottobre 2011 che si terrà il 27 giugno a Roma! [appello]
Nessuno deve essere lasciato solo!
Comitato solidali con Mattia
Partito dei CARC – Emilia Romagna