Il regime di Controrivoluzione preventiva (CRP) è l’insieme di misure, linee e politiche (che vanno a formare i “cinque pilastri” su cui si regge l’edificio del regime politico) messe in opera dalle classi dominanti dei paesi imperialisti, in particolare dal secondo dopoguerra, per mantenere la loro egemonia sulle masse popolari, per orientarne le coscienze e comunque controllarne e indirizzarne l’attività in modo da impedire che si sviluppi la mobilitazione rivoluzionaria, che la contrapposizione di classe sfoci in guerra civile.
L’efficacia del sistema di potere della borghesia è data dal funzionamento sinergico di ognuno dei pilastri che lo compongono, funziona tanto meglio quanto più ognuno di essi è solido. In questo senso nessuno di essi è più importante dell’altro (sarebbe un po’ come chiedersi quale tra le quattro gambe di un tavolo è la più importante), parimenti, mano a mano che un pilastro si sgretola, anche gli altri sono compromessi.
Cinque pilastri che vacillano, un regime che scricchiola
Con l’inizio della fase acuta e irreversibile della crisi, alcuni dei pilastri del regime di Controrivoluzione preventiva hanno perso efficacia, il regime stesso ha iniziato a scricchiolare.
Vacilla il secondo pilastro: soddisfare le richieste di miglioramento che le masse popolari avanzano con più forza. E’ in corso non solo l’eliminazione rapida di quanto restava delle conquiste di civiltà e benessere strappate dalle masse popolari quando il movimento comunista era forte nel nostro paese e nel mondo, ma anche l’adozione di misure “senza se e senza ma” che lasciano mano libera alla borghesia e al clero nella gestione della società e ai padroni nella gestione delle aziende.
Allo stesso tempo il quarto pilastro (mantenere le masse popolari e in particolare gli operai in uno stato di impotenza; impedire che gli operai formino organizzazioni autonome dalla borghesia) è corroso dal crescente discredito dei sindacati di regime e dal ruolo assunto dai sindacati alternativi e di base e dalle organizzazioni operaie e popolari.
Il quinto pilastro (controllare, corrompere, intimidire e reprimere in maniera selettiva coloro che sono o possono diventare centri di aggregazione e orientamento delle masse popolari, in particolare i comunisti) muta. La repressione da selettiva e circoscritta sta assumendo un carattere di massa: dal pestaggio di lavoratori in lotta all’uso della legislazione speciale e antiterrorismo contro i movimenti popolari (inchieste e processi contro No TAV, studenti e movimenti sociali), al ricorso alle sanzioni pecuniarie amministrative e penali (multe, decreti penali di condanna, ecc.), alla limitazione o privazione della libertà personale (obbligo di firma, DASPO, confino, arresti domiciliari, ecc.).
I vertici della Repubblica Pontificia ricorrono su scala crescente al primo pilastro: mantenere l’arretratezza politica e in generale culturale delle masse popolari con una raffinata opera di evasione dalla realtà, di diversione, di confusione, di intossicazione delle coscienze. E’ un’operazione su più livelli: la manipolazione delle coscienze (chiese, credenze, pregiudizi, sette), la promozione di condotte individualiste (soddisfacimento dei bisogni più immediati, raggiungimento di futili piaceri, cultura “dello sballo” e dell’evasione), l’intossicazione dell’opinione pubblica con notizie false o distorte.
Il terzo pilastro (sviluppare canali di partecipazione delle masse popolari alla lotta politica della borghesia in posizione subordinata, al seguito dei suoi partiti e dei suoi esponenti) si sta sgretolando per opera della classe dominante stessa. Il teatrino della politica borghese sta saltando: reiterata violazione della Costituzione, misure per impedire la partecipazione delle masse popolari alle competizioni elettorali (leggi elettorali, sbarramenti, premi di maggioranza), riduzione al Parlamento al ruolo di ufficio di ratifica di decisioni prese dal governo in altre sedi (smodato e crescente ricorso al voto di fiducia, decreti legge), violazione degli esiti referendari… i paramenti della “democrazia borghese” non sono più utili, non concorrono più al mantenimento della pace sociale. E le masse popolari stesse se ne accorgono, il fragoroso boom dell’astensione alle regionali di Emilia Romagna e Calabria nel novembre scorso è una sonora lezione. Per chi? Per chi, come ad esempio il PRC, insegue l’obiettivo di riconquistare un “posto al sole” e di fare da “sponda politica” delle masse in Parlamento e in questo modo intende “riavvicinare la gente alla politica”. Che siano o meno convinti che quelle posizioni “interne” al teatrino siano utili davvero è secondario, a tale pretesa risponde la parabola del M5S: è in Parlamento, occupa posti nelle commissioni, ha eletti nei comuni e anche alcuni sindaci, ma la sua reale capacità di incidere e di promuovere il cambiamento è inesistente a fronte dell’esaurimento degli spazi di democrazia elettiva. Il M5S si ostina a voler svolgere il ruolo di opposizione responsabile, di perseguire il suo scopo di cambiare il paese attraverso la lunga marcia nelle istituzioni, ma così facendo rischia l’estinzione dilaniato da beghe interne.
Con il mutamento del regime politico del nostro paese, anche il compito del P.CARC cambia: da partito che promuove l’irruzione delle masse popolari nel teatrino della politica borghese per smantellarne la funzione a partito di costruzione del Governo di Blocco Popolare. E’ una riflessione iniziata nella seconda Assemblea Nazionale del 6 dicembre scorso e che andremo a fissare al nostro IV Congresso, nella primavera di quest’anno.