Che Salvini e la Lega godano oggi del sostegno aperto di alcuni settori della classe dominante è fuori discussione: sono mesi che gli slogan populisti, le provocazioni, le sceneggiate sono nelle pagine di giornali e rotocalchi e su tutti i canali televisivi, in breve tempo hanno preso il posto di scandali, inchieste e magagne che avevano portato la Lega di Bossi al collasso.
Ma che dietro l’operazione di cui la Lega e Salvini sono promotori ci sia la reale prospettiva di una deriva a destra del Paese, questo è molto meno realistico.
Fare come Berlusconi. Salvini (e chi lo promuove e lo sponsorizza) sta provando a fare ciò che fece Berlusconi nel ’94: riunire tutte le forze reazionarie del paese in un cartello elettorale (un po’ sul modello del Front National in Francia, lo dichiara apertamente) che possa avere i numeri per governare. Ma Salvini non è Berlusconi, non ha (ancora) il sostegno delle organizzazioni criminali, non ha i soldi, non ha accesso a carte e dossier con cui ricattare gli alleati, i contendenti e gli oppositori (anzi è lui il ricattabile e ha poco o nulla con cui difendersi). Ma più di tutto non ha da proporre una via credibile, una soluzione.
Uscire dall’Euro. Il cavallo di battaglia di mandare al diavolo la UE si fa via via più evanescente man mano che sale il grado di visibilità che gli viene concesso dai suoi sponsores: la rottura con la UE sta facendo in breve tempo la fine che ha fatto la secessione, e poi l’indipendenza, della Padania.
Tutti a casa loro! La retorica razzista e le ventilate (promesse) misure contro l’invasione lasciano il tempo che trovano dato che sull’immigrazione clandestina la Lega ci campa politicamente e non è da escludere anche economicamente (l’inchiesta Mafia-Capitale ha tolto un bel coperchio su quanto e come i fascisti di Roma speculavano sugli immigrati, salvo poi farsi paladini del razzismo e della difesa della patria).
Ribellismo. E poi diciamola tutta, la retorica ribelle e moralista, oltre al fatto che chi la promuove dovrebbe davvero essere l’ultimo a parlare (diamanti della Tanzania, furto di denaro pubblico, ecc.), non è supportata dai fatti: se la Lega volesse fare sul serio non si limiterebbe alle promesse e alle minacce, ma inizierebbe a fare a partire da quelle importanti regioni che governa, la Lombardia e il Veneto e proseguendo con la schiera di amministratori locali (ad esempio rompere unilateralmente i patti di stabilità). Invece sia Maroni che Zaia (e la schiera di sindaci) sono perfettamente integrati nel sistema della Repubblica Pontificia, ne sono amministratori zelanti (ALER, Expo, MOSE…).
I fascisti, quelli ci sono. La luna di miele fra Lega Nord e Casa Pound, che tanto spaventa la sinistra borghese, più che la saldatura delle forze reazionarie su progetti di “rottura politica a destra” è il transito conclamato dei fascisti del terzo millennio sotto la Cupola di San Pietro, oltre al ribellismo della Lega anche il loro ribellismo antisistema si mostra per quello che è: il filo che lega il burattino al burattinaio.
“Tutto giusto, ma se vincono le elezioni?” Per vincere le elezioni occorrerebbe che le elezioni avessero ancora una funzione, ma il contesto politico è tale che le rappresentazioni del teatrino della politica sono (o stanno rapidamente diventando) carta straccia. Se pure, per congiunture particolari e sforzi speciali dei promotori, sostenitori e finanziatori del progetto Front National all’italiana, il carroccio di Salvini e la carretta di Casa Pound si trovassero a fare il boom elettorale, saremmo di fronte a una brutta copia di ciò che la borghesia imperialista fa già alla luce del sole, senza bisogno di mascherarsi: sviluppo della guerra fra poveri, propaganda di guerra fra popoli, repressione dispiegata. Davvero oggi la classe dominante ha bisogno di Salvini e Casa Pound? Forse, al massimo, da usare come spauracchio per far ingoiare la faccia di Renzi (ed è lui stesso a dirlo: o io o Salvini…).