Roma affonda nella speculazione e risorge con la mobilitazione popolare: la costruzione di nuove autorità dal basso

“L’operazione “mondo di mezzo” che ha scoperchiato la fogna di intrighi, malavita, affari che regola da anni l’amministrazione di Roma è la manifestazione di quella guerra per bande in cui la classe dominante è avviluppata. Tutto il clamore attorno a intercettazioni, atti, relazioni che emergono dall’inchiesta è il clamore di chi non voleva vedere, faceva finta di non vedere che “mafia-capitale” è un sistema che regola il governo delle città e, in definitiva, di tutto del paese.
Chi ancora non vede, o fa finta di non vedere, che non è una questione di PdL o PD, fa in un modo o nell’altro, consapevolmente o meno, il gioco di questa o quella fazione della classe dominante. E in particolare del Vaticano: nessun mezzo di “informazione”, nessun giornalista d’inchiesta, nessun esponente politico di livello nazionale, nessun mezzo di comunicazione e formazione dell’opinione pubblica chiama in causa il Vaticano, benché proprio lì, a Roma, “non si muove foglia che il Vaticano non voglia”.
La questione è una: che siano “eminenze grigie” o “volti pubblici”, politicanti o faccendieri, portaborse o funzionari, amministratori o ragionieri… il più sano ha la rogna. La questione è che siamo di fronte non a un ramo marcio del sistema, siamo di fronte alla rappresentazione del sistema economico, politico, amministrativo che è così, marcio” (dal Comunicato della DN del P.CARC del 09.12.14 – Occhio non vede, cuore non duole).

Non sappiamo dire se l’operazione mafia-capitale sia stata innescata per dare la botta finale a Marino (che ha resistito al risibile scandalo delle multe per divieto di sosta non pagate…), o per mettere in difficoltà Renzi (visti i legami conclamati del suo ministro Poletti e quelli che emergono di altri rappresentativi esponenti dei “rottamatori” come la Picierno, se sia un modo per regolare i conti nel PD, visto il coinvolgimento di assessori e altre “personalità” del partito, o un regolamento di conti nel campo della destra reazionaria (dati i legami fra neofascisti e l’implicazione di Alemanno): è uno dei quei casi in cui, scoppiato il bubbone, il più furbo prova a portare a casa il bottino a scapito del concorrente.
In ogni caso si tratta di un’operazione che dimostra praticamente la necessità di una nuova governabilità ad opera delle organizzazioni operaie e popolari.

Dove iniziare? Esempi ce ne sono a iosa. Cioè esistono già, non si tratta di inventare niente. Ne trattiamo due.
Gruppi di Allaccio Popolare. Sono entrati in azione e con grande pubblicità: manifesti, foto e report delle azioni, concretamente iniziano a far rispettare il Referendum sull’acqua pubblica (una sorta di decreto attuativo su mandato popolare), riallacciando l’acqua alle famiglie che vengono private del servizio per morosità. La strada che aprono i Gap è una risposta chiara a tutte le leggi e i decreti che il governo promuove soprattutto contro le fasce più deboli delle masse popolari, una forma di organizzazione semplice (basta qualcuno che abbia competenze e convinzione), che facilmente entra in sinergia con altre mobilitazioni (per il diritto alla casa, ad esempio) e risponde in modo concreto alla privatizzazione dell’ACEA.
Mobilitazione per il diritto al lavoro. Partendo dalla consapevolezza che “non è vero che i soldi non ci sono e non è vero che il lavoro non c’è”, disoccupati e precari si stanno organizzando in liste di lotta per il lavoro. Attualmente l’esperienza più avanzata è quella della lista di Ponte di Nona (ma esperienze simili sono in corso anche in quei quartieri popolari dove la guerra tra poveri si acuisce e balza alle cronache dei media come Tor Sapienza, Tor Pignattara…) che ha organizzato l’occupazione di uno dei quattro asili chiusi e inutilizzati (a fronte di una richiesta fra le più alte di Roma) come momento di visibilità, propaganda e organizzazione.
Sull’onda di questa esperienza, anche nel VII Municipio di Roma, alcuni organismi (tra cui il nostro Partito) stanno lavorando per creare una lista di disoccupati e precari che si organizzi  per iniziare a risolvere il problema della disoccupazione e del degrado dilagante. La parola d’ordine è diventata “creare 2000 posti di lavoro” stimati tra vertenze in corso di aziende che i capitalisti vogliono smantellare (Cinecittà Studios, Policlinico Tor Vergata, reduce da una vittoria contro i 200 licenziamenti annunciati), impiego nella valorizzazione del patrimonio pubblico abbandonato o in disuso (Parco archeologico di Centocelle, ex deposito Atac).
L’obiettivo è costringere, con le buone o con le cattive, i Municipi e le istituzioni competenti, a impegnare i fondi strutturali europei per dare lavoro ai disoccupati e in servizi utili al quartiere. L’ambizione del progetto sta nel superare i confini municipali e promuovere la stessa mobilitazione anche in altri quartieri.

La fogna a cielo aperto di mafia-capitale e la lotta per il diritto al lavoro, che c’entrano? I 1500 dipendenti della cooperativa mafiosa di Buzzi, finiti in mezzo a una strada per i traffici del padrino di turno, che faranno? Devono ridursi a chiedere la carità a qualche altro luogotenente del Vaticano o della malavita? Devono prostituirsi a qualche politicante? Sono l’esempio di quanto e come le masse popolari, se non si organizzano attorno a un progetto che mette al centro i loro interessi generali, sono massa di manovra per alimentare la guerra fra poveri.
Roma è la città che più di ogni altra subisce l’influenza morale e materiale della cappa di corruzione, dei traffici, degli inciuci, della decadenza e della criminalità della classe dominante. E’ la città del nostro paese in cui la Corte pontificia è più ramificata e in cui i legami con le cupole degli altri poteri palesi e occulti che governano il paese sono più stretti. Che in tempi di stravolgimenti politici, economici, finanziari, significa che sono anche più fragili e scricchiolanti. E’ la città, quindi, in cui le masse popolari organizzate possono dare impulso a una sollevazione generalizzata e in cui la sperimentazione di costruzione della governabilità dal basso ha prospettive e potenzialità che possono fare scuola: sono queste le basi per alimentare il processo di costruzione di Amministrazioni Comunali di Emergenza.

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