Per il padrone la fabbrica è solo un mezzo come un altro per arricchirsi, moltiplicare i capitali grazie ai propri operai!
Oggi i lavoratori non possono limitarsi a rispondere agli effetti della crisi generale con semplici rivendicazioni economiche, normative e di nuove politiche al governo dei padroni, altrimenti si subisce la loro iniziativa, che in definitiva porta a perdere anche quanto abbiamo conquistato in passato: la realtà di questi anni ce lo dimostra con gli arretramenti che stiamo ancora subendo.
Prendiamo ad esempio di come possiamo agire in situazioni di difficoltà nella prosecuzione del lavoro e quindi anche della salvaguardia del posto, quanto fatto dagli operai dell’AZ Fiber di Arcene.
Nel 2012 a seguito della vertenza contro la chiusura gli operai si sono dovuti improvvisare in un ruolo che solitamente è prerogativa della direzione: hanno deciso di portare avanti la produzione e grazie alla conoscenza dei vari aspetti del ciclo produttivo e commerciale hanno garantito le commesse. Ciò dimostra che gli operai possono collettivamente fare a meno del padrone mentre sappiamo benissimo che un padrone non può nulla senza gli operai! Questa condizione avrebbe potuto continuare? Come? Oggi l’azienda, ritornata in mano a nuovi padroni, ha ripreso l’attacco ai lavoratori dichiarando dai 30 ai 50 esuberi in cui i primi a farne già le spese sono stati i precari: la direzione del padrone lascia oggi senza prospettive certe gli operai. Le famiglie vivono una realtà che necessita di sicurezze, non di ipotesi, speranze o qualche colpo di genio del padrone.
La SAME di Treviglio è un’altra realtà della nostra provincia. In questi ultimi anni ha dimostrato di sviluppare un percorso di difesa all’interno della fabbrica, superando anche la docilità delle segreterie sindacali. Ha mostrato inoltre capacità di mobilitare contro i piani padronali e del loro governo altre realtà lavorative: vedi nel 2012 a Bergamo contro la Fornero e ancora, il presidio contro il governo Renzi-Berlusconi a Nembro il 13 ottobre scorso quando Renzi va nelle fabbriche ad incontrare i padroni evitando gli operai, che devono invece subire gli attacchi padronali e i manganelli.
Questi esempi ci insegnano che non dobbiamo aspettare che il padrone attacchi, ma operare per anticiparlo costituendo in ogni fabbrica organismi operai che si occupino della salvaguardia dell’azienda prevenendo e contrastando riduzioni o chiusure. Occorre studiarne la necessaria continuità del lavoro, anche cambiando l’attuale produzione, studiando quali beni e servizi, necessari alla popolazione o agli scambi con altri paesi, si possano produrre. Questo lavoro interno significa OCCUPARE la fabbrica: renderla luogo dove si lavora ed elabora al servizio del bene comune.
Occorre poi stabilire collegamenti con organismi operai di altre aziende, mobilitare e organizzare le masse popolari, gli studenti, i disoccupati e i precari della zona a svolgere i compiti che le amministrazioni pubbliche della borghesia lasciano cadere perché non garantiscono profitti ai capitalisti. Lo dimostra lo stato del territorio sempre più saccheggiato e in degrado, la manutenzione penosa di strade e corsi d’acqua, scuole e servizi pubblici eliminati o fatiscenti, il verde pubblico e i boschi in molti casi abbandonati, ecc., mentre il governo dei banchieri e dei ricchi e dei corrotti impone sacrifici maggiori illudendo su una futura impossibile ripresa.
Ma dobbiamo andare oltre! Dobbiamo gestire direttamente parti sempre più crescenti dell’ambiente e della vita sociale, come avviene oggi già con i milioni di proletari del volontariato, fino al governo del paese, imponendo le soluzioni dei problemi elaborate dagli organismi operai e popolari. Questo significa USCIRE dalla fabbrica.
Le mobilitazioni operaie e popolari di questi mesi trovano la sintesi nella cacciata del governo Renzi-Berlusconi, che svolge il ruolo di garante per il massimo dei profitti ai padroni demolendo senza fine conquiste e diritti dei lavoratori, sprofondandoci sempre più nel marasma e nella miseria di questa crisi. Dobbiamo costruire un governo di emergenza che sia espressione degli organismi operai e popolari che promuova l’indicazione di un lavoro utile e dignitoso per tutti per dare una risposta ai bisogni per una vita migliore e dignitosa: noi produciamo, noi dirigiamo!
Solo le masse popolari organizzate in organismi operai e popolari possono salvare il paese prendendone in mano il governo e avviandone la ricostruzione: un Governo di Blocco Popolare
Per discuterne vediamoci all’attivo operaio il prossimo 18 dicembre alle 20,30 presso l’ARCI di Battaglie a Treviglio