Italia, un paese occupato

“In ogni paese le masse popolari e tra esse la classe operaia si trovano in condizioni analoghe a quelle di un paese occupato dallo straniero. Non una classe dirigente che per raggiungere i suoi obiettivi (valorizzare il suo capitale) organizza e riorganizza la vita della massa della popolazione realizzando un progresso complessivo della sue condizioni rispetto a quelle preesistenti, per quanto operi “con il ferro e con il fuoco” e facendo pagare un prezzo di sangue e di sudore (nella sua fase di ascesa principalmente questo fu la borghesia). Ma un dominio straniero che sconquassa ogni giorno di più e senza che se ne veda un limite (che in effetti non c’è) le condizioni della vita della massa della popolazione. Questa subisce perché non ha proprie istituzioni statali e sociali. Per porre fine al degradarsi della sua condizione, deve quindi crearsele nella lotta per liberarsi dall’occupante. Non si tratta di perseguire una maggiore partecipazione delle masse popolari al governo dello Stato che domina nel paese. Per sua natura è uno Stato nemico. Indurre le masse popolari a considerare lo Stato borghese come il proprio Stato è la sostanza dell’imbroglio con cui i borghesi paralizzano la lotta delle masse popolari, dell’opera della sinistra borghese, della concezione e della linea dei riformisti (parlamentaristi o conflittuali, pacifisti o armati [“colpirne uno per educarne cento”] che siano) e dei revisionisti. Il corso delle cose prodotto dalla crisi generale del capitalismo è tale che sia chiedere sia pretendere qualcosa dallo Stato borghese porta fuori strada. Bisogna che le masse popolari creino un proprio Stato. Mai come ora fu così radicalmente vera la tesi marxista che “lo Stato borghese si abbatte, non si cambia: le masse popolari devono creare un proprio Stato”.

Questa lotta è inevitabile ed è la rivoluzione socialista: la guerra popolare rivoluzionaria attraverso la quale si afferma il Nuovo Potere. Essa avanza grazie al Partito comunista che la promuove; che grazie alla concezione comunista del mondo sa che è necessaria e possibile ed è capace di comprenderne le leggi, le condizioni e le forme; che la propaganda e raccoglie e forma le sue forze perché combattendo imparino a combattere; che coglie ogni situazione in cui lo scontro può svilupparsi con successo, lo promuove, lo sostiene e lo dirige; che coordina lo sviluppo di tutti gli scontri in modo che si combinino fino a comporre la guerra popolare rivoluzionaria che instaurerà il Nuovo Potere. A grandi linee come avviene in un paese occupato che l’occupante sottopone a saccheggio e spoliazione. La lotta incomincia in tutti i punti in cui creiamo le condizioni favorevoli, senza che la popolazione abbia una propria autorità generale già affermata: il nemico ha istituzioni e forze armate, noi no, abbiamo solo il nucleo promotore della guerra, il Partito.

Questa è quindi una guerra per il progresso perché trasforma la società borghese secondo la linea che le è propria raccogliendo e valorizzando tutti i suoi apporti storici. Ma è anche una guerra che alle masse popolari è imposta perché la borghesia e il suo clero sono oramai una forza di devastazione e distruzione senza fine: per le masse popolari è una guerra per la sopravvivenza. Quanto celermente si estenda e rafforzi, dipende principalmente dalle forze che via via siamo capaci di far scendere in guerra, perché la borghesia e il suo clero (lo straniero occupante) quanto a loro non possono che proseguire la spoliazione e il saccheggio. Lo devono fare per perpetuare il loro sistema di relazioni sociali nonostante la crisi generale del capitalismo: è la condizione della loro sopravvivenza.

Un nemico occupa quindi il nostro paese anche se parla la nostra stessa lingua e se il suo potere si avvale di istituzioni e di procedure di lunga tradizione. (…) Il suo dominio tuttavia si protrae nel tempo principalmente perché le masse popolari non hanno già pronto un altro modo di associarsi e condurre la loro vita sociale e solo secondariamente perché una parte delle masse popolari ha riserve che la borghesia imperialista e il suo clero non hanno ancora spremuto.

Proprio la vastità delle distruzioni che il suo dominio produce e il fatto che la distruzione anche se graduale procede senza termine, creano le condizioni perché le masse popolari instaurino nuove forme di vita sociale atte a garantire i servizi, la produzione, la distribuzione e gli altri vari aspetti della vita sociale che la borghesia imperialista e il suo clero non assicurano più. Fare la rivoluzione socialista vuol dire portare le masse popolari a instaurare, anche se per forza di cose gradualmente e incominciando ora qui ora là man mano che in quel punto si hanno le condizioni favorevoli, ma con continuità e su scala crescente, relazioni sociali (politiche, economiche e altre, della società civile) loro proprie, le cui forme, a grandi linee, esistono già come presupposti del socialismo nella società attuale. Vuol dire caso per caso mobilitare le masse popolari e portarle a organizzarsi e gestire la propria vita sociale senza la borghesia imperialista e il suo clero, contro di loro. Non è un’impresa facile a farsi, ma è un’impresa possibile e necessaria” (dall’Avviso ai Naviganti del (n)PCI, n. 47- 26.08.14).

carc

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