Se perdi il lavoro è altamente probabile che prima o poi perderai la casa. Vale per centinaia di migliaia di persone, alla faccia delle statistiche che vogliono gli italiani proprietari di casa (in effetti la maggioranza delle case esistenti sono private, la grande maggioranza sono di speculatori e palazzinari, non “delle famiglie”). Se perdi il lavoro e perdi la casa si apre la prospettiva concreta di vivere e di morire come un profugo. E’ uno degli effetti della crisi che colpisce milioni di lavoratori e le loro famiglie, è la prospettiva che mette angoscia e terrorizza. E si mescola con le mille altre manifestazioni della crisi: i tagli alla sanità hanno moltiplicato le vittime della malasanità, l’incuria dei territori ha moltiplicato le vittime per calamità naturali, il degrado di città e quartieri ha moltiplicato le vittime della micro criminalità, le famiglie si disgregano, scoppiano, le vittime passionali, quasi tutte donne, fanno sempre meno notizia, cioè è sempre più normale che siano uccise, che le famiglie siano sterminate, che la gente si suicidi. In tutto questo aumentano (ma nessuno sa dire bene di quanto e come) le vittime per inquinamento, avvelenamento dell’aria, delle acque e del suolo, devastazione ambientale.
E’ una guerra di sterminio non dichiarata. Non è una sparata ad effetto: è l’espressione che collega tra loro e dà un nome alle centinaia di episodi che la pubblicistica borghese presenta ogni giorno isolandoli l’uno dall’altro: uno come frutto del caso, l’altro dell’ignoranza, il terzo della malvagità di qualche individuo, il quarto come “assurdo”, il quinto come una “catastrofe naturale”, il sesto come opera dell’“asse del male” di turno e così via. Ma che vengono dalla stessa fonte: la sopravvivenza della dominazione della borghesia e del suo clero. L’espressione “guerra non dichiarata di sterminio” riassume le condizioni estreme, arbitrarie e intollerabili in cui a borghesia imperialista con l’accentuarsi della seconda crisi generale dell’ordinamento sociale capitalista costringe le masse popolari, gli effetti devastanti, le privazioni, le esclusioni ed emarginazioni dalle condizioni che le conquiste moderne hanno reso possibili. Una condizione resa intollerabile proprio dal fatto che oggi gli uomini hanno le forze e le conoscenze sufficienti per creare un ordinamento sociale superiore e un mondo in cui mangiare a sazietà, avere una casa decente, ricevere un’assistenza sanitaria efficace e un’educazione adeguata alle proprie capacità e alla propria volontà, avere un ruolo dignitoso nella vita sociale e una parte nell’attività e nel lavoro svolto dalla società sia per ogni individuo una condizione universale e scontata come respirare l’aria.
E’ una vera a propria guerra: provoca nel campo delle masse popolari un numero di morti che non ha paragone con alcuna guerra dispiegata o conflitto aperto. In questa guerra non esiste armistizio, cessate-il-fuoco, non esistono corridoi umanitari: il profitto non ammette soste. In questa guerra di sterminio, inoltre, non esiste ambito o campo definito, le masse popolari sono colpite in ogni aspetto della vita.
Non si muore per caso. L’ebola è, in queste settimane, un’arma di terrorismo che la classe dominante usa contro le masse popolari per alimentare la contrapposizione contro gli immigrati poveri (dove non arrivano le manovre per alimentare il razzismo, arriverà pure il terrore per malattie mortali e incurabili, è il ragionamento) e contemporaneamente è la manifestazione del fatto che gli avanzati mezzi, le risorse, gli strumenti di cui la borghesia imperialista dispone (e usa per mettere a punto armi chimiche, batteriologiche, ecc. ad esempio) non vengono usati per trovare un vaccino al virus che sta sterminando migliaia di “poveracci” in Africa. Ragionamento simile si può fare per AIDS e tumori che in forme diverse sono, più che malattie incurabili, effetti delle condizioni (materiali e morali) in cui sono costrette le masse popolari.
Ma la guerra di sterminio non dichiarata non è solo “emergenze” e catastrofi collettive, è ordinarietà: in Italia i più di 1200 morti sul lavoro all’anno e le decine di migliaia di invalidi, sono i 60mila morti per incidenti stradali, il numero non quantificabile di suicidi (direttamente legati a cause economiche o meno), i più di 3000 immigrati morti nel Mediterraneo nel 2014.
Terra dei fuochi, Marghera, Praia di Mare, Seveso, Taranto, la zona del cagliaritano: sono alcuni dei concentramenti di specifiche forme di tumore, malformazioni e malattie genetiche derivanti da inquinamento. Il legame fra avvelenamento ambientale e sfruttamento dei lavoratori ha vari nomi, nel nostro paese: Eternit, Rumianca, Petrolchimico.
Anche ciò che mangiamo ci avvelena, oltre i vizi (che per le masse popolari sono tali, per i capitalisti sono un affare e per lo Stato le fonti delle accise).
Non citiamo i dati delle vittime provocate dalla fame e dalle malattie facilmente curabili nel resto del mondo. Basta dire che centinaia di migliaia di persone muoiono per malattie che qui sono state debellate 50 anni fa. Ma un esempio vale per tutti, la Grecia. Dove la malnutrizione infantile torna a uccidere, dove la prostituzione è aumentata senza freni, con il suo portato di malattie veneree e decadimento materiale e morale. Di tutto questo nessun esponente o funzionario della Troika è o sarà scalfito.
E’ una guerra di sterminio non dichiarata perché la classe dominante non ha mai formalizzato in alcun modo la dichiarazione di guerra, la attua e basta. Anzi, la attua in nome di un presunto “ordine naturale delle cose”, alimentato dai retaggi sul destino, le fatalità, la volontà di dio.
Ogni volta che dal campo delle masse popolari nasce un movimento abbastanza deciso a mettere in discussione il rapporto fra classe dominante e classi dominate, ogni volta che nasce un movimento abbastanza capace di intaccare “l’ordine naturale” della classe dominante, essa alza il coro contro i “terroristi” (oltre a dispiegare i suoi mezzi repressivi e coercitivi: leggi, polizie, tribunali, eserciti). Questa è, contemporaneamente, la dimostrazione di quanto la classe dominante pretenda che le masse popolari siano terrorizzate quanto lei della messa in discussione del suo sistema e di quanto sia falsa la “pace” che causa nel nostro campo centinaia di migliaia di morti ogni anno.
Terroristi. Tanto avvezza a imporre le sue paure alla classe che domina, la borghesia imperialista ha usato la minaccia del “terrorismo” per giustificare le guerre “per la democrazia” in ogni angolo del mondo. La guerra imperialista è la via a cui porta la crisi in corso se la lasciamo affrontare alla classe dominante. E infatti le guerre si stanno moltiplicando, negli ultimi anni se ne sono aggiunte di nuove, e che coinvolgono territori più vasti, a quelle che già incendiavano il mondo prima dell’inizio della fase acuta e irreversibile della crisi. La tendenza alla guerra è così palese (Medio Oriente, Ucraina, Palestina, Africa) che gli imperialisti devono affibbiare a destra e a manca il ruolo di terroristi a ogni forma di ribellione al loro ordine. Ed è così palese che per certi settori della classe dominante evocare la terza guerra mondiale è diventato un modo per sviare, confondere, intossicare l’opinione pubblica.
“Siamo nella terza guerra mondiale” dice il Papa, indicando posti lontani (anche se effettivamente si fanno sempre più vicini) per togliere l’attenzione da quello che succede sotto il naso di chi segue la traiettoria del suo dito. “Pace in Iraq”, dice il Papa, mentre nasconde con la tunica le vittime della guerra che abbiamo in casa, quella di sterminio non dichiarata, che ammazza e lascia menomati i poveri, anche quelli che ancora lo ascoltano e lo acclamano.
“Guardate il popolo ucraino che combatte contro il dittatore Putin” dice il PD, mentre Renzi rovescia la Costituzione, taglia i servizi pubblici, privatizza i beni comuni, smantella i posti di lavoro, abolisce i diritti, si abbraccia a Berlusconi e coccola quegli stessi nazisti ucraini che torturano, stuprano, uccidono le famiglie che si oppongono al colpo di stato.
“Guardate il popolo ebraico che si difende dal terrorismo” grida il governo mentre vende armi a quello stesso stato sionista autore del più lungo e sistematico tentativo di genocidio della storia moderna.
Ai ricatti e agli stenti preferiamo combattere. Alla pace finta preferiamo la guerra. Non è una questione di istinto, ma di razionalità. Questa è oggi la nostra scelta, di comunisti. Alla guerra di sterminio non dichiarata opponiamo la guerra popolare rivoluzionaria. Non un disperato atto di ribellione, non un “armiamoci e partiamo”, ma una marcia che comincia, qui e ora, con la creazione delle condizioni per costituire un governo di emergenza popolare. Una guerra che combattiamo per vincere, e per vincere occorrono strategia e tattica, occorre rafforzare lo stato maggiore della guerra (il partito comunista) a livello ideologico e organizzativo, occorre costruire il fronte che unisce il grande mare delle vittime della guerra di stermino, le addestra (cura e formazione) e le trasforma in combattenti a loro volta, occorre costruire il nostro esercito.
Non è per correttezza col nemico che la guerra l’abbiamo dichiarata. E’per veicolare il messaggio ai tanti nel campo delle classi oppresse che rischiano di perdersi, di avvilirsi, di imboccare vie controproducenti (che in certi casi portano ad arruolarsi nel campo nemico): la guerra si combatte, altrimenti abbiamo già perso. Milioni di vittime mute, con il silenzio in cui scompaiono, ci dicono questo. E noi, voi, l’umanità, possiamo vincere.
Dai processi ai NO TAV l’accusa a chi devasta e saccheggia
Nel processo contro gli attivisti che si mobilitarono nelle giornate dello sgombero della Maddalena nel 2011, un compagno imputato ha rilasciato una dichiarazione che rovescia contro i suoi accusatori le responsabilità di perseguire ad ogni costo un progetto inutile e dannoso come il TAV. Parla, fra l’altro, di guerra di sterminio non dichiarata.
“Mi ritrovo qui ad essere accusato di danneggiamento ad una barriera, posta alla centrale elettrica di Chiomonte. Mi viene mossa la responsabilità individuale di averla danneggiata, senza che si sia valutato se queste barriere fossero state poste legalmente o se queste fossero invece un abuso da parte di qualcuno.
Io ero certo dell’illegittimità della messa in opera di quegli sbarramenti di Betafence, dato che si trovavano a quasi un chilometro dall’area di quel cantiere che noi contestavamo e contestiamo ancora oggi.
(…) Come NO TAV ho, anzi abbiamo, sempre dimostrato la nostra contrarietà a quest’opera. Abbiamo dichiarato sempre in anticipo la nostra intenzione di metterci di traverso per impedire il regolare svolgimento di questo scempio.
Un danno da un punto di vista ambientale, economico e sociale. Lo scempio sociale che questo progetto pone in essere, lo voglio sottolineare. Perché in questi anni, con la crisi economica e la mancanza di lavoro, si è sempre sentito parlare di TAV come opportunità di occupazione. Questa è la motivazione, o la scusa, perciò i finanziamenti, per il cantiere di Chiomonte e per garantirne la sicurezza, non sono mai venuti a mancare.
Ma per fare questo lo Stato è stato costretto a tagliare i fondi a sanità, assistenza, ricerca ed educazione.
Abbiamo visto ospedali chiudere, scuole cadere a pezzi e piani di assistenza ai disabili soppressi per mancanza di fondi. Siamo testimoni, tutti i giorni, di una “macelleria sociale” che vede negati i diritti acquisiti da malati ed anziani. Tutto questo per poter realizzare una linea ferroviaria ad alta velocità, che di certo sarà prerogativa solo di una ristretta minoranza che potrà, in un eventuale futuro, permettersi i costi di accesso. La stessa minoranza che oggi si nutre di fumose ed inesplicabili certezze. La spettacolarizzazione di questo processo ci pone nel ruolo di “NEMICI DELLO STATO”. Un ruolo che ci avete affibbiato, una parte scritta nel copione di questa teatrale messa in scena. Nell’immaginario collettivo le istituzioni che hanno governato negli ultimi decenni, sono riuscite attraverso i media che controllano, a dipingere di cupi colori la nostra determinazione: prima eravamo NIMBY, poi eravamo una violenta minoranza antiprogressista, poi luddisti, nichilisti, e ora siamo diventati terroristi.
Un’escalation di aggettivi via via sempre più terribili, accuse sempre più infamanti, ma oggi il fallimento di questa operazione è ormai sotto gli occhi di tutti.
(…) Mi ritrovo dunque indagato per danni a cose, mentre quotidianamente subisco, insieme a centinaia se non migliaia di cittadini, questa “macelleria sociale”.
Non è anche questa una violenza ai danni delle famiglie, posta in essere da una struttura statale, che si è costituita come parte lesa in questo processo? Più ministeri si sono costituiti parte civile in questo processo. Sono stati citati in quest’aula alcuni precedenti di questo tipo di costituzione di parte civile: la strage nazifascista di Sant’Anna di Stazzema e il crollo nell’invaso della diga del Vajont. Credete che si possano paragonare quei fatti tragici a ciò che è accaduto nelle giornate del 27 giugno e del 3 luglio 2011? (…)
Thomas Lussi