Dal Venezuela due esempi illuminanti

per avere un’idea di cosa possono fare gli operai organizzati con un governo che agisce su loro mandato

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Manca la carta igienica, il governo occupa la fabbrica

“Il governo venezuelano ha ordinato nel weekend l’occupazione temporanea della fabbrica di carta igienica Manpa per garantire la fornitura di un prodotto ormai diventato il simbolo della scarsità di beni di prima necessità nel paese.

La carenza di alimenti, medicine e altri prodotti si è aggravata quest’anno nel mezzo di una galoppante inflazione. Le lunghe file davanti ai supermercati sono comuni quando vengono messi in vendita prodotti difficilmente rintracciabili.

Tramite un comunicato stampa, Karlín Granadillo, titolare della Soprintendenza nazionale dei costi e dei prezzi (Sundecop), ha fatto sapere che “la decisione è stata presa constatando la violazione del diritto all’accesso alla carta igienica”.

Una misura, assicura Sundecop, che consentirà di verificare il processo di produzione, distribuzione e commercializzazione della carta igienica. Non sono ancora stati forniti dettagli sulle norme infrante dall’impresa.

Manpa è un’azienda locale che produce carta igienica, assorbenti igienici e pannolini usa e getta.

“Il team responsabile dell’occupazione temporanea potrà adottare le misure che ritiene necessarie per gli ordine contenuti in questo atto amministrativo (…) Può anche assumere la direzione delle attività di produzione, distribuzione e commercializzazione dalla data della sua notifica e per 15 giorni consecutivi”, si legge nella nota”.

(da Atlas, 23.09.14)

Il governo occupa un’impresa USA

“Le fabbriche chiudono? Governo e operai forzano le serrature e le riaprono. Ha funzionato così nelle due sedi della compagnia statunitense Clorox, negli stati di Miranda e Carabobo. «Abbiamo aperto i lucchetti e siamo entrati. Gli imprenditori se ne sono andati lasciando un loro rappresentante in Argentina e un avvocato qui da noi», ha detto ai giornalisti il vicepresidente della Repubblica, Jorge Arreaza che ha accompagnato gli operai. Pochi giorni fa, l’impresa aveva lasciato tutti a casa: lamentando restrizioni imposte dal chavismo, interruzione nella fornitura del materiale e insicurezza economica. Gli operai avevano protestato bloccando il traffico e avevano chiesto l’intervento del governo.

E il governo ha risposto: in linea con l’atteggiamento che guida la «rivoluzione bolivariana» fin dai primordi. «Gli imprenditori hanno violato la Legge del lavoro per il proprio tornaconto, gettando per strada oltre 474 persone — ha spiegato Arreaza in uno dei due impianti — siamo qui per rimettere le cose a posto con un’occupazione temporanea». Dopo la chiusura della fabbrica, il 22 settembre, i lavoratori si sono riuniti fra loro e con rappresentanti del parlamento, del ministero del Lavoro, del Commercio e dell’Industria e hanno messo a punto un piano di intervento e di gestione: “Se avessimo avuto un governo capitalista oggi più di 780 lavoratori non avrebbero alcuna speranza di recuperare il posto”, ha detto il delegato Luis Piñango, riassumendo i termini della vicenda.

La fabbrica ha funzionato fino al 19, ma il lunedì gli operai hanno trovato i portoni chiusi. A tutti, è arrivato un sms da parte del presidente dell’impresa, Oscar Ledezma: “Ce ne andiamo dal Venezuela, vi abbiamo depositato sul conto la liquidazione, la fabbrica non riaprirà”. Gli operai ricorrono al Ministero del lavoro, che ordina ai responsabili Clorox di riprendere l’attività. Di fronte al silenzio dell’impresa, si procede allora all’occupazione temporanea” (da il manifesto, 29.09.14).

Non viene subito in mente l’Alcoa, qui da noi?

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