All’interno della Festa Nazionale della Riscossa Popolare di Napoli abbiamo organizzato un Tavolo tematico sulla “lotta delle donne negli organismi operai e popolari”. Hanno partecipato esponenti del Comitato delle mogli di Pomigliano (operaie e familiari degli operai della FIAT), dei comitati ambientalisti della Terra dei fuochi, di Chiaiano (appartenenti alla Rete Commons), Giuliano e Taverna del Re (fondatori della rete Mutuo Soccorso), Geraldina Colotti, ex prigioniera politica appartenente alle BR e attualmente giornalista de il Manifesto, la Console del Venezuela di Napoli e una compagna cubana in rappresentanza dell’associazione Italia-Cuba e delle donne cubane. Un saluto è stato inviato dal Comitato Mamme NO MUOS che non hanno potuto partecipare.
Analisi della situazione, scambio di esperienze, “che fare?” sono stati gli argomenti che abbiamo affrontato, visti però con la lente di chi le mobilitazioni le promuove e vi partecipa, con lo sguardo “dal di dentro” e con l’obiettivo di elaborare linee di sviluppo per legare il protagonismo delle donne che lottano con la necessità di coordinarsi e unirsi. Ma su cosa ci dobbiamo unire?
Dibattito ricco e interessante di cui riportiamo sinteticamente i principali spunti.
Andare oltre la protesta e combinare il protagonismo popolare con il contributo di tecnici e figure professionali per rendere concrete le proposte che gli organismi operai e popolari avanzano già per fare fronte agli effetti della crisi è una necessità condivisa: la classe operaia e le masse popolari, a differenza della borghesia, hanno e propongono soluzioni che mettono al centro gli interessi collettivi e la questione della loro traduzione in pratica è oggi il collo di bottiglia per trasformare le organizzazioni operaie e popolari in nuove autorità.
Condividere specifiche esperienze per fare fronte alla repressione, è quello che abbiamo fatto ed è l’aspetto della discussione da cui è emersa con maggiore forza la disponibilità delle masse popolari a sostenere “spontaneamente” i comitati di lotta (si tratta cioè della dimostrazione: a. che la repressione può essere rivoltata contro chi la promuove e può diventare ambito di organizzazione e mobilitazione più vasta; b. che non è vero che le masse popolari sono indolenti e menefreghiste, tanti sono gli attestati e le manifestazioni di vicinanza, di calore, di sostegno ai comitati di lotta colpiti da denunce o da altre forme repressive). Questo, come hanno detto ledonne presenti, ha alimentato la determinazione e il coraggio con cui hanno condotto o con cui hanno partecipato alle lotte per la difesa dei territori, dell’ambiente e della salute. La questione rimane aperta per quanto riguarda la nostra (collettiva) capacità di costruire un fronte comune di lotta contro la repressione: obiettivo tante volte discusso e certamente ambito, ma che il movimento popolare non è ancora riuscito a raggiungere compiutamente. Eppure la repressione “galoppa”: le denunce fanno il paio con le molte e sostanziose sanzioni pecuniarie, i fogli di via e gli arresti si susseguono.
Il diritto al lavoro, a vivere in un ambiente sano, a ricevere cure e un’istruzione di qualità e gratuita sono obiettivi distinti, ma di un’unica guerra, quella che la borghesia imperialista conduce contro le masse popolari. Su questo concetto è di particolare chiarezza il contributo delle Mamme di Niscemi: il MUOS è uno strumento della guerra imperialista (ad esempio negli attacchi in Iraq) che mentre uccide le masse popolari di quei paesi vittime di aggressione, contemporaneamente uccide i loro figli e famigliari e devasta l’ambiente in cui vivono. Questo contributo è stato spunto per ragionare sulla necessità di valicare i confini della propria città o regione e soprattutto della singola e specifica lotta: unire le lotte che riguardano il lavoro, la sanità, l’ambiente, ecc. e sviluppare la solidarietà a livello nazionale e internazionale.
Di particolare ricchezza e chiarezza l’esempio che hanno portato le compagne d’Oltreoceano. La compagna venezuelana ha brevemente inquadrato il contesto politico in cui nel suo paese avanza la lotta per l’emancipazione delle donne: la Rivoluzione Bolivariana ha posto le basi per cui l’iniziativa che parte dalle masse popolari viene ripresa, incoraggiata, sostenuta dal governo e dalle istituzioni. Riporta la compagna che attualmente in Venezuela si vive in un contesto in cui il principio che i diritti non solo si difendono, ma si conquistano applicandoli sta favorendo un vigoroso movimento femminile che trova supporto nelle principali istituzioni (cioè il governo esegue quanto le masse popolari indicano, costruisce apposite strutture, organizzazioni, istituti, enti sotto il controllo popolare).
Infine il contributo della compagna cubana, brevissimo dato che ha dovuto lasciare il tavolo per partecipare ad altri incontri nell’ambito della Festa, che riportiamo nel suo tratto qualitativo più alto: va benissimo, è giusto, perseguire l’unità e il coordinamento. Tale obiettivo va affiancato alla discussione politica, al confronto, al dibattito che alimenta la formazione della coscienza rivoluzionaria. A Cuba le donne si organizzano con il sostegno del governo, ma qui, nei paesi imperialisti, le donne devono organizzarsi per sconfiggere il capitalismo. L’unità che serve è questa.
Il breve report dell’iniziativa non rende onore alla ricchezza del dibattito e alla valenza dell’iniziativa. A conferma di ciò il fatto che la notizia dell’incontro e i principali punti emersi dalla discussione, tramite il Consolato del Venezuela, hanno fatto il giro del mondo.
Avanti donne! Avanti popolo!
Per la rivoluzione!
La responsabile del Tavolo sulla lotta delle donne negli organismi operai e popolari