Fare dell’Italia un nuovo paese socialista è il nostro obiettivo ed è anche l’unica via per porre fine alla bufera della crisi che devasta il nostro paese e la nostra vita. Ma il nostro paese non è un’isola: è strettamente legato agli altri paesi dell’Europa e del mondo. Per realizzare il nostro obiettivo dobbiamo tener conto di questi legami. La lotta per instaurare il socialismo è per sua natura internazionale. Il primo paese che inizierà, aprirà la via anche agli altri, ma dovrà anche fare i conti con le manovre e l’aggressione delle classi dominanti degli altri paesi. Qual è dunque il corso delle cose a livello internazionale?
Se siamo capaci di liberarci, di renderci ideologicamente autonomi dall’intossicazione dell’opinione pubblica, dalla diversione e disinformazione creati dal raffinato sistema di manipolazione delle coscienze e dei sentimenti promosso e gestito dalla classe dominante, è possibile renderci conto di come stanno andando le cose nel mondo e tenerne il debito conto nel condurre alla vittoria la rivoluzione socialista nel nostro paese. In proposito le recenti elezioni europee e la manipolazione imbastita nel nostro paese dalla borghesia e dal clero sul loro esito rivelano molte cose.
Ci avevano detto che le elezioni europee sarebbero state un passaggio importante per definire il futuro della UE (e dato che ogni 5 minuti impongono sacrifici perché “ce lo chiede l’Europa”, quindi importante anche per il futuro del nostro paese e nostro). In realtà ai fini dell’attività delle istituzioni della UE le elezioni contano meno di quanto contano le elezioni politiche nei singoli paesi, persino in Italia nonostante tutti i sistemi che i vertici della Repubblica Pontificia hanno adottato, in barba alla Costituzione, per guidare e sterilizzare l’influsso delle masse popolari. Quanto all’UE, chi dirige le sue istituzioni non deve neanche vincere le elezioni.
Anche se non contano per decidere l’attività delle istituzioni europee, le recenti elezioni europee contano per conoscere l’orientamento e lo stato d’animo dei circa 500 milioni di abitanti della UE. Il loro esito consegna la fotografia di un alto grado di insofferenza delle masse popolari nei confronti delle istituzioni europee, dei governi dei singoli paesi e delle condizioni cui sono costrette dai gruppi imperialisti che dettano legge in Europa e fanno di ogni paese europeo un terreno libero per le loro scorrerie e per i loro affari, calpestando interessi, diritti, abitudini e aspirazioni degli abitanti. Nelle elezioni europee ha stravinto l’astensione e chi è andato a votare ha votato in larga misura per partiti e forze che contestano il corso della UE, il suo ruolo, le sue politiche. E’ un termometro che non vincola le decisioni e le strategie dei caporioni della finanza che governano l’UE, ma è un segnale che noi comunisti non dobbiamo sottovalutare e di cui anche i caporioni tengono conto per misurare quanto possono tirare la corda e le forze che possono mobilitare nella loro lotta con i gruppi imperialisti loro concorrenti nel mondo.
Natura e futuro della UE
Un aspetto fondamentale del corso delle relazioni internazionali è che tutti i gruppi imperialisti sono in concorrenza tra loro perché ognuno deve valorizzare (aumentare) il suo capitale e la crisi generale del capitalismo ha origine proprio dal fatto che non tutto il capitale accumulato può essere valorizzato: alcuni capitalisti sono condannati a restare a bocca asciutta. E’ la forza che decide chi sacrifica chi. I gruppi imperialisti europei e i gruppi imperialisti USA, concorrenti tra loro in ogni angolo del mondo ai fini della valorizzazione del loro capitale, sul piano politico fanno capo a potenze relativamente indipendenti. Settant’anni fa, alla fine della Seconda Guerra mondiale, i gruppi imperialisti americani godevano di una schiacciante superiorità su quelli europei. Tuttavia non poterono eliminare completamente la loro autonomia politica perché allora esisteva l’Unione Sovietica, il movimento comunista era forte in tutto il mondo e aveva fatto della bandiera dell’autonomia delle nazioni la sua bandiera. Nella situazione attuale i gruppi imperialisti europei e i gruppi imperialisti americani proseguono quindi su binari che li portano a scontrarsi, fanno capo cioè a due poli dell’imperialismo mondiale che se fino all’inizio della fase acuta della crisi erano in concorrenza, con l’avanzata della crisi si trovano sempre più in antagonismo. Antagonismo di interessi economici e politici. E’ uno scontro di cui la borghesia imperialista e il clero e la sinistra borghese che ne è succube parlano poco, ma è nondimeno reale e si aggrava su tutti i terreni. Di molti importanti avvenimenti alla ribalta della cronaca (dalla devastazione dell’Ucraina, alla maximulta di 6 miliardi di euro inflitta dagli USA alla principale banca francese (BNP), al turbinio di guerre in cui è coinvolta quasi tutta l’Africa e gran parte dell’Asia, alla contrattazione del TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership) e del TISA (Trade in Services Agreement) al riparo dall’opinione pubblica e molti altri) è possibile capirne l’origine e il corso solo se si tiene conto di questo antagonismo di fondo.
Anche nella costituzione degli organismi dell’UE si ripercuotono gli antagonismi tra i due principali poli dell’imperialismo mondiale, mentre gli imperialisti europei (a differenza dei gruppi sionisti) hanno scarsa capacità d’intervento diretto negli USA. In ballo c’è la natura e il ruolo della UE in una fase in cui ogni gruppo imperialista sgomiterà e combatterà per avere il suo “spazio vitale” di hitleriana memoria. Nella definizione delle istituzioni UE si tratta in sostanza di definire il ruolo degli imperialisti franco-tedeschi e la loro posizione rispetto ai gruppi imperialisti USA.
Di sgambetto in sgambetto, fra imperialisti UE e USA è in corso, non da oggi, una guerra economica e finanziaria e in alcuni casi anche militare ma solo indiretta, per interposta persona. Gli scenari sono le zone del mondo dove i focolai di guerra sono descritti come religiosi, tribali, di liberazione da qualche dittatore che fino a ieri era sul libro paga degli USA: dai Balcani al Medio Oriente, all’Africa e, in ultimo, l’Ucraina. Imperialisti USA e imperialisti UE si stanno contendendo “a distanza” per la sopravvivenza dei loro interessi.
Ogni manovra degli imperialisti aggrava la crisi
Gli imperialisti europei devono oggi far fronte a una ancora relativa superiorità degli imperialisti USA. Una superiorità che ha radici storiche di tipo economico e politico. In particolare i gruppi franco-tedeschi devono fare fronte al fatto che anche nella stessa UE, oltre alla Gran Bretagna che a causa di legami di lunga data ha il ruolo di testa di ponte dell’imperialismo USA in Europa, ci sono altri paesi europei che oscillano e propendono verso la sfera di influenza e di interessi degli imperialisti USA. L’Italia è fra questi ed è forse il più importante fra questi. Certamente l’orientamento del Vaticano, che è uno dei gruppi imperialisti più influenti al mondo ed è il governo occulto e di ultima istanza del nostro paese, ha un peso determinante nel posizionamento dell’Italia.
L’elezione di Bergoglio al posto di Ratzinger e lo schieramento della Corte Pontificia (funzionari, partiti, un pacchetto importante di voti (4-5 milioni), burocrati, pezzi di apparato dello Stato) armi e bagagli a sostegno di Renzi sono elementi che indicano il prevalere del “partito USA” su quello “filo UE” (la corrente dei Prodi, Bersani, Letta e Monti). Con “prevalere” non intendiamo dire che la lotta è conclusa e che lo schieramento dell’Italia è deciso. Ma è questa una delle angolazioni da cui vedere le contraddizioni e “contrapposizioni” fra il governo Renzi-Berlusconi e la Troika.
Gli imperialisti USA potevano contare su un grande vantaggio rispetto ai contendenti. Ma sono anche quelli che la crisi ha indebolito di più e ha spinto a fare massiccio ricorso alla “guerra calda”, sia per mantenere ambiti di influenza e controllo in varie parti del mondo contesi, sia per far girare quanto possibile l’economia “reale” (produrre armi, sviluppare le ricerca, mettere a punto e imporre sempre nuovi sistemi d’armi di ogni tipo), sia per controllare i nuovi spazi di mercato che si aprono nei paesi oppressi del sistema imperialista mondiale. Ma sono in effetti, gli imperialisti USA, quelli messi peggio, nel senso che le soluzioni che provano a dare alla decadenza economica e politica producono sempre più spesso effetti contrari. La campagna di guerra “contro il terrorismo” iniziata in grande stile nel 2001 in Afghanistan ha tutt’altro che rafforzato il loro ruolo nel mondo e anziché pacificare l’area l’ha incendiata. Gli imperialisti USA hanno innescato un processo a catena che li sta avviluppando.
L’Afghanistan è fuori controllo, l’Iraq è preda delle bande militari che la comunità internazionale aveva armato per conquistare la Siria, ma vista la malaparata si rivolgono ora contro il governo fantoccio iracheno nominato dagli USA, la Libia è in preda alla guerra civile, l’Egitto è nel caos, l’Africa è tutta un ribollire di guerre. A fronte degli insuccessi degli imperialisti USA, i sionisti, già presenti in gran parte del mondo come consiglieri e controllori, hanno ripreso con maggiore intensità le operazioni di guerra contro i palestinesi e gli altri paesi della zona, il Libano è una polveriera. La guerra avanza. Tutto il corso delle cose dimostra che ogni manovra per fare fronte agli effetti della crisi compiuta da parte degli imperialisti, finisce con l’alimentare la crisi e spinge verso la guerra. Questo è il marasma generale in cui siamo immersi. In cui sono immersi milioni di persone.
Russia e Cina: Che ruolo hanno nel sistema imperialista internazionale?
A complicare la rivalità e la concorrenza fra imperialisti USA e UE ci sono il ruolo, il peso e la sfera di interessi di Russia e Cina che ereditano dal loro passato socialista un ruolo importante nello scenario internazionale e che sono tutt’altro che marginali nell’evoluzione della situazione, benché abbiano entrambe perso la capacità di influenzare le masse popolari europee e americane che era legata al loro ruolo di base rossa della rivoluzione proletaria mondiale. Si tratta di due potenze che tuttavia non si possono considerare alla stregua né dei gruppi imperialisti che formano la comunità internazionale dei gruppi imperialisti europei, americani e sionisti e nemmeno alla stregua delle “potenze emergenti” (India, Brasile, Sud Africa, Corea del Sud, Indonesia, ecc.) che benché crescano a livello economico, sono sottomesse alla comunità internazionale.
“Di fatto la Federazione russa non riconosce ancora in pieno la supremazia che gli USA hanno acquisito nel sistema imperialista mondiale: questo ne fa un membro anomalo del sistema imperialista mondiale in cui occupa tuttavia un posto importante sul terreno economico e sul terreno politico. Si confronti la differenza tra la posizione della Russia e quella della Germania: un grande paese imperialista, la maggior potenza commerciale, ecc., ma dove non a caso stazionano ancora importanti forze militari USA, insediatesi più di 60 anni fa. Un discorso analogo a quello fatto per la Germania va fatto a proposito del Giappone. La Federazione russa e altri ex paesi socialisti si trovano ancora oggi nella terza delle tre fasi attraversate dai primi paesi socialisti indicate nel Manifesto Programma del (n)PCI (cap. 1.7.3.)”.
“Nella Repubblica Popolare Cinese la proprietà statale, degli enti locali e delle cooperative supera ancora oggi l’80% delle forze produttive, comunque queste vengano misurate. Queste forze produttive sono gestite dalle autorità politiche nell’ambito di un piano e “la quantità fa qualità”, benché esista un settore di circa il 20% delle forze produttive che sono proprietà privata di capitalisti cinesi o stranieri. La Repubblica Popolare Cinese tutto sommato si trova oggi ancora nella seconda delle tre fasi attraversate dai primi paesi socialisti indicate nel Manifesto Programma del (n)PCI (cap. 1.7.3.)”.
Da La Comune di Parigi 18 marzo – 27 maggio 1871 e la rivoluzione socialista nei paesi imperialisti in La Voce del (n)PCI n. 38, luglio 2011.
O guerra imperialista o rivoluzione socialista
Il processo di dissoluzione del sistema di relazioni internazionali non avviene per cause esterne, ma per la natura stessa del sistema, ad opera della sua classe dirigente. Coinvolge ogni paese, la società, il mondo intero; unisce i destini delle masse popolari nella lotta per la rivoluzione socialista (qualunque sia il loro punto di partenza e le condizioni concrete in cui devono combattere questa lotta).
Alle contraddizioni fra gruppi imperialisti, in ogni paese si combina la contraddizione fra classe dominante e masse popolari. In ogni parte del mondo, in forme, modi, intensità e manifestazioni diverse, le masse popolari si sollevano.
Se siamo capaci di mettere da parte, di liberarci, dalla cappa di intossicazione dell’opinione pubblica, di diversione e di disinformazione, risulta chiaro che ad ogni azione della classe dominante corrisponde una diffusa risposta delle masse popolari. E quanto più avanza la crisi, quanto più i suoi effetti morali e materiali si abbattono sulle masse popolari, tanto più le masse popolari si mobilitano, sono spinte alla ricerca di una soluzione positiva. Non si tratta di “animare rivolte”, ma principalmente di sollevare la testa e lo sguardo, di elevarci e di diventare capaci di unire le rivolte (disordinate, contraddittorie) delle masse popolari in una spinta collettiva e unitaria a trasformare la società.
Per quanto violente, per quanto arbitrarie, per quanto gridino vendetta, ogni manovra e ogni operazione della borghesia imperialista per salvare il suo mondo, rientra nei colpi di coda di un sistema finito.
Eppure il passaggio dal vecchio al nuovo mondo non è spontaneo. “Anche la storia ha bisogno di una spinta”, diceva Lenin. A spingere devono essere, dobbiamo essere, noi comunisti e per spingere dobbiamo sapere in quale direzione andare. Anche per chi non lo riconosce, anche per chi non lo sa, e in definitiva anche per chi non è d’accordo, la soluzione unitaria al marasma della società borghese è il socialismo.
Il principio è di per sé semplice da capire: si tratta di conformare l’intero sistema delle relazioni sociali e le idee e i sentimenti con cui gli individui le vivono, alle condizioni pratiche della vita sociale già create nel corso della storia. Si tratta, cioè, di un percorso naturale dell’evoluzione umana, interrotto e osteggiato da una sacca di resistenza conservatrice (i capitalisti) che per quanto disastrata da lotte interne e dal processo di decadimento può però contare sul fatto che governa la società e diffonde e impone le sue idee, i suoi valori morali e le sue relazioni materiali.
E’ in corso una lotta aperta fra quanto noi comunisti riusciamo a implicare le masse popolari in un’esperienza pratica che conquisti e formi con i suoi insegnamenti anche il loro cuore e la loro mente e quanto la borghesia imperialista riesce a mantenere il controllo della mente (dei pensieri e della capacità di progettare e sognare) e del cuore delle masse popolari, attraverso la diversione, il ricatto, la corruzione, le credenze metafisiche e il fatalismo.
Per questo lo stato maggiore delle masse popolari, nella loro lotta per prendere il potere (per uniformare la società alla loro esperienza concreta), non può che essere il movimento comunista cosciente e organizzato: perché raccoglie, sintetizza ed elabora a livello scientifico (cioè ne fa una scienza, una scienza sperimentale) la più alta esperienza delle masse popolari: le forme e i contenuti della lotta di classe, della lotta per prendere il potere e costruire una società socialista.
In questa fase del processo rivoluzionario, selezionare e consolidare lo stato maggiore è il passaggio decisivo. Si tratta di aggregare e di formare alla concezione scientifica del mondo gli elementi più generosi e combattivi (in particolare della classe operaia) affinché diventino lo strumento attraverso cui il movimento comunista contende e conquista la mente e il cuore delle masse popolari, sottraendolo dall’influenza della borghesia imperialista. E’ difficile, ma anche in questo caso tutto spinge in questa direzione.
“Guardati dall’inquietudine traboccante che spezza il cuore, getta uno sguardo lungimirante sulle cose del mondo”
Lo scriveva Mao Tse-Tung. L’inquietudine che spezza il cuore è il frutto del senso di smarrimento e di impotenza rispetto a come vanno le cose. Ci sono gli strumenti, le conoscenze, le risorse per farlo andare nel senso delle migliori aspirazioni, dei migliori sentimenti e dei migliori valori che le masse popolari coltivano, eppure invece va al contrario: dai grandi processi e fin nelle piccole cose siamo nel pieno del marasma. Tendenza alla guerra, devastazione ambientale, sfruttamento, la cappa di ignoranza che sembra rinchiudere il genere umano in un recinto da cui non riesce a uscire, guerra fra poveri, repressione, precarietà.
Gli inquieti sono coloro che con vari livelli di coscienza, subiscono il marasma della società perché subiscono l’influenza ideologica e morale della classe dominante. Il marasma generale è il frutto del declino di una classe dominante e di una società fatta a sua immagine e somiglianza, secondo i suoi valori e le sue leggi. La sinistra borghese e anche i semplici elementi delle masse popolari che sono da essa influenzati, è il campo in cui regna l’inquietudine.
Gettare uno sguardo lungimirante sulle cose del mondo significa soprattutto esercitarsi a leggere l’oggi non per quello che è, ma per quello che può diventare. Significa immaginare, sognare, ambire a costruire il futuro attorno alle migliori aspirazioni di cui le masse popolari sono capaci.
Gettare uno sguardo lungimirante sulle cose del mondo significa assumere una concezione scientifica delle cose del mondo e usarla per orientare le propria azione: trasformare il mondo.