Settembre 1917, poco prima della costituzione del governo sovietico. Lenin scrive “La catastrofe incombente e come lottare contro di essa”.
“Una catastrofe di ampiezza senza precedenti e la carestia ci minacciano inesorabilmente. Tutti i giornali ne hanno parlato infinite volte. I diversi partiti e i soviet dei deputati degli operai, dei soldati e dei contadini, hanno approvato un numero inverosimile di risoluzioni nelle quali si riconosce che la catastrofe è inevitabile, imminente, che bisogna combatterla strenuamente, che il popolo deve fare “sforzi eroici” per scongiurare il disastro, ecc.
Tutti lo dicono. Tutti lo riconoscono. Tutti lo constatano. E non si fa nulla. È un fatto.
(…) Posso affermare con certezza che non troverete un solo discorso, un solo articolo di giornale di qualsiasi tendenza, una sola risoluzione di qualsiasi assemblea o istituzione che non riconosca in termini chiari e precisi quali dovrebbero essere i provvedimenti fondamentali, principali, per combattere, per scongiurare la catastrofe e la carestia. Questi provvedimenti sono: controllo, sorveglianza, censimento, regolamentazione da parte dello Stato, ripartizione razionale della manodopera nella produzione e nella distribuzione, risparmio delle forze del popolo, soppressione di ogni loro sperpero, economia di queste forze. Controllo, sorveglianza, censimento: ecco da che cosa si deve incominciare per lottare contro la catastrofe e la carestia. Ecco ciò che è incontestabile e che tutti riconoscono. Ma è precisamente ciò che non si fa per tema di attentare all’onnipotenza dei proprietari fondiari e dei capitalisti, ai loro profitti smisurati, inauditi, scandalosi profitti che essi intascano grazie all’alto costo della vita, alle forniture militari (per la guerra ora “lavorano”, direttamente o indirettamente, quasi tutti), profitti che tutti conoscono, che tutti osservano e a proposito dei quali tutti danno in escandescenze (Lenin, Opere, vol. 25).
La particolarità di questo testo, e il motivo per cui lo consigliamo, è la profondità di analisi del contesto russo dell’epoca e la ricchezza di linee di sviluppo che Lenin elabora. Per questo motivo il documento risulta una grande dimostrazione pratica di cosa si intende con “l’entrare nel concreto” delle cose, non limitarsi alle analisi generali e agli appelli alla buona volontà rivoluzionaria.
Fra i tanti aspetti che certamente coglieranno tutti quelli che leggeranno il testo, poniamo l’attenzione su tre.
Primo. Il fatto che, ed emerge con forza, il cuore del processo rivoluzionario per fare fonte alla catastrofe incombente è la mobilitazione delle masse popolari. Ogni “decreto” che il nuovo potere prende, che Lenin indica che deve prendere, si basa sul protagonismo dei lavoratori e delle masse popolari: è così per la nazionalizzazione delle banche e per l’esproprio delle aziende, è così per il controllo della pubblica amministrazione e per il funzionamento delle strutture produttive. Forse che in Russia le masse popolari erano composte già da “uomini nuovi” ancora prima di fare la rivoluzione? O forse, probabilmente, certamente, Lenin indica che la rivoluzione si fa con le forze disponibili, alle condizioni in cui sono disponibili? E le forze, quando si parla della composizione delle masse popolari, sono determinate (spinte, mobilitate) dagli interessi e dall’appartenenza di classe. A patto che ci sia il soggetto, l’organizzazione, il partito, la “testa” che gli interessi e l’appartenenza di classe li facciano valere per mobilitarle.
Secondo. Benché scritto a un mese dalla Rivoluzione d’Ottobre, è di particolare interesse per noi, comunisti in un paese imperialista e alle prese con un’impresa storica mai riuscita prima all’umanità (instaurare il socialismo in un paese imperialista), scoprire e approfondire quello che Lenin chiama nel testo “il governo democratico e popolare” che aveva il compito di attuare quelle misure necessarie per scongiurare la catastrofe. “Non è il socialismo!” afferma Lenin. Cosa è? Un governo di emergenza popolare, ecco cosa è, solo che a quello stadio evolutivo della scienza del movimento comunista, tale linea non era ancora stata scoperta e sintetizzata. Questo aspetto è di grande utilità per comprendere, pur con le diversità del caso, del tempo e delle condizioni, l’opera che spetta a noi comunisti di oggi alla luce della teoria della Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata (la rivoluzione non scoppia). Non cadiamo nella tentazione un po’ superficiale, anche se gli elementi che emergono nel documento vanno tutti nella direzione di lasciarsi tentare, di “cambiare i nomi” allo scenario che Lenin descrive per sostituirli con figure attuali. Ma ogni lettore non potrà che essere sorpreso da quanto e come le tendenze, i movimenti, le posizioni e le soluzioni siano simili e riconoscibili.
Terzo. Il P.CARC usa questo testo come formazione al metodo scientifico, come formazione per contrastare l’approssimazione e la tendenza a partire dalle opinioni, “da quello che sembra” (soggettivismo) anziché dalla realtà delle cose. Abbiamo chiaro che lo ha scritto Lenin e che per certi versi rientra nel campo delle eccellenze dell’elaborazione teorica. Proprio per questo è una base da cui partire per imparare a entrare nello specifico, secondo il processo di analisi concreta della situazione a cui far seguire l’elaborazione di linee di sviluppo e di indicazioni precise, circostanziate e realistiche.
Con chi lo leggerà saremo contenti di sviluppare una discussione e un confronto anche su altri aspetti che emergono dal testo oltre a quelli indicati, utile a contrastare il “pensiero debole” con cui i comunisti moderni devono fare i conti, a differenza di quelli che sono stati protagonisti della prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale.
Il testo è scaricabile da internet, sul sito del (nuovo)PCI, www.nuovopci.it