A dicembre 2013 la Direzione Nazionale del P.CARC ha preso la decisione di avviare una Lotta Ideologica Attiva (LIA) in Campania, il principale concentramento di forze del Partito e di lanciare a tutti gli organismi della Campania anche solo in qualche misura legati alla Carovana del (n)PCI l’appello a prendervi anch’essi parte.
Nel n. 2 e nel n. 3 di Resistenza abbiamo già illustrato l’obiettivo, i metodi e i campi di sviluppo della LIA. In questo articolo ritorniamo sull’argomento per illustrare i principali insegnamenti di questa esperienza, gli esiti e le prospettive, dopo che a maggio la direzione del P.CARC ha dichiarato conclusa la prima fase della LIA e ha proceduto a ricostituire gli organismi dirigenti locali.
Come abbiamo già detto negli articoli citati, “la LIA è una lotta tra due linee per affrontare e superare i limiti ideologici che frenano il nostro sviluppo, che ci impediscono di utilizzare in modo più avanzato e incisivo le nostre forze, di sviluppare le nostre potenzialità, di raccogliere i frutti della nostra attività per rilanciare a un livello superiore la nostra lotta”.
Essendo la Campania il nostro principale concentramento di forze, limiti, resistenze, arretratezze si sono manifestate prima, e con maggiore evidenza, rispetto alle altre Federazioni del P.CARC. E per questo gli insegnamenti che ne emergono sono importanti per tutte le strutture del Partito e della Carovana del (n)PCI, ma più in generale sono utili a chi si riconosce comunista, vuole essere e fare il comunista. Per cambiare il corso delle cose, per instaurare il socialismo in un paese imperialista come l’Italia, non basta continuare a fare quello che si sta già facendo, rimanere quello che si è, non basta dichiararsi comunisti e fare delle iniziative con slancio, impegno e generosità: bisogna trasformarsi sotto la guida del collettivo e attingendo dal patrimonio del movimento comunista internazionale sintetizzato nel Manifesto Programma del (n)PCI.
Quali sono, quindi, i principali insegnamenti della LIA in Campania?
1. I dirigenti devono essere educatori-formatori e organizzatori comunisti, ossia compagni che curano la formazione ideologica, politica, morale e culturale dei diretti (farli diventare intellettualmente acuti e moralmente tenaci), che li alimentano con la concezione comunista del mondo, che li guidano nel loro processo di crescita e di trasformazione in comunisti (affermazione delle nuova morale sulla vecchia), che insegnano ai compagni a pensare e che promuovono esperienze-tipo con cui fanno loro sperimentare nella pratica della lotta di classe la scienza della lotta di classe (scuola di comunismo), elevando passo dopo passo la loro dedizione alla causa, la loro capacità di orientarsi e di orientare. I dirigenti devono mirare a fare diventare i compagni che dirigono dirigenti comunisti migliori di quanto lo siano essi stessi. Solo i dirigenti che perseguono questo obiettivo svolgono un lavoro efficace, costruttivo, positivo che alimenta l’aggregazione delle forze rivoluzionarie.
Per entrare nel concreto, si tratta di superare la concezione per cui “i dirigenti sono quelli che dicono cosa bisogna fare” o che si limitano a tracciare le direttive particolari da eseguire nelle attività decise o, ancora, che si limitano ad affidare compiti a questo o quel compagno senza curare la formazione politica: il cosa si fa, il perché si fa, il come si fa, il cosa implica quello che facciamo e il cosa impariamo da quello che facciamo.
2. Chi non studia non riesce a dirigere con successo, con buoni risultati. Il fattore decisivo per l’esito della lotta di classe (e vale per ogni attività, da quelle più semplici a quelle più articolate, vale per le iniziative, per le battaglie e per le campagne) è che i comunisti pensino in modo giusto, cioè abbiamo la capacità di fare una concreta analisi della situazione e la capacità di progettare l’intervento e lo sviluppo, sappiano guardare avanti: nella costruzione della rivoluzione socialista ciò che pensiamo decide di ciò che facciamo. L’efficacia dell’azione di un comunista, quindi, dipende dalla sua concezione, dalla capacità di comprendere le condizioni, le forme e i risultati della lotta di classe, di fare analisi concreta, di tracciare su questa base linee di intervento efficaci, di applicarle con lungimiranza e creatività, di tirare il bilancio dall’esperienza ricavando insegnamenti, principi, criteri, metodi e strumenti per elevare la propria opera, quella del proprio collettivo, quella della Carovana.
Ai dirigenti (ma questo riguarda ogni compagno) non chiediamo di fare, da zero, cose che non sanno fare. Chiediamo di cimentarsi nell’imparare a elaborare l’esperienza, partendo dal loro livello attuale e avanzando con il sostegno del collettivo.
La concezione comunista del mondo non è una cosa che si acquisisce spontaneamente (nessuno nasce comunista fatto e finito, comunisti si diventa!), richiede dedizione, impegno e lavoro, continuativi nel tempo.
Per entrare nel concreto, si tratta di dare battaglia a quegli atteggiamenti di fiacchezza morale, intellettuale e materiale a cui la borghesia ci ha educato e ci educa (e in particolare la sinistra borghese: ognuno fa rispondendo a se stesso e secondo la volontà propria, mettendo in secondo piano o addirittura negando le responsabilità dell’individuo nel collettivo): vanno dalla poca serietà all’egoismo più spinto. Tutti comportamenti che abbondano anche in tanti ambienti di “compagni”. Per questo affermiamo (e ci comportiamo di conseguenza, lottiamo per affermarlo nella pratica) che la disponibilità a trasformarsi sulla base dello studio è un requisito essenziale per tutti coloro che vogliono avere un ruolo da protagonisti nella costruzione della rivoluzione socialista ed è per questo che, riprendendo Gramsci, abbiamo assunto la lotta contro la pigrizia intellettuale come un pilastro del nostro lavoro “Occorre persuadere molta gente che anche lo studio è un mestiere, e molto faticoso, con un suo speciale tirocinio, oltre che intellettuale, anche muscolare-nervoso: è un processo di adattamento, è un abito acquisito con lo sforzo, la noia e anche la sofferenza” (A. Gramsci, Quaderni del carcere).
3. La democrazia proletaria è cosa diversa dalla democrazia borghese: la sua sostanza è crescita intellettuale e morale e partecipazione alla lotta. Tra i compagni che provengono dal PRC, PdCI, PCL, CSP-Rizzo, ecc. la democrazia nel Partito è intesa come votare (delegare qualcuno a dirigere), fare sondaggi, assemblee, ecc. Questa concezione del lavoro di partito dei revisionisti e della sinistra borghese ha ridotto la militanza comunista da partecipazione attiva e responsabile a semplice “adesione” regolata da uno statuto (spesso con annessa “fedeltà” al capo di turno). Questa visione della democrazia nel Partito è un derivato della concezione borghese del mondo: nella società borghese la democrazia per le masse popolari si riduce alla possibilità di aderire, di ascoltare i comizi e le conferenze degli esponenti politici della borghesia e di dire la propria ogni tot di anni attraverso votazioni, illudendosi di scegliere chi andrà a governare il paese: nel migliore dei casi sceglie chi dei capi che gli sono proposti andrà a governare il paese.
La democrazia nel Partito non si qualifica per la possibilità di “votare” (una mozione, un dirigente, una corrente): quel tipo di votazione equivale a una delega (altri pensano ed elaborano, un militante al massimo può scegliere tra quello che altri hanno pensato ed elaborato). Per noi il senso e il significato di democrazia ha strettamente a che vedere con la formazione ideologica, politica, morale e culturale dei compagni, con la loro elevazione, con il loro percorso di trasformazione: con la possibilità da parte di ogni compagno di diventare realmente capace di contribuire all’elaborazione di analisi, orientamenti e linee, di partecipare alla formulazione (sperimentazione, bilancio dell’esperienza, Critica-Autocritica-Trasformazione) delle soluzioni che consentono al collettivo di fare un passo avanti. Per favorire questo processo, il Partito deve occuparsi della formazione e valorizzazione dei singoli compagni e, allo stesso tempo, far fronte alle disparità economiche e culturali all’interno del Partito (sostenere i compagni che hanno difficoltà economiche a far fronte alla situazione, trovando collettivamente soluzioni adeguate; formare i compagni che hanno lacune culturali).
La nostra è democrazia proletaria. Non calare dall’alto le decisioni, ma spronare tutti ad avanzare, ad entrare nel merito delle questioni e ad assumersi delle responsabilità non di fronte a un dirigente, una corrente, una mozione, ma di fronte al collettivo del partito, della Carovana, di fronte alle masse popolari e ai loro interessi.
In quest’ottica trattiamo anche la questione dei “capi-popolo” che aderiscono al Partito: favoriamo la loro trasformazione in dirigenti comunisti in maniera tale che continuino a svolgere un ruolo positivo: non cadano nell’errore di “crearsi la propria banda” nel Partito (gruppo, frazione, massa di manovra) ma promuovano la crescita, nei compagni che hanno aggregato e li seguono, di una coscienza critica e autocritica (in questo sta il loro nuovo ruolo positivo), affinché si emancipino dalla subordinazione al “capo” e rafforzino il loro legame con la Carovana e la causa.
Anche i legami familiari e sentimentali presenti tra compagni del Partito li trattiamo sulla base di questi principi: operiamo per elevare i compagni affinché imparino a valutare e decidere non in base a legami di parentela o affettivi (familismo), ma “usando la loro testa”, imparando ad analizzare le cose autonomamente, con senso critico e alla luce della concezione comunista del mondo, a valutarle e su questa base decidere.
Dicemmo, a dicembre, che “l’obiettivo della LIA consisteva nell’individuare e formare un nuovo gruppo dirigente (del P.CARC campano) all’altezza dei compiti che la situazione pone nel concentramento di forze. Quando diciamo un nuovo gruppo dirigente, non intendiamo necessariamente “altre persone” (cioè una nuda e cruda sostituzione). Intendiamo un gruppo dirigente di una nuova e più elevata qualità, che si assume pienamente il compito di valorizzare e sviluppare l’intervento degli organismi della Carovana del (n)PCI”. Un nuovo gruppo dirigente è emerso e ha oggi il compito, sotto la direzione e la responsabilità del Centro del Partito, di sviluppare la LIA nella nuova fase in cui il principale terreno di lotta è l’applicazione degli orientamenti e delle linee definite (e di quelle che verranno via via elaborate) negli ambiti di lavoro stabiliti, secondo compiti che ogni compagno assume e che gli vengono assegnati dal collettivo.
Nel selezionare i compagni e le compagne che comporranno la nuova Segreteria Federale, il Centro non ha usato come criterio di valutazione gli anni di militanza nel Partito, i meriti dell’attività svolta nel passato (meriti che comunque sono valorizzati e riconosciuti come contributo alla costruzione della Carovana) o il ruolo svolto prima della LIA (la carica ricoperta). Il Centro ha usato come criterio di selezione l’impegno e lo slancio con cui i compagni hanno contribuito alla LIA sia sul piano teorico che pratico, nell’ottica di essere soggetto e oggetto delle rivoluzione. Quindi:
– la dedizione alla causa: che si sostanzia nella disponibilità ad affidarsi al collettivo, ad imparare, ad intraprendere un percorso di trasformazione e formazione in funzione dei compiti che la situazione pone;
– la capacità di orientarsi: che si sostanza nella capacità di analizzare la situazione in cui si interviene (sia sul piano interno che su quello esterno) e tracciare una linea di intervento efficace;
– la capacità di orientare gli altri: che si sostanzia nella capacità di dirigere, orientare e formare gli altri compagni e di orientare le organizzazioni operaie e popolari con cui si opera.
Gli organismi dirigenti emersi dalla LIA rimarranno in carica fino al IV Congresso che terremo nella primavera 2015, che sarà quindi ambito di bilancio della loro attività.
Avanti nella costruzione del Partito e nello sviluppo della Carovana!
Avanti nella lotta per il Governo di Blocco Popolare!
Faremo dell’Italia un nuovo paese socialista!