A che serve, che obiettivo ha la candidatura di Tsipras alle europee? Guardate che non si tratta di una domanda retorica che nasconde un presa di posizione “con i paraocchi”, è una domanda vera. La risposta non può essere liquidatoria in nessun caso, e tantomeno lo può essere una risposta che si conclude più o meno con “portare nel parlamento europeo una rappresentanza della sinistra vera”.
Gli esponenti della sinistra “diffusa” (si va da Viale a Revelli, un’area che oltrepassa partiti come il PRC e il PdCI) che sostengono la sua candidatura sono orientati in vario modo dalla concezione della sinistra borghese, quella per cui (fra l’altro) le debolezze e le difficoltà proprie e dei propri movimenti sono causati “dal periodo più buio della storia”; quella per cui “occorre dare un segnale di cambiamento e discontinuità” e quella per cui l’unico mezzo per cambiare le cose sono le elezioni (elettoralismo) o la creazione di un grande movimento di opinione che influisca sulle politiche delle autorità e delle istituzioni nazionali e internazionali. Non avendo fatto un bilancio dei motivi per cui la parabola delle loro idee, delle loro organizzazioni, del loro seguito è discendente, continuano a proporre le stesse “soluzioni” che aprono le porte ad annunciate disfatte, che li trascinano a fondo (materialmente e politicamente) come avessero un piombo allacciato in vita.
Chi è Tsipras? Il primo abbaglio di chi indica la sua candidatura come unica prospettiva per “dare un segnale” sta nel fatto che il segnale che vuole dare non è per nulla incoraggiante.
Nulla di personale con Tsipras, ma la coalizione che dirige in Grecia, a fronte di grandi risultati elettorali, è anche conosciuta e riconosciuta per non essersene fatta granché di quei risultati elettorali. Siryza è il primo partito, ma in Grecia le cose peggiorano su tutti i fronti: quello economico, quello sociale e quello politico (e davvero non si capisce come si possa tralasciare il fatto che un partito come Alba Dorata sta proliferando). Quindi? Chi promuove Tsipras promuove la candidatura di un soggetto (e non di un movimento o un progetto) che ha avuto il merito di vincere le elezioni in Grecia, ma non ha una via, un programma, una linea, un progetto per rompere con i vincoli della finanza internazionale. Perché dovrebbe fare in UE quello che non ha fatto in Grecia (peraltro forte di un consenso elettorale che fa essere il suo partito la prima forza del paese)? Se si tratta di “fare pressione”, “portare una testimonianza”, ecc… è un obiettivo fuori dal tempo e dal mondo (che segnale e segnale, la crisi fa milioni di vittime!).
Cosa comporta la candidatura di Tsipras. C’è qualcosa che non torna nel ragionamento dei sostenitori della candidatura di Tsipras per come è stata presentata: le autorità della UE sono fra le responsabili del massacro politico, economico e sociale, il solo approccio realistico (e comprensibile e con la possibilità di avere seguito e prospettiva) è quello di rovesciarle, non di cercare un posto all’interno da cui pontificare. La candidatura di un leader della dissidenza alle politiche della Troika è, impostata come lo è, la consacrazione del teatrino della politica borghese: che sia pure candidato, che sia pure eletto, che faccia da collettore per mille e una istanza formulata correttamente nei fogli protocollati del Parlamento europeo… l’importante è che non esca dal recinto, che protesti senza chiamare le masse popolari a prendere l’iniziativa, senza indicare obiettivi e misure su cui prendere iniziativa, che faccia per il maggior tempo possibile la sua parte di “lunga marcia nelle istituzioni” che porterà… a cosa? Messa così, la candidatura di Tsipras è un’operazione che alimenta l’intossicazione dell’opinione pubblica, che porta lustro alle autorità e alle istituzioni della UE, che mette in mostra il modo con cui permettono di dissentire, finché si rimane nel campo delle sue leggi, dei suoi vincoli e delle sue prassi.
Messa così, la candidatura di Tsipras apre le porta all’ennesimo fallimento: quello della sinistra borghese italiana, quello della sinistra borghese greca, quello di tutti coloro che concepiscono l’opposizione ai vertici della UE solo come l’occupazione “a sinistra” dello schieramento politico che sostiene, sorregge, alimenta e incoraggia i macellai della Troika.
Quindi che “cuociano nel loro brodo”? No. Abbiamo l’obbligo politico (non solo morale) di aprire gli occhi a chi nutre speranze dove non vanno nutrite, a chi ha per le mani una speranza che sarà frustrata. E abbiamo anche l’obbligo di indicare (sia che si tratti di “esponenti e portavoce della sinistra borghese”, sia che si tratti della base che in una certa misura ancora dà loro credito) cosa può fare di positivo chi sostiene la candidatura di Tsipras.
Il metro di misura con cui si calcola se la campagna elettorale avrà efficacia o meno non è il numero dei voti, ma quanto questo percorso alimenta il processo concreto di costruzione del centro alternativo e antagonista, nel nostro paese, ai vertici della Repubblica Pontificia. E’ una visione e una concezione opposta e alternativa all’elettoralismo (che vuol dire affidarsi alle leggi, alle regole e alla speranza che chi governa le rispetti, al loro buon cuore), è una visione che mette al centro il lavoro per creare le condizioni della costituzione del Governo di Blocco Popolare (GBP).
Questo e, in definitiva, solo questo è il modo per evitare che la lista Tsipras diventi l’ennesimo mesto pellegrinaggio finalizzato alla questua. A onor del vero, alcuni (non tutti) dei sostenitori italiani della candidatura di Tsipras hanno già un ruolo positivo e devono solo decidersi (forzarsi) per assumerlo fino in fondo e senza riserve (giusto sul numero scorso di Resistenza abbiamo pubblicato una lettera aperta a G. Viale). Sono soprattutto loro ad avere la responsabilità di portare quella parte di masse popolari e di base rossa che confidano in loro a fare un salto in avanti.