La ghigliottina della Boldrini era, in senso figurato, il taglio della testa al M5S. E con esso, il taglio della testa di tutti coloro che hanno la velleità (avevano e continuano ad avere speranza) di “cambiare le cose” attraverso le istituzioni (comuni, regioni, parlamento, governo attraverso la maggioranza dei voti), conquistando spazio e agendo al loro interno per condizionarne l’operato (e farle funzionare) in senso favorevole alle masse popolari.
Al netto delle polemiche strumentali su maschilismo e sessismo, inventate di sana pianta e alimentate ad arte (anch’esse fanno parte della decapitazione, con il ruolo di intruppare la folla esultante per l’esecuzione), l’affaire ghigliottina della Boldrini porta allo scoperto i limiti e le potenzialità del M5S, le questioni (la contraddizione) che trattiamo e affrontiamo da tempo, fin da prima del trionfo elettorale delle politiche del 2013. Quello che dicevamo già più di un anno fa si manifesta oggi nella sua essenza, anche in virtù del fatto che da un anno la nutrita pattuglia di eletti del M5S fa i conti direttamente con i meccanismi della macchina parlamentare (ha toccato con mano la natura e il ruolo eversivo dei vertici della Repubblica Pontificia e dei loro governi). La contraddizione di cui stiamo parlando, l’aspetto non ancora risolto e che preme sul presente e sul futuro del M5S (ma più in generale preme sulle sorti del paese) riguarda l’oscillazione fra essere una “spina nel fianco” delle autorità o essere il nucleo catalizzatore della costruzione del Comitato di Salvezza Nazionale mettendo a frutto la fiducia e il sostegno che larga parte delle masse popolari hanno risposto nel M5S.
Dell’attività del M5S nelle assemblee elettive si sa poco o niente, ma basta documentarsi un po’. Si tratta infatti del gruppo parlamentare che oltre a prendere posizioni eclatanti (per cui è accusato di populismo: vedi la restituzione dei compensi) è anche il più trasparente e aperto: è abbastanza facile, ad esempio, risalire alle proposte, alle mozioni, alle interrogazioni, al lavoro nelle commissioni parlamentari… è una mole di materiale che nel suo complesso dimostra “da che parte sta il M5S” e “che interessi vuole affermare”. Non c’è dubbio che è il gruppo più attivo su tanti temi e ambiti per cui le masse popolari si mobilitano e si attivano (lavoro, ambiente, diritto alla casa, ecc.). E’ però evidente che il lavoro degli eletti del M5S si caratterizza per il fatto che rientra negli ambiti del “buon eletto”: sono richieste, consigli, suggerimenti che al di là dell’ufficialità conferitagli dal contesto in cui vengono formulati, non condizionano, non intaccano, non scalfiscono (o al massimo lo fanno parzialmente e momentaneamente) l’operato dei governi nominati dai vertici della Repubblica Pontificia.
Il proposito (mantenuto) di tenere il fiato sul collo su questo o quell’esponente particolarmente rappresentativo della decadenza della classe dominante (Mastrapasqua è l’ultimo) che in effetti porta a ottenerne le dimissioni, o le pur coraggiose dimostrazioni e la disobbedienza nelle aule (occupazione del tetto di Montecitorio, tentativi di occupazione delle sale di riunione delle commissioni parlamentari, cortei interni, ecc.) sono aspetti importanti per quanto riguarda gli effetti che provocano nell’opinione pubblica (accrescono il disprezzo verso le istituzioni e acuiscono l’ostilità delle masse popolari), ma rientrano in una logica e in una concezione per cui a fronte del fatto che i comitati d’affari degli “italiani che contano” rifiutano di assumere proposte, consigli, provvedimenti e misure suggeriti dal M5S tramite l’iter parlamentare, allora si risponde con la protesta. Il M5S vanta, a ragione, di essere e voler essere opposizione costruttiva. Il fatto è e rimane che a questo aspetto costruttivo non sono date le gambe per marciare, non emerge oltre la propaganda, non diventa pratica, si infrange contro i meccanismi del teatrino della politica borghese. Questa è una conferma, non l’unica ma è dura come il marmo, che non esiste possibilità di cambiamento del paese attraverso le istituzioni della Repubblica Pontificia. Non sono solo le persone (gli esponenti della classe dominante e i loro portavoce politici) ad essere avvelenate e velenose per gli interessi collettivi, è il sistema ad essere tossico. E a un sistema tossico si risponde con una terapia adeguata: va ribaltato.
Fino ad oggi il M5S si è confinato nel ruolo dell’irreprensibile sentinella della democrazia borghese, in un contesto in cui le forme della democrazia borghese vengono smantellate, le leggi in qualche modo favorevoli alle masse popolari vengono violate o sostituite con nuove leggi che sanciscono la “libertà” dei padroni, degli speculatori, degli affaristi. Questa è la sua debolezza, il suo limite, è la premessa alla ghigliottina della Boldrini e ad altre manovre eversive e antipopolari (del resto il mandato a Renzi non ne è l’ennesima dimostrazione?). Questa ambiguità fra responsabile sentinella e movimento di rottura, presta il fianco a due movimenti che si combinano e che portano entrambi all’indebolimento, se non alla dissoluzione, del M5S: il primo sono le manovre degli avversari (campagne di criminalizzazione o di ridicolizzazione, campagna acquisti fra deputati e senatori, ecc.), il secondo è la progressiva e lenta dissoluzione interna. Essendo per sua natura il M5S un movimento contraddittorio, “non ideologico”, plurale, maggiore è la degenerazione della situazione politica (la crisi politica) e maggiori sono le “libere interpretazioni”, le dissidenze, gli smarcamenti. A poco servono le condanne, gli anatemi e le accuse di tradimento: è (e sarà) un lento logoramento che va a togliere al M5S il suo principale punto di forza, il fatto di essere “nutrita pattuglia che risponde prima di tutto a chi li ha eletti”.
C’è un’alternativa? Certo. La parte degli eletti più genuina, attiva, quella che ha continuato a coltivare il rapporto con la base, quella che continua a stare sul pezzo e a chiedere orientamento alle organizzazioni operaie e popolari (e nel M5S sono ancora in tanti, nonostante quello che giornalai e pennivendoli ne dicano) ha la possibilità e il dovere di fare un bilancio del proprio operato. E va bene mettere in evidenza i tanti meriti conquistati “sul campo”, ma deve valutare e trattare anche i limiti, gli errori e le resistenze ad assumere il compito (a trasformarsi) che in prospettiva farà assumere al M5S il ruolo che può e deve assumere per essere conseguente con i suoi obiettivi dichiarati.
Già oggi e fino ad oggi il M5S si alimenta, si nutre, dei movimenti popolari. Il legame con essi è la sua forza. Adesso il collo di bottiglia è passare da fare la “sponda politica” nelle istituzioni a fare da centro promotore della mobilitazione, dell’organizzazione e della lotta per attuare dal basso (iniziare ad applicare e mettere in pratica) quelle misure che oggi vengono “richieste” ai vertici della Repubblica Pontificia.
Questa prospettiva è già nelle cose, anche se il complesso del M5S (il portavoce, Grillo, gli eletti e gli attivisti) non lo vedono ancora e forse non lo concepiscono nemmeno. Chi lo concepisce già sono però i vertici della Repubblica Pontifica che negli ultimi mesi hanno messo in campo un attacco multiforme contro di esso. O il M5S fa un salto in avanti e si assume la responsabilità storica che deve assumersi, o la lunga marcia nelle istituzioni (comuni, regioni, parlamento, governo attraverso la maggioranza dei voti) finirà per ritorcersi contro.
E in questo bisogna fare una precisazione: non è che le sorti del paese dipendono dal M5S (non solo dal M5S), ma le sorti del M5S dipendono dalle sorti del paese: il M5S potrà continuare ad esistere e potrà avere un ruolo positivo, solo se legherà il suo destino alla costruzione di un nuovo sistema di governo (il Governo di Blocco Popolare) e solo se si mette alla testa del processo concreto per costruirlo.