SERVI DI NESSUN PADRONE

COSTRUIAMO UN GOVERNO DI EMERGENZA POPOLARE

Il passaggio di consegne a Renzi-Berlusconi sancisce un nuovo accordo nei vertici della nostra Repubblica “Pontificia” per spostare il nostro paese sotto la sfera di influenza americana nello scontro internazionale in corso tra gli imperialisti USA e quelli Europei, ma come quello filoeuropeo sancito con il governo Letta-Napolitano è instabile, anche se rappresenta un ulteriore passo verso la via ad una nuova guerra mondiale per ora giocata sugli scacchieri esterni ai paesi imperialisti: in MedioOriente, NordAfrica, negli ex paesi socialisti e altrove. Nel frattempo proseguono la guerra verso le masse popolari per imporre l’eliminazione delle conquiste di civiltà e benessere e dei diritti, la privatizzazione delle imprese e dei servizi pubblici, la sottomissione delle istituzioni politiche al capitale finanziario. La legge elettorale che Berlusconi-Renzi hanno siglato è un tassello dell’accordo. Allontana ancora di più le masse popolari perfino dal teatrino della politica: eliminare chi disturba il manovratore che è imposto dai vertici della Repubblica Pontificia. Sul piano economico-sociale il programma non si discosta dagli indirizzi della comunità internazionale dei banchieri, degli speculatori, della confindustria, del Vaticano già visti in precedenza; e ancora il Job-act di Renzi, le riforme reazionarie delle istituzioni e della Costituzione. In campo sindacale l’accordo è il Testo Unico sulla rappresentanza siglato tra i sindacati apertamente complici (CISL e UIL) e quello camuffato (CGIL) a Gennaio che estende a tutti l’accordo separato di Marchionne a Pomigliano: diritti sindacali solo alle organizzazioni firmatarie, estensione delle deroghe ai contratti nazionali, esigibilità (che useranno i padroni) degli accordi anche verso chi non è d’accordo e sanzioni per le organizzazioni sindacali e i delegati combattivi. Una commissione arbitrale a prevalenza padronale deciderà sui comportamenti difformi. Abbiamo visto il ruolo di questo accordo con il pestaggio degli esponenti del documento congressuale alternativo alla riunione milanese della CGIL: repressione del dissenso.

Milioni di operai in CIG, mobilità, i precari, i disoccupati, dall’Electrolux alla Indesit, dalla Piaggio alla Galbani vivono sulla propria pelle la riduzione del costo del lavoro e dei diritti per rilanciare la crescita dei profitti a vantaggio del capitale finanziario e dei grandi capitalisti. Ma non è il costo del lavoro che induce i capitalisti a chiudere, ridimensionare o delocalizzare le aziende: è la crisi generale del capitalismo. Il costo del lavoro è solo uno dei fattori e neanche il principale: la convenienza del capitalista dipende dalle prospettive del mercato finanziario, dal livello generale dei prezzi, dalle rendite (affitti di terreni e immobili, interessi, vitalizi e appannaggi, rendite finanziarie, ecc.) e dalle tasse, dal costo del debito pubblico, dagli interessi bancari, dal corso dei cambi monetari, dai regolamenti vigenti. Quindi accettare sacrifici allunga solo l’agonia.

Che cosa possono e devono fare gli operai?

La borghesia e i suoi governi, che ci hanno portati in questa crisi dirigendo il paese, non hanno alcuna possibilità di risolverla. Solo le masse popolari organizzate, la classe operaia, i lavoratori delle imprese capitaliste sono in grado di cambiare questo corso delle cose. Pur importanti non bastano le proteste e le rivendicazioni sindacali perché il problema che abbiamo di fronte è politico. Va risolto con la mobilitazione degli operai formando in ogni azienda organismi operai (OO) che si occupino fino in fondo della salvaguardia delle fabbriche e dei posti di lavoro prevenendo le manovre padronali per ridurle o delocalizzarle. Ma oltre che occuparsi della propria fabbrica devono contemporaneamente proiettare la loro azione sulle masse popolari del territorio per mobilitarle e organizzarle a formare organizzazioni popolari (OP) che si mobilitano sui mille problemi che vivono e stabilire collegamenti con le OO delle altre aziende per arrivare a creare un governo d’emergenza che sia loro espressione e riscuota la loro fiducia. Per cambiare il corso delle cose bisogna che il governo del paese sia in mano a chi vuole cambiarlo. Bisogna che chi ha interesse a cambiarlo e vuole cambiarlo, si organizzi per imporre un proprio governo popolare d’emergenza che aprirà anche la strada verso la società socialista, unica condizione per ampliare e rendere definitive le conquiste!

“Occupare le fabbriche” e “uscire dalle fabbriche” per mobilitare le masse popolari!

Trasformare la ribellione e la protesta in organizzazione delle masse popolari fino alla costituzione del governo d’emergenza delle masse popolari organizzate!

 

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