Mao Tse-Tung e la linea di massa

 

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Alcuni compagni per linea di massa intendono “occuparsi dei problemi pratici, economici, immediati delle masse” oppure “appoggiarsi alle masse” o ancora “elaborare un progetto o una proposta politica, farla conoscere alle masse e verificare se incontra o no consenso, appoggio e seguito tra di esse”. Messa così, la linea di massa ha più a che fare con l’azione di un ministro, di un politicante borghese, di un prete caritatevole o, nel migliore dei casi, di un leader d’assemblea che con quella dei comunisti. Che cos’è la linea di massa? E’ il principale metodo di lavoro e di direzione dei partiti comunisti, il metodo che consiste nel dirigere il movimento delle masse popolari sviluppando le loro iniziative dall’interno, di portare (guidare, dirigere) le masse popolari al socialismo dirigendole nello sviluppare via via più a fondo le loro stesse iniziative. Ovviamente questo metodo poggia sul fatto che le masse popolari tendono al comunismo perché la situazione oggettiva e quindi la loro esperienza pratica le spingono verso il comunismo: cioè sul fatto che il comunismo, prima di essere un obiettivo perseguito consapevolmente, è “il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente”.

Il movimento comunista ha elaborato la linea di massa gradualmente, analizzando e sintetizzando la sua esperienza, a partire dalla prima sollevazione operaia di Lione (1831) e dal primo movimento operaio su scala nazionale, quello dei cartisti inglesi (1838-1842). Quindi la linea di massa compare negli scritti dei principali dirigenti del movimento comunista in forme particolari, riferite a singoli campi e aspetti dell’attività. La tesi che i mezzi per risolvere i problemi stanno nelle cose stesse che pongono i problemi, percorre tutto il pensiero di Max ed Engels. Nel 1843 Marx scriveva che “… non affronteremo il mondo in modo dottrinario, con un nuovo principio: qui è la verità, qui inginocchiati! Noi illustreremo al mondo nuovi principi, traendoli dai principi del mondo. Noi non gli diciamo ‘abbandona le tue lotte, sono sciocchezze; noi ti grideremo la vera parola d’ordine della lotta’. Noi gli mostreremo soltanto perché effettivamente combatte, poiché la coscienza è una cosa che esso deve far propria, anche se non lo vuole. (…) Apparirà chiaro allora come da tempo il mondo possieda il sogno di una cosa della quale non ha che da possedere la coscienza, per possederla realmente”. Nel 1877 Engels esprime chiaramente il concetto proprio in polemica con quanti concepivano la politica comunista come “portare alle masse il progetto di una nuova società elaborato dai comunisti”.

Lenin afferma chiaramente che i comunisti non devono “inventare” niente, ma solo “scoprire” quello che c’è, imparare a vedere quello che c’è, a raccoglierlo, a renderlo sistematico e programmatico, a depurarlo dalle scorie che lo accompagnano, a dirigerlo. Sia trattando delle forme di lotta: “il marxismo si distingue da tutte le forme primitive di socialismo perché non lega il movimento a una qualsiasi forma di lotta determinata. Esso ne ammette le più diverse forme, e non le inventa, ma si limita a generalizzarle e organizzarle, e introduce la consapevolezza in quelle forme di lotta delle classi rivoluzionarie che nascono spontaneamente nel corso del movimento. (…) Sotto questo aspetto il marxismo impara, per così dire, dall’esperienza pratica delle masse, ed è alieno dal pretendere di insegnare alle masse forme di lotta escogitate a tavolino dai ‘sistematici’”. Sia trattando del rapporto partito-masse: “I bolscevichi (…) dal 1905 in poi hanno propugnato metodicamente l’alleanza tra la classe operaia e i contadini contro la borghesia liberale e lo zarismo, senza mai rinunciare tuttavia ad appoggiare la borghesia contro lo zarismo (…) e senza sospendere la lotta ideale e politica più intransigente contro il partito rivoluzionario borghese dei contadini, contro i ‘socialisti-rivoluzionari’, smascherandoli come democratici piccolo-borghesi che si annoverano falsamente tra i socialisti. Nel 1907 i bolscevichi hanno concluso, per breve tempo, un blocco politico formale con i ‘socialisti-rivoluzionari’ per le elezioni della Duma (…) Nel momento stesso della rivoluzione d’ottobre abbiamo realizzato con i contadini piccolo-borghesi un blocco politico non formale, ma molto importante (e molto fruttuoso), accettando integralmente, senza alcun emendamento, il programma agrario socialista-rivoluzionario: abbiamo così concluso un indubbio compromesso, per dimostrare ai contadini che non volevamo imporre loro un diritto di primogenitura, ma solo intenderci con loro”.

L’elaborazione sistematica e organica della linea di massa e l’indicazione che essa è il principale metodo di lavoro e di direzione del partito comunista sono opera di Mao Tse-tung. “In ogni lavoro pratico del nostro partito, una direzione giusta può essere realizzata solo basandosi sul principio ‘dalle masse alle masse’. Questo significa valutare (cioè coordinare e sistemare dopo uno studio attento) le vedute delle masse (cioè i punti di vista non coordinati né sistematici) e riportare di nuovo le idee che ne risultano alle masse, fino a che le masse le facciano proprie, le difendano e le traducano in azione, e attraverso l’azione delle masse ne venga provata la giustezza; quindi raccogliere ancora una volta in sintesi i punti di vista delle masse, di nuovo riportare le idee, che da questa sintesi risultano, alle masse per ottenere il loro fermo appoggio e così via, più e più volte, in modo che a ogni nuovo confronto con le masse queste idee emergano con sempre maggiore giustezza, divengano più vitali e significative”, cioè ripetendo questo processo più e più volte, ogni volta le concezioni dei comunisti diventino più ricche e più concrete e il processo rivoluzionario proceda verso la vittoria. Con due precisazioni, che dal contesto e dai numerosi passi in cui Mao Tse-tung ritorna sull’argomento emergono con chiarezza: primo, che “vedute delle masse” (o, come dice altrove, “idee delle masse”) è un’espressione abbreviata per indicare idee, opinioni, stati d’animo, aspirazioni, percezioni, insomma tutto quanto l’esperienza produce nelle masse e che si esprime, e quindi si rivela, non solo in ciò che le masse dicono, ma anche nel loro comportamento e nelle loro azioni; secondo che il “riportare” non è essenzialmente “predicare” e “dire”, ma è essenzialmente farle esistere, farle incarnare nel movimento delle masse.

E ancora: “Il comitato centrale del Partito comunista cinese, durante gli anni della guerra contro il Giappone, sostenne il principio di ‘sviluppare le forze progressive, guadagnare le forze intermedie e isolare le forze dure a morire’. Le forze progressive erano le forze degli operai, dei contadini e degli intellettuali rivoluzionari guidate o influenzabili dal Partito comunista cinese. Le forze intermedie erano la borghesia nazionale, tutti i partiti democratici e i senza partito. Le forze dure a morire erano le forze dei compradores e le forze feudali capeggiate da Chiang Kai-shek, che attuavano una resistenza passiva all’aggressione giapponese e si opponevano ai comunisti”. Detto in altri termini, in ogni aggregato sociale, in ogni circostanza e a ogni livello individuare la sinistra, la destra e il centro, mobilitare e organizzare la sinistra perché unisca a sé il centro e isoli la destra. La sinistra in ogni aggregato sociale e in ogni circostanza consiste in quella parte le cui aspirazioni e i cui obiettivi, se realizzati, favoriscono la causa della rivoluzione proletaria e che, sviluppandosi di fase in fase, portano quelle forze a confluire, nel modo appropriato alla loro natura, nel fiume della rivoluzione proletaria.

 

Bibliografia

Marx: Lettera ad A. Ruge (1843)

Engels- AntiDuhring (1877)

Lenin: La guerra partigiana (in Opere, vol. 11), L’estremismo malattia infantile del comunismo (in Opere, vol. 31), Che fare (in Opere, vol. 5)

Mao Tse-tung: Ancora sui metodi di direzione e in generale gli scritti contenuti nei vol. 8 e 9 delle Opere di Mao Tse-tung delle Edizioni Rapporti Sociali, A proposito dell’esperienza storica della dittatura del proletariato, 1956 (vol. 13)

Rapporti Sociali n. 9-10, 11 e 12-13

 

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