Mille iniziative di base per rendere ingovernabile il paese e costruire la nuova governabilità
L’8 febbraio scorso è stato liberato a Sesto Marelli il palazzo che è stato per anni sede dell’Impregilo e che versava, anche in questo caso da anni, in stato di abbandono e degrado. Con questo comunicato esprimiamo solidarietà, sostegno e appoggio alla mobilitazione, ma soprattutto puntiamo a sviluppare gli elementi politici a cui apre la strada in prospettiva.
Noi siamo un partito con un progetto (una prospettiva, una linea) per costruire l’unica soluzione possibile, costruttiva e positiva per i lavoratori e per le masse popolari di fare fronte agli effetti della crisi: costruire un Governo di Blocco Popolare. E questa prospettiva la concepiamo come aspetto particolare di una mobilitazione più ampia e articolata: eliminare il sistema che genera la crisi (non solo le “magagne” e “gli eccessi”… per eliminare magagne ed eccessi è necessario eliminare il capitalismo!) e sostituirlo con un ordinamento economico, politico e sociale superiore, il socialismo [vuoi approfondire?]
Noi non siamo un movimento che si occupa direttamente della lotta per il diritto alla casa, ma, sostenendolo, riconosciamo che l’ambizione di dare vita a un “residence sociale” aggiunge una dimensione collettiva alle pratiche di lotta correnti (occupazioni di alloggi, occupazioni di case popolari).
Non siamo un movimento che si occupa direttamente della lotta per gli spazi sociali, ma sostenendola, riteniamo che la prospettiva di combinare la lotta per il diritto alla casa con la lotta per riconquistare spazi di agibilità politica, culturale, sociale, rafforzi vicendevolmente l’una e l’altra.
Non siamo neppure un organismo sindacale e rivendicativo, ma assumendo la parola d’ordine (politica) “a ogni adulto un lavoro utile e dignitoso: difendere i posti di lavoro esistenti e crearne di nuovi”, riconosciamo la carica innovativa e di prospettiva che la liberazione del palazzo Marelli A porta in sé e con sé: togliere la cappa di interessi privati a un immobile di 37mila mq, recuperarlo a fini pubblici e sociali, organizzare le attività sociali che garantiscono una vita dignitosa a chi subisce in modo diretto e più grave gli effetti della crisi è un modo (non l’unico) per aprire la possibilità della creazione di centinaia di posti di lavoro socialmente utili e dignitosi.
Lotta per affermare il diritto alla casa, lotta per la disponibilità e l’agibilità di spazi sociali collettivi, lotta per la creazione di posti di lavoro utili e dignitosi sono i tre pilastri che sorreggono il progetto di Aldo dice 26×1. E’ un progetto ambizioso, ma realizzabile, non solo “affascinante”, ma giusto. E’ un progetto che ha a che vedere, direttamente, con la costruzione delle condizioni necessarie ad affermare la nuova governabilità del paese per mano delle organizzazioni operaie e popolari.
La liberazione di Aldo dice 26×1 e gli embrioni di progetti che chi vi partecipa sta discutendo e sperimentando vanno oltre la denuncia e la testimonianza. Possono diventare, nella misura in cui hanno attuazione pratica, un laboratorio politico di costruzione del nuovo potere, cioè l’autorità popolare alternativa e antagonista alle emanazioni locali dei vertici della Repubblica Pontificia (nel caso specifico di Sesto San Giovanni vale la pena ricordare che si tratta di una enclave di potere legato al Centro-sinistra che ha vissuto, convissuto e spartito affari con CL e i suoi tentacoli regionali e nazionali). Questa nuovo potere si basa sull’iniziativa, sul protagonismo e sul coordinamento delle organizzazioni operaie e popolari, quella parte di masse popolari già attive, organizzate, in mobilitazione (qualunque sia la loro forma specifica), che godono in una certa misura di riconoscimento e fiducia in virtù dell’azione che svolgono a livello territoriale o tematico (ambiente, lavoro, territorio, sanità…). Questo nuovo potere non c’è ancora e neppure esiste allo stato delle cose il suo “nocciolo duro” (un Comitato di Salvezza Nazionale che opera a livello locale, alla stregua di come operò il CLN ai tempi della Resistenza), ma proprio per questo l’esperimento politico Aldo dice 26×1 ha la valenza di una sperimentazione che assume frammenti dai movimenti popolari che negli ultimi anni si sono sviluppati e consolidati, li sintetizza, li può elaborare e rilanciare, sviluppare.
Aldo dice 26 x 1 non può rimanere a lungo la risposta più o meno riuscita ai “bisogni dei poveri”. Può e deve diventare il centro (un centro) della mobilitazione per l’affermazione, la (ri)conquista e l’estensione dei diritti. Può e deve diventare un centro metropolitano dove si sperimenta una forma di politica nuova e superiore, che mette al centro il ruolo del collettivo, delle organizzazioni operaie e popolari e che alimenta il processo, dal locale al nazionale, per la costruzione del Comitato di Salvezza Nazionale, embrione e innesco del processo di costruzione del Governo di Blocco Popolare.
Ecco perché, insieme e accanto al fatto di essere “mobilitazione rivendicativa” riconosciamo alla liberazione e alla costruzione di Aldo dice 26×1 una valenza principalmente politica. Ed è anche questo l’ambito principale del nostro intervento (contributo materiale e politico) in questo laboratorio per l’alternativa di governo locale e del paese.
Sesto San Giovanni è una città satellite di Milano con una vita (economica, sociale e anche politica) propria. Il fatto che la liberazione di un’enorme struttura sia avvenuta lì non è casuale: ci sono altre decine di strutture private, più piccole ma imponenti, lasciate all’abbandono, preda e oggetto di speculazione e affarismo. Era prevedibile che da parte dell’Amministrazione Comunale ci sarebbe stato un atteggiamento di chiusura e di condanna. Per quanto l’atteggiamento sia questo, importanti crepe si sono aperte nelle forze di maggioranza e nel Consiglio Comunale. Beninteso: riteniamo sbagliato nutrire una qualche speranza sul fatto che Sindaco e Amministrazione si assumano autonomamente la responsabilità di sostenere la linea dell’esproprio dell’area per destinarla a uso pubblico, collettivo e sociale (cioè: è un risultato che va fatto ingoiare ai poteri forti), ma sono importanti alcune prese di posizione di partiti ed esponenti locali, perché aprono una strada, tutta da percorrere, che deve portare alla costruzione di un fronte ampio e plurale che si schiera contro gli interessi privati, le speculazioni, la rapina e il saccheggio del territorio e a favore dei diritti e degli interessi collettivi.
Segnaliamo, ad esempio, la presa di posizione i SEL, quella del M5S, quella dell’IdV e la posizione personale (ma rappresentativa di una leva politica che a Sesto certamente esiste) dell’ex assessore G. Urro.
A questo va aggiunto il calore con cui moltissimi abitanti del quartiere hanno salutato la liberazione del palazzo ex Impregilo e quotidianamente non fanno mancare il loro sostegno morale e anche materiale. Chiunque abbia una coscienza democratica, progressista (non per forza “rivoluzionaria”) dovrà rompere gli indugi e schierarsi, o di qua (cioè sostegno al progetto Aldo dice 26×1) o di la (cioè sostegno alle posizioni di sindaco, amministrazione comunale, proprietà dell’area, ecc.). Perché non esistono “altri scenari”, non esiste lotta che non debba passare per una forzatura, non ci sono legittimità che non si scontrino con la legalità (formale) che condanna sempre e comunque le masse popolari [comunicato USB Comune di Sesto SG].
Chiunque possa dare un contributo politico affinchè il laboratorio “Aldo dice 26×1” si consolidi e si sviluppi deve farlo.
Sesto SG è un satellite di Milano… solo chi è particolarmente ristretto di vedute o in cattiva fede può pensare che la questione sollevata con la liberazione del palazzo Marelli A riguardi solo o principalmente l’Amministrazione di Sesto SG.
Materialmente, a due passi c’è il confine con il Comune di Milano, un confine fisico che non esiste e un confine politico che esiste ancora meno.
Sul vento del cambiamento che ha soffiato sulla propaganda elettorale di Pisapia sono già state dette talmente tante cose che non occorre ripetersi. Più che le parole dette, contano i fatti… e giusto ieri mattina si sono ripetute le scene di celere che sgombera famiglie e carica il movimento che si oppone agli sgomberi. E’ successo in via Inganni. Che c’entra con Sesto Marelli? C’entra eccome!
C’entra per quanto riguarda la questione del governo del territorio (non si parlava di città metropolitana?), c’entra per quanto riguarda il ruolo politico del Comune di Milano in Lombardia (il suo ruolo vale solo per reggere il sacco al saccheggio di Expo?) e c’entra per quanto riguarda l’insieme dei movimenti e delle forme organizzate di resistenza e mobilitazione.
Da questi partiamo. La liberazione del palazzo Marelli A e la costruzione di Aldo dice 26×1 non è partita dagli ambiti “tradizionali” di movimento. Questo genera una situazione in cui si combinano sorpresa, diffidenza, forse anche pregiudizi più o meno radicati. Ma i fatti hanno la testa dura e non solo il percorso è iniziato, è anche destinato a non esaurirsi (indipendentemente dall’intervento o meno della forza pubblica): questo percorso inclusivo, aperto, plurale si nutre di quanto già esiste nell’area metropolitana e lo rilancia, in virtù del fatto che apre anche a chi (soprattutto a chi) per ruolo sociale, politico, lavorativo, territoriale è “fuori” dal circuito del movimento; sono le famiglie, gli immigrati, i disoccupati (non esiste un movimento organizzato, a tutt’oggi), i cassintegrati, gli artigiani e i piccoli commercianti strangolati dalla crisi, la parte sana, ma sparsa e frammentata, della metropoli. Ed è su queste forze e sul concentramento di queste forze, sulla loro partecipazione, mobilitazione e protagonismo che il percorso è iniziato e si sviluppa. Se combiniamo tutto questo con il coordinamento di quanto già esiste di organizzato e si mobilita, abbiamo di fronte la possibilità un salto di qualità complessivo e collettivo, generale. Davvero sorpresa, diffidenza ed eventuali pregiudizi (più o meno radicati) giustificano la mancanza di confronto e di un percorso collettivo? Davvero il movimento milanese, il movimento di lotta per la casa, il movimento antirazzista, il sindacalismo di base e conflittuale, la sinistra sindacale, il movimento antifascista e quello per la difesa dei beni comuni non ha nulla da dire, hanno da fare gli spettatori?
E’ invece importante che da più parti arrivi il segnale che Aldo dice 26×1 ha il sostegno di quanti, magari in forme e modi diversi, di fronte agli effetti della crisi non abbassano la testa. Non c’è nulla che abbia a che fare con le vecchie, trite e ritrite “beghe di movimento” che possa giustificare un atteggiamento passivo e disinteressato: ci sono realtà che quotidianamente offrono corrispondenze dalle più disparate parti d’Italia e che non si sono accorte che 37mila mq di proprietà privata sono stati liberati per uso pubblico e collettivo. Ci sono esponenti “semprepresentiovunque” che nel timore di dover pagare 5 centesimi in più di metropolitana scendono a Precotto, come fosse il capolinea della rossa (sappiate che a Marelli vige ancora la tariffa metropolitana, eh!). A tutti questi, e agli altri non menzionati, facciamo l’invito a “ripigliarsi”. Non c’è nessuna questione personale, “di movimento”, “politica” che possa giustificare un silenzio che sa di (e vale come) ostracismo.
Quanto c’è di lungimirante, solidale, combattivo può (e secondo noi deve) prendere posizione pubblica per alimentare il percorso di Aldo dice 26×1 e per consolidarlo.
Fra i sostenitori, interni o esterni al circolo arancione di Pisapia, vi sono poi personaggi che pur spandendo a giro la voce che “non hanno voce in capitolo su nulla” sono comunque rappresentativi di quel tentativo di tramite fra Giunta, Amministrazione e movimenti popolari. Anche loro non sono esenti dal dare (poter dare) un contributo: quello che possono fare loro, e principalmente loro, è prendere posizione pubblica e adoperarsi per allargare alla partecipazione del Comune di Milano la “questione amministrativa”: davvero la loro Amministrazione opera entro i confini comunali come il peggior amministratore della destra della Lega? Cioè: centinaia di migliaia di metri quadrati su cui aleggiano gli avvoltoi della speculazione, le bonifiche non fatte o su cui hanno speculato “i soliti noti”, i progetti di recupero, davvero sono cose che non competono ANCHE all’amministrazione Comunale di una città che vale quanto una capitale (e in effetti lo è, la capitale finanziaria)?
Le prossime settimane, se non i prossimi giorni, sono decisive per determinare se il laboratorio Aldo dice 26×1 continuerà senza interruzioni poliziesche il suo percorso. Sul fatto che lo continuerà non ci sono particolari dubbi: la questione sollevata come un macigno non può più essere insabbiata. Di fronte alla devastazione, al saccheggio, alla speculazione e alla rapina di diritti non bastano più né la celere dei sindaci sceriffi, miliziani della proprietà privata, né le parole concilianti, le promesse, gli impegni in attesa di essere disattesi.
La questione è chiara, pratica, possibile, occorre coraggio e volontà politica: esproprio del palazzo da parte degli enti locali e assegnazione per uso pubblico e sociale o comodato d’uso gratuito. Questa è la base concreta da cui rilanciare la lotta per la casa, la lotta per il lavoro, la lotta contro la mercificazione dei servizi e dei beni comuni.
Infine affrontiamo anche una contraddizione che esiste, una questione che ha a che vedere con quello che Aldo dice 26×1 è e diventerà. Il “taglio” di residence sociale, la costruzione della mensa popolare, l’organizzazione dell’erogazione dei servizi che gli enti locali hanno mercificato o non erogano più, aprono sullo sfondo la possibilità che questo esperimento si riduca ad essere una sorta di “assistenza sociale laica” (o una Caritas “di sinistra”). Questo spettro aleggia ed è del tutto normale che aleggi, la prospettiva di una simile deriva esiste e non basta denunciare il pericolo per scongiurarlo.
Si tratta di misurarsi con il nuovo, elaborare soluzioni concrete e particolari per affermare la linea dell’autorganizzazione e della lotta e isolare la linea dell’assistenza e della “coscienziosa carità”. Che decine o centinaia di famiglie “ai margini”, che decine o centinaia di adulti in difficoltà percorrano la strada dell’emancipazione o scivolino nel piano inclinato della concezione caritatevole, dipende da quanto siamo, tutti, collettivamente, capaci di progettare, organizzare, mobilitare, definire obiettivi concreti e realizzabili, lavorare sulle aspirazioni collettive e individuali, formare e coltivare coscienze, orientarle. Non solo al “conflitto”, ma all’assunzione di un ruolo diverso e superiore, all’autogestione come contributo alla costruzione della nuova governabilità.
Quanto c’è di vivo e combattivo nel progetto Aldo dice 26×1 non si riduce a servire piatti caldi nella stagione fredda, è un’opera di ingegneria umana, sociale e politica a cui i comunisti, i progressisti e i democratici sono chiamati a contribuire per costruire la nuova governabilità ad opera delle organizzazioni operaie e popolari.