Un’altra musica in Comune? Dalle “città in comune” alle amministrazioni locali di emergenza

“Ogni Amministrazione Comunale per essere all’altezza della situazione e rispondere alle esigenze delle masse popolari, deve diventare un’Amministrazione Comunale d’Emergenza. Cosa significa?

Che gli eletti e l’Amministrazione Comunale che essi dirigono devono soprattutto occuparsi di

1. denunciare sistematicamente e a gran voce i provvedimenti antipopolari del governo e delle altre autorità della Repubblica Pontificia;

2. promuovere e mettersi alla testa con grande pubblicità della protesta popolare contro i provvedimenti antipopolari che il governo e le altre autorità della Repubblica Pontificia attuano di propria iniziativa, boicottarne e sabotarne l’esecuzione;

3. astenersi con grande pubblicità dal collaborare con il governo e con le altre autorità della Repubblica Pontificia nella messa in opera dei provvedimenti antipopolari per cui essi richiedono o le leggi e le procedure usuali prevedono il concorso dell’Amministrazione Comunale;

4. astenersi con grande pubblicità dal dare seguito ai provvedimenti antipopolari di loro competenza previsti dalle leggi o dalle procedure della Repubblica Pontificia;

5. prendere con grande pubblicità tutti i provvedimenti utili alle masse popolari di loro competenza o nelle loro disponibilità anche se comportano la violazione di leggi, regole o provvedimenti (come il Patto di Stabilità) imposti dalle autorità della Repubblica Pontificia.

6. sostenere con grande pubblicità, impiegando tutti i mezzi, le risorse e le relazioni di cui dispongono, le iniziative giuste delle OO e OP anche se illegali, se sono conformi agli interessi delle masse popolari (cioè legittime);

7. appaltare e fare per altre vie eseguire , con grande pubblicità, i servizi pubblici e i lavori di manutenzione degli stabili, delle scuole, degli ospedali e delle infrastrutture di loro competenza usando tutte le risorse finanziarie che riescono a mobilitare anche se illegalmente;

8. destinare a beneficio delle masse popolari, con grande pubblicità, gli edifici e il resto del patrimonio immobiliare di cui l’Amministrazione Comunale dispone, mobilitando per la riabilitazione necessaria;

9. organizzare con grande pubblicità la remunerazione del lavoro tramite compensi in natura: servizi pubblici, abitazioni, ecc. dati ai lavoratori che prestano la loro opera in attività autorganizzate o promosse dall’Amministrazione Comunale;

10. mobilitare con grande pubblicità professionisti, capitalisti, clero, parrocchie, ecc. perché partecipino alla realizzazione delle parole d’ordine “a ogni adulto un lavoro utile e dignitoso” e “a ogni individuo i beni e servizi necessari a una vita dignitosa alla sola condizione che adempia scrupolosamente i compiti legittimi che gli sono assegnati” e denunciare quelli che non collaborano;

11. astenersi con grande pubblicità da ogni collaborazione e impedire che gli organi dell’Amministrazione da loro dipendenti collaborino con la NATO, le Forze Armate USA e ogni altra agenzia straniera di stanza in Italia in violazione della nostra Costituzione, negare con grande pubblicità ad esse la fornitura di servizi pubblici dipendenti dalle Amministrazioni Comunali e ogni forma di collaborazione.

Queste ed altre analoghe misure qualificano un’Amministrazione Comunale d’Emergenza. Oseranno le Autorità della Repubblica Pontificia perseguitare i dirigenti delle ACE? Oseranno sciogliere le amministrazioni locali?

È possibile, ma questo farebbe montare l’indignazione e la mobilitazione delle masse popolari che avrebbero in questi dirigenti delle ACE finalmente i loro dirigenti, i centri di aggregazione della loro mobilitazione di cui hanno bisogno. Ragione per cui anche nei vertici della Repubblica Pontificia si rafforzerebbero le esitazioni ad andare a fondo nella repressione. In una guerra, portare la divisione in campo nemico, accrescere le esitazioni nel suo seno è un’arma formidabile.

È comunque un rischio che bisogna correre per mettersi alla testa dell’indignazione delle masse popolari contro i vertici della Repubblica Pontificia. La persecuzione delle Autorità della Repubblica Pontificia rafforzerà quelli che saranno capaci di mettersi alla testa delle masse popolari perché attuino le misure d’emergenza necessarie.” (liberamente tratto dal comunicato n. 23 del (n)PCI, 29.05.13).

In primavera ci saranno le elezioni amministrative in molti comuni (più del 50%). A questa tornata, più che alle precedenti, sono legati esiti, relazioni e contraccolpi della lotta politica a livello nazionale (il comune più importante chiamato a eleggere la nuova amministrazione è Firenze, la sedia vacante è quella di Renzi… tanto per dirne una…). In particolare le elezioni amministrative, come in questa fase ogni consultazione popolare, possono essere utilizzate per alimentare l’ingovernabilità dal basso (prodotta dalla mobilitazione delle masse per far fronte agli effetti della crisi) e combinarla a quella dall’alto (effetto delle contraddizioni interne alla borghesia imperialista).

La Legge di Stabilità e le altre “marchette e schifezze” del governo Letta-Napolitano limitano ulteriormente l’autonomia dei Comuni e intensificano il “prelievo forzoso” dalle casse comunali e dalle tasche dei cittadini. In questa situazione le alternative per sindaci e Comuni non sono molte: o diventano altrettanti “sceriffi di Nottingham” (differenziandosi tra quelli che passano il grosso del bottino al governo centrale e quelli che ci fanno su la cresta) o diventano centri di mobilitazione, disobbedienza e ribellione al governo centrale in nome degli interessi e delle esigenze delle masse popolari e del territorio che amministrano. Tertium non datur, perché non è una questione di buona o cattiva amministrazione, di onestà o disonestà, ma nell’interesse e per conto di chi si amministra una città: altro che la retorica del sindaco di tutti i cittadini, è tempo di essere partigiani! E i “buoni amministratori”? In un mondo di ladri, se non si fanno paladini delle organizzazioni operaie e popolari e delle loro iniziative per far fronte agli effetti più devastanti della crisi, i buoni amministratori prima o poi finiscono per diventare anch’essi ladri: ladri “onesti” nel senso che rubano per conto del governo centrale o “disonesti” perché rubano per sé e il proprio entourage, ma sempre ladri sono. La costruzione di amministrazioni comunali d’emergenza parte dal basso e può partire da subito, senza aspettare le elezioni.

E’ una tendenza che è nell’ordine delle cose, segnaliamo solo un esempio tra vari per le potenzialità che ha in sé. Il 22, 23 e 24 novembre a Pisa si è svolto il convegno “Un’altra musica in Comune” che ha dato vita alla rete “Le Città in Comune”. Vi aderiscono movimenti di cittadinanza e liste elettorali già “scese in campo”, in alternativa sia alla destra reazionaria (PDL-FI-Ncd, Lega, Scelta civica, ecc.) sia a quella moderata del PD, alle amministrative della primavera scorsa (a Roma, Pisa, Siena, Brescia, Ancona, Imperia). C’è “Cambiamo Messina dal Basso” che ha eletto il suo candidato sindaco Renato Accorinti (esponente dei comitati No Ponte di Messina) e c’è la lista “Per un’altra città” di Firenze, la città dove conta di essere rieletto sindaco il neo segretario del PD Renzi che si candida a diventare il nuovo “unto dal Signore” (come Berlusconi nel ’94).

Le liste che hanno dato vita a “Le Città in Comune” hanno deciso di lanciare “tre campagne che sin dai prossimi giorni troveranno concretizzazione dentro e fuori le aule consiliari.

La prima centrata sul dovere dei sindaci di fare fronte all’emergenza sociale e di tutelare la sicurezza idrogeologica del territorio e delle scuole, superiore al mandato di rispettare i vincoli di bilancio imposti dal Patto di stabilità.

La seconda sul federalismo demaniale e sul patrimonio immobiliare pubblico e privato da riutilizzare – a partire dalle caserme in dismissione – per creare lavoro, cultura, nuovo welfare e rispondere all’emergenza abitativa che cresce nelle città.

La terza riguarda la ripubblicizzazione e la trasparenza di gestione dei servizi essenziali – come acqua, trasporti e gestione dei rifiuti – attraverso mobilitazioni, interrogazioni, proposte di delibere e di modifiche degli Statuti comunali, per attuare in ogni città le intenzioni espresse nell’esito referendario del giugno 2011.

Le liste di cittadinanza riunite si sono date il nome di “Le Città in Comune”, per sottolineare una verità semplice oggi negata: le città sono di tutte e tutti coloro che le abitano, servizi essenziali e spazi pubblici sono proprietà collettive da amministrare per il bene delle e dei cittadini e non per quello delle banche e dei costruttori, anche prevedendo azioni di “forzatura” legislativa se necessarie. Autonomia della politica dall’economia di mercato, lotta culturale e politica ai vincoli di bilancio “imposti” alle amministrazioni locali, perché le città siano teatro di un’alternativa alle politiche di austerità e alle larghe intese”.

Disobbedienza al Patto di Stabilità, rigenerazione e valorizzazione sociale del patrimonio immobiliare in disuso, difesa dei beni comuni e dei servizi pubblici: campagne e obiettivi di rottura con le prassi, le consuetudini e anche le leggi che abitualmente regolano la vita dei comuni e con le compatibilità” del sistema attuale, rottura che finora è mancata alle liste arancioni (Pisapia, De Magistris…) e, in maniera diversa, a Pizzarotti a Parma. Campagne e obiettivi che, per non restare sul terreno delle belle iniziative, possono e devono esplodere a partire da dove può già essere attuata sul serio e con coraggio: Messina. Accorinti e l’amministrazione comunale di Messina hanno la possibilità e la responsabilità di uscire dal meccanismo che ingabbia i De Magistris e i Pizzarotti e di dare una svolta vera all’andazzo generale. Anche la Lega Nord sventola ogni tanto la minaccia di violare il Patto di Stabilità: chiacchiere, se ne guarda bene dal farlo perché è parte integrante dei vertici della Repubblica Pontificia e del loro regime. L’elezione di Accorinti ha invece le sue radici profonde nella mobilitazione popolare e nella vittoria contro gli speculatori del Ponte sullo Stretto: questa è la “base rossa” da valorizzare e da scatenare in una partecipazione vera. La mobilitazione popolare sosterrà il Comune attivamente se questo la dirigerà con convinzione per attuare i suoi interessi: l’attuazione della Costituzione lo porterà a scontrarsi con i veti, i tuoni e i fulmini che cercheranno di lanciargli contro quelli che della Costituzione fanno carta straccia, ma le masse popolari organizzate saranno al suo fianco in questa lotta!

carc

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