Il Fiumeinpiena in Campania e il comitato di salvezza nazionale (a livello locale)

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Formare centri autorevoli che promuovano l’organizzazione delle masse popolari e ne sostengano le iniziative, le mobilitino a premere sulle amministrazioni locali perché attuino le misure d’emergenza necessarie ad affrontare i problemi più urgenti delle masse popolari e a iniziare ad attuarle direttamente se le amministrazioni locali nicchiano. Li chiamiamo Comitati di Salvezza Nazionale a livello locale, ma non è il nome che conta, è la sostanza: nuove autorità, composte da persone che hanno seguito, influenza e prestigio tra le masse popolari e che agiscano come autorità alternative a quelle della Repubblica Pontificia. La necessità di formare autorità di questo genere viene fuori da mille parti, in particolare dove la mobilitazione popolare ha raggiunto una “massa critica” per dimensioni, continuità, maturità e determinazione. Un esempio?

A Napoli il 16 novembre 70.000 persone sono scese in strada, un “fiumeinpiena” contro la devastazione della loro terra e il business dei rifiuti, contro il biocidio e la militarizzazione del territorio, per la bonifica della Campania, la trasparenza sulle decisioni prese dalle istituzioni in campo ambientale e sulla loro attuazione, per la partecipazione dei cittadini al processo decisionale (democrazia partecipativa), la difesa dell’agricoltura e della sanità pubblica, la persecuzione di chi ha inquinato (per visionare la piattaforma integrale: www.fiumeinpiena.it). A chiamarle in piazza i comitati ambientalisti, da anni impegnati in un sistematico (e certosino) lavoro di controinformazione, denuncia, presidio del territorio, pressione sulle autorità locali.

Un risultato importante, che interroga i suoi promotori: qual è il passo successivo? Che fare per non finire, involontariamente, a portare l’acqua al mulino di quanti prima hanno speculato sul traffico dei rifiuti tossici e ora mirano a speculare sui fondi statali ed europei per la bonifica che giungeranno in Campania?

La diciamo nuda e cruda: se si resta sul terreno della protesta e della rivendicazione, si finisce (che lo si voglia o no) a fare la truppa che con la sua ammuina contribuisce solo ad alzare la posta in gioco (la quantità di fondi statali ed europei che giungeranno in Campania) che i “soliti noti” si papperanno. L’Italsider, la sua colata e la bonifica di Bagnoli mai fatta, parlano chiaro. Così come il magna magna (fatto sfruttando la lotta dei disoccupati organizzati) dei corsi di formazione per disoccupati e LSU gestiti come ammortizzatori sociali per creare bacini di voti e clientele e le aziende partecipate gestite come carrozzoni clientelari e canali per drenare denaro pubblico per le organizzazioni criminali, i partiti borghesi, ecc.

Inoltre, rivendicare a chi? Ai tempi delle dichiarazioni di Schiavone, Napolitano era Ministro dell’interno e oggi è presidente della Repubblica: una garanzia che le rivelazioni di Schiavone sono state insabbiate dai vertici della Repubblica Pontificia e, come le sue, le (eventuali) altre. Possiamo chiedere a gente simile di fare qualcosa? Possiamo delegare a questa gente e alle loro autorità la soluzione del disastro ambientale che loro stessi hanno creato? L’assoluzione di Bassolino e Impregilo dimostra quanto i vertici della Repubblica Pontificia siano affidabili anche solo a “fare giustizia” per i reati commessi dai loro stessi soci e complici.

La Rete Commons, i Comitati della Terra dei Fuochi, del Castagnaro, delle Mamme Vulcaniche, la Rete Campana Rifiuti Zero, i Cittadini Campani per un piano dei rifiuti alternativo, il Comitato Bonifichiamo Bagnoli, i Comitati della provincia di Caserta, i Comitati per l’acqua pubblica, i comitati di disoccupati organizzati, i sindacati in lotta all’ASTIR e nelle altre aziende partecipate hanno una grande responsabilità: quella di valorizzare, incanalare e orientare in senso positivo e costruttivo la mobilitazione delle masse popolari campane. Per farla diventare propositiva e vitale occorre combinare tra loro tre tipi di interventi.

1. Ergersi ad autorità antagonista e alternativa a quella che ha prodotto il disastro ambientale e che sta gestendo in modo criminale le conseguenze: devono essere i comitati e le associazioni ambientaliste (attraverso loro esponenti di fiducia) a controllare direttamente gli interventi straordinari (soldi, mezzi, ecc.) per far fronte all’emergenza e condurre la bonifica. Non bisogna lasciare ai carnefici la gestione di risorse, progetti e mezzi!

2. Sviluppare il legame fra l’emergenza ambientale e il lavoro: attraverso un’azione combinata tra comitati e associazioni ambientaliste, tecnici e professori progressisti, disoccupati organizzati e non, lavoratori delle aziende partecipate, ecc. bisogna mettere in campo iniziative concrete, autorganizzate e autogestite di pulizia e bonifica del territorio, mettendo a contribuzione (per mezzi, risorse, locali, ecc.) anche amministratori locali, esponenti del clero e imprenditori che si dicono vicini alle masse popolari. Bisogna estendere e rinnovare le pratiche di lotta, diventando artefici dell’adozione di misure concrete con cui iniziare a far fronte agli effetti peggiori della crisi, con cui estendere il coinvolgimento delle masse popolari alla lotta, elevare la loro organizzazione e la fiducia in se stesse!

3. Prendere di petto la “questione giudiziaria” e mobilitarsi alle udienze e ai processi farsa contro i responsabili del disastro. Bisogna stargli con il fiato sul collo, non lasciarli operare indisturbati!

Per fare tutto questo occorre elevare il coordinamento e passare dalla rivendicazione all’assunzione di un ruolo superiore: i comitati e le associazioni ambientaliste, i tecnici e professori progressisti, gli amministratori locali che hanno a cuore la Costituzione devono costituirsi in Comitato di Salvezza Nazionale a livello territoriale che si pone come centro alternativo e antagonista alle istituzioni della Repubblica Pontificia, che chiama alla lotta le masse popolari seguendo le tre direttrici su indicate e che ne orienti l’azione. O si fa un salto in questa direzione, verso il nuovo o si finisce con l’allungare la lista dei tanti Masaniello che nel corso degli anni si sono susseguiti nella città e nella regione!

A situazione di emergenza, soluzioni di emergenza. Solo le masse popolari possono dare una svolta. Il paese risorge se la Campania risorge. La Campania risorge se le masse popolari si organizzano e lottano, diventano un fiume in piena per governare il territorio, la Campania e il paese!

Segreteria Federale Campania

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