Il P.CARC aderisce e partecipa alla manifestazione contro il golpe bianco indetta per il 2 giugno a Roma dal M5S

Far fallire il golpe bianco di Mattarella e dei “poteri forti”!

I vertici della Repubblica Pontificia non sono in grado di far fronte a una mobilitazione diffusa dei lavoratori e del resto delle masse popolari!

 

Facciamo appello a ogni organismo autorevole e a ogni persona che ha qualche prestigio tra le masse popolari, ai dirigenti dei sindacati di base e della sinistra CGIL, agli esponenti dei partiti anti Larghe Intese, ai sinceri democratici delle amministrazioni locali e della società civile, al movimento NO TAV e a quanti sono per l’attuazione della Costituzione del 1948:

  • ad aderire e promuovere la più ampia partecipazione alla manifestazione del 2 giugno contro il golpe bianco con cui Mattarella e i suoi sodali stanno cercando di ribaltare l’esito delle elezioni del 4 marzo e installare un governo del “pilota automatico”;
  • a chiamare lavoratori, studenti, pensionati e disoccupati, italiani e immigrati, a scendere in piazza contro il golpe bianco di Mattarella, contro le Larghe Intese e i diktat della UE e della NATO e a organizzarsi per attuare dal basso le parti progressiste della Costituzione del 1948;
  • a moltiplicare prese di posizione contro il golpe bianco come quella dei lavoratori e delle lavoratrici della FCA di Melfi

Il 27 maggio, su mandato dei vertici della Repubblica Pontificia, Mattarella ha compiuto il primo atto di un golpe bianco per ribaltare l’esito delle elezioni del 4 marzo e costituire un nuovo governo delle Larghe Intese: asservito alla Commissione Europea, alla Banca Centrale Europea, al Fondo Monetario Internazionale, alla NATO e alle altre istituzioni della Comunità internazionale degli speculatori e dei guerrafondai e che, con il loro accordo e con il sostegno, continui a spremere le masse popolari a beneficio dei possessori e amministratori del capitale finanziario (agenzie finanziarie, banche, agenzie di rating e i loro clienti italiani e internazionali).

Mobilitarsi e mobilitare in ogni città, in ogni azienda, in ogni scuola e in ogni quartiere per sbarrare la strada alle manovre eversive con cui Mattarella e i suoi sodali puntano a istallare un nuovo governo delle Larghe Intese e per imporre con la mobilitazione la costituzione di un governo che attua, con il sostegno e in accordo con le masse popolari organizzate, il programma votato il 4 marzo: via subito il Jobs Act e la Legge Fornero, via lo Sblocca Italia e la Buona scuola, reddito di cittadinanza e, soprattutto, misure per difendere i posti di lavoro esistenti e per crearne di nuovi.

Orientare le mobilitazioni già in corso, dalle lotte contro la chiusura o la morte lenta di Alitalia, FCA, ILVA di Taranto, ex Lucchini di Piombino, Piaggio, Embraco, Honeywell ecc., alle agitazioni dei lavoratori delle Poste e della scuola, dalla difesa della sanità pubblica all’opposizione alle grandi opere inutili e dannose, affinché confluiscano in un ampio fronte deciso a mettere al primo posto gli interessi della massa della popolazione anziché la “stabilità dei mercati”, il “rispetto dei trattati”, il “rimborso del debito pubblico”, cioè gli interessi e i privilegi di un pugno di capitalisti, di banchieri, di speculatori, di prelati e di alti funzionari.

Promuovere una mobilitazione ampia e dispiegata per attuare dal basso le parti progressiste della Costituzione del 1948 che i “poteri forti” e le loro autorità hanno sistematicamente eluso e violato salvo appellarsi a quella stessa Costituzione per dare una parvenza di legittimità al loro operato.

Indurre i dirigenti del M5S a procedere nella messa sotto accusa di Mattarella e a usare i seggi che hanno in Parlamento per abolire Jobs Act, Legge Fornero, Sblocca Italia e Buona Scuola, costringendo i parlamentari della Lega a seguirli o a smascherarsi presso i loro elettori.

Con questo spirito e con questo obiettivo il P.CARC aderisce, partecipa e chiama a partecipare:

  • alle mobilitazioni del 1° giugno contro il Piano Marchionne indette in tutti gli stabilimenti del gruppo FCA/IVECO/CNH dal coordinamento Operai Autorganizzati FCA e dai principali sindacati (FIOM, SI COBAS, USB, CUB, COBAS);
  • alla manifestazione del 2 giugno a Roma indetta dal M5S (piazza Bocca della Verità h 19)
  • alla mobilitazione del 16 giugno sotto Montecitorio promossa da ASIA – USB;
  • all’assemblea di Roma del 16 giugnoContro il colpo di Stato! Per un Governo Costituzionale di Salute Pubblica! Per un Comitato di Liberazione Nazionale!”.

Far fallire il golpe bianco dei vertici della Repubblica Pontificia alimenterà la moltiplicazione delle organizzazioni operaie e popolari e rafforzerà la loro mobilitazione per prendere in mano in misura crescente la produzione di beni e servizi e la gestione della vita sociale fino a costituire un proprio governo d’emergenza.
Rompere le Larghe Intese e indebolire il campo della borghesia imperialista e del clero per rafforzare il campo delle masse popolari fino a realizzare l’unica reale alternativa alla Repubblica Pontificia, l’unica soluzione definitiva alla crisi del capitalismo: l’instaurazione del socialismo.

*****

Tirare la lezione del golpe bianco del 2013
Nel 2013 i vertici della Repubblica Pontificia fecero ricorso a un golpe bianco del Presidente della Repubblica (Napolitano) per risolvere con una forzatura la situazione di ingovernabilità determinata dall’esito delle elezioni del 24 e del 25 febbraio e per impedire che il M5S partecipasse al governo del paese (vedi Resistenza n. 5/2013 “Mandare all’aria il governo degli inciuci e del colpo di mano”). In quell’occasione Beppe Grillo chiamò alla mobilitazione popolare, ma fece subito marcia indietro (“sotto minaccia dei Carabinieri” – vedi il Comunicato del (nuovo)PCI n. 5 del 14.4.18) motivando la decisione con il senso di responsabilità verso la stabilità del paese e “gli altri organismi che godono di qualche prestigio, sindacati e partiti sinceramente democratici e fedeli alla Costituzione e agli interessi delle masse popolari, parlamentari, sindaci e consiglieri democratici” non osarono “mobilitare ovunque le masse popolari a scendere in piazza contro il colpo di Stato e a ad organizzarsi per prendere in mano i servizi pubblici e le aziende” (vedi Avviso ai Naviganti del (n)PCI n. 16 dell’8.04.13).

Il risultato è che nei 5 anni seguenti i governi Letta, Renzi e Gentiloni hanno portato più a fondo l’opera di Monti. A colpi di riforme e decreti legge hanno proseguito nello smantellamento delle tutele e dei diritti conquistati dalle masse popolari durante la prima ondata della rivoluzione proletaria suscitata in tutto il mondo dalla Rivoluzione d’Ottobre e dall’URSS, hanno traghettato soldi pubblici nelle tasche di banchieri e capitalisti “in difficoltà”, hanno accompagnato nella morte lenta le aziende strategiche del paese e accelerato lo smantellamento e la svendita dell’apparato produttivo, hanno aumentato l’esercito di disoccupati e lo hanno messo in concorrenza sia con coloro ai quali un lavoro è rimasto (più precario e più pericoloso), sia con l’esercito di immigrati che hanno accatastato e costretto a vivere in condizioni miserabili nei CIE, nelle città e nelle campagne. Hanno tentato di rottamare la Costituzione del 1948 (tentativo respinto con il referendum del 4 dicembre 2016) interi settori popolari nella miseria. In campo internazionale hanno fiancheggiato le scorribande degli imperialisti USA e il massacro di palestinesi per mano dei sionisti, hanno sacrificato gli interessi nazionali per imporre sanzioni alla Russia e hanno sostenuto il governo fantoccio dei nazisti ucraini (sono gli stessi che oggi gridano al pericolo fascista in Italia costituito dal M5S), ecc.

Il golpe bianco con cui oggi Mattarella e i suoi sodali cercano di ribaltare il risultato delle elezioni, in modo ancora più spudorato di quanto fatto da Napolitano nel 2013, dà a quanti hanno realmente a cuore gli interessi delle masse popolari, la Costituzione e il progresso del nostro paese due importanti insegnamenti.

1. Non è attraverso il voto che le masse popolari possono esercitare la “volontà del popolo” sancita nell’articolo 1 della Costituzione. Le elezioni vanno bene per far ratificare dal voto popolare la combinazione di governo su cui i vertici della Repubblica Pontificia si sono accordati per attuare il programma comune (il “pilota automatico” di Draghi) dettato dalla loro Comunità Internazionale. Se “gli italiani sbagliano a votare”, allora il discorso cambia: con buona pace dei cultori della “sacralità” delle regole della “democrazia” borghese, sono le stesse istituzioni e autorità “garanti” a violare le loro leggi e a ricorrere a ogni genere di manovra e intrigo.

Le elezioni del 4 marzo hanno confermato una grande verità: la borghesia e il clero riescono sempre meno a controllare l’orientamento, le idee, i sentimenti e la condotta della grandi masse. (…) Borghesia e clero fanno di tutto, ricorrono a ogni manovra e a tutte le risorse della tecnica e della scienza asservite ai loro soldi, governano scuole e mezzi di comunicazioni di massa, conducono campagne di denigrazione del movimento comunista e delle rivendicazioni dei lavoratori, di diversione dalla realtà e di intossicazione delle idee e dei sentimenti, hanno trasformato giornali e TV in bollettini parrocchiali e vetrine pornografiche, ma non riescono a impedire l’effetto dell’esperienza pratica sulle idee e sui sentimenti delle masse popolari. Fanno di tutto per impedire che le masse popolari ragionino, ma non riescono a impedire che l’esperienza pratica moltiplichi la loro indignazione per il corso delle cose e che noi comunisti indichiamo la via, anche se i nostri mezzi sono ancora molto ridotti e sta a noi moltiplicarli.
(…) Finché la borghesia e il clero sono vincolati al suffragio elettorale che durante la prima ondata della rivoluzione proletaria, nella prima parte del secolo scorso, hanno dovuto rendere universale e a quel tanto di libertà di espressione che ancora resta delle conquiste del secolo scorso, costituire un governo stabile diventa per loro sempre più difficile in Italia come in tutti gli altri paesi imperialisti. I gruppi imperialisti, finanziari e industriali, litigano tra loro, sono divisi da reali, ineliminabili e inconciliabili contrasti d’interesse. È sempre più difficile per loro anche mettersi d’accordo su quali misure prendere nelle politiche interne dei singoli paesi e nelle relazioni internazionali. Ognuno di loro fa ricorso alle masse popolari contro l’altro e le masse popolari sono sempre più malcontente e insofferenti del corso delle cose” – dal Comunicato n. 8 /2018 del (nuovo)PCI.

2) Non è possibile cambiare le cose in modo favorevole al grosso della popolazione e attuare le parti progressiste della Costituzione del 1948 senza rompere con la politica di austerità dell’Unione Europea e con la politica di guerra della NATO in Africa, in Asia occidentale e verso la Russia. Ma un governo che rompe con la UE e con la NATO, per non fare la fine del governo Tsipras, deve essere deciso e capace di far funzionare le aziende del nostro paese nonostante i ricatti, le pressioni e le manovre della UE e della NATO e della loro “quinta colonna” nel paese. E le aziende le fanno funzionare o i capitalisti (con i risultati che tutti hanno sotto gli occhi!) o i lavoratori. Detto in altri termini, cambiare il corso delle cose a favore delle masse popolari è possibile solo facendo leva sull’organizzazione e sulla mobilitazione popolare. Questa è la principale lezione da trarre dagli sviluppi della crisi politica e dall’affossamento del governo M5S-Lega. Quanti sostengono che bisogna sottostare al mercato finanziario, alle imposizioni dell’Unione Europea e alla schiavitù del Debito Pubblico per salvare l’Italia, in definitiva dicono (che ne siano consapevoli o meno e indipendentemente dagli argomenti che adducono) che bisogna sacrificare la massa della popolazione ai privilegi e agli interessi di un pugno di grandi capitalisti e dei banchieri, della Corte Pontificia e delle organizzazioni criminali, la minoranza privilegiata della popolazione italiana (il cosiddetto “1%”). Noi comunisti sosteniamo che la massa della popolazione deve sacrificare gli interessi e i privilegi della minoranza di capitalisti, di banchieri, di prelati e di alti funzionari per liberarsi dalla crisi generale del capitalismo e riprendere la strada del progresso economico, ambientale, sociale, intellettuale e morale.

La posta in gioco nello scontro in atto e gli schieramenti in campo
Il fulcro della crisi politica in atto non è solo o principalmente “il rispetto della Costituzione e delle regole democratiche” e lo scontro non è tra M5S e Lega da una parte e Mattarella dall’altra.
Lo scontro è tra masse popolari da una parte e vertici della Repubblica Pontificia dall’altra e la posta in gioco è quale governo del paese. O un governo frutto delle manovre eversive dei vertici della Repubblica Pontificia, che opera con il pilota automatico di Draghi e della BCE e promuove la mobilitazione reazionaria delle masse popolari (settori popolari contro altri settori popolari in base alla provenienza, alla religione, al colore della pelle, all’età, all’orientamento sessuale, al contratto di lavoro privato o pubblico, al sesso, ecc.). O un governo d’emergenza frutto della mobilitazione delle masse popolari organizzate che, coscientemente, rendono ingovernabile il paese alle autorità e alle istituzioni dei vertici della Repubblica Pontificia, un governo composto dagli esponenti (intellettuali, amministratori, politici) che già oggi godono della fiducia delle ampie masse (perché si sono distinti nell’opposizione alle Larghe Intese e al loro programma) e che opera traducendo caso per caso e zona per zona sei misure generali:

1. assegnare a ogni azienda compiti produttivi secondo un piano nazionale: nessuna azienda deve essere chiusa!

2. eliminare tutti quelle attività e produzioni inutili e dannosi per l’uomo e per l’ambiente, assegnando alle aziende altri compiti: basta con gli avvelenatori, gli speculatori e gli squali!

3. assegnare a ogni individuo un lavoro socialmente utile e garantirgli in cambio le condizioni necessarie per una vita dignitosa e per la partecipazione alla gestione della società: nessun lavoratore deve essere licenziato o emarginato!

4. distribuire i prodotti alle aziende, alle famiglie, agli individui e ad usi collettivi secondo piani e criteri chiari, conosciuti e democraticamente decisi: a ogni adulto un lavoro utile, a ogni individuo una vita dignitosa, a ogni azienda quanto serve per funzionare!

5. stabilire relazioni di collaborazione o di scambio con gli altri paesi disposti a stabilirle con noi,

6. iniziare a riorganizzare le altre relazioni e attività sociali in conformità alla nuova base produttiva.

I due schieramenti in lotta, in sintesi, fanno capo ai vertici della Repubblica Pontificia da una parte, e alla classe operaia e alle masse popolari dall’altra. Per queste ultime la collocazione partitica ed elettorale è secondaria (sono milioni i lavoratori e gli elementi delle masse popolari che hanno votato Lega contro le Larghe Intese), ciò che le divide e le contrappone alla classe dominante non è il voto o l’astensione, né il voto per chi, ma sono gli interessi della classe a cui appartengono contro gli interessi del capitale, della finanza, della Comunità Internazionale degli imperialisti, della Nato, della UE. Si tratta, in definitiva, di due schieramenti opposti e con interessi inconciliabili e antagonisti.
L’esito dello scontro fra queste due strade non dipende oggi, e non dipenderà in futuro, dalla volontà di questo o quell’esponente della classe dominante o da questo o quel “condottiero” delle masse popolari. L’esito dello scontro dipende e dipenderà dall’organizzazione e dalla mobilitazione delle masse popolari e dall’assunzione del ruolo di nuove autorità pubbliche da parte degli organismi operai e popolari e dal loro legame con il movimento comunista cosciente e organizzato.

Bando ai tatticismi, all’attendismo e al cerchiobottismo
La crisi politica e istituzionale ha fatto un repentino balzo in avanti (e in generale la crisi dei sistemi politici borghesi avanza rapidamente in tutti i paesi, non solo in Italia: basta guardare agli USA e alla Francia), la rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato avanza ancora lentamente. Ma ciò non è e non deve essere una scusante o una giustificazione per restare a guardare (promuovere attendismo) e per alimentare disfattismo e rassegnazione.
Fra i partiti e gli aggregati della sinistra borghese, e di riflesso fra molti che si definiscono “di sinistra” (e anche “comunisti” ma sono influenzati dalle concezioni della sinistra borghese), vanno per la maggiore due posizioni dannose per gli interessi della classe operaia e delle masse popolari, cioè posizioni che favoriscono il campo nemico.
La prima è che “Mattarella ha fatto bene a mandare a monte il governo M5S-Lega perché si trattava del governo più reazionario dal dopoguerra e bisognava impedire che si costituisse”. La seconda è l’ormai famosa e nefasta formula “né con uno né con l’altro” che la sinistra borghese si porta dietro fin dagli anni ‘70 (“né con lo Stato né con le BR, passando il testimone dell’ignavia al “né con la NATO né con Milosevic” al tempo dei bombardamenti sulla Serbia, ecc.) e che nella situazione attuale diventa “né con Mattarella né con il governo M5S-Lega” o, nella versione più di “sinistra”, “contro Mattarella, contro il governo M5S-Lega, contro il governo Cottarelli”.
Ai primi (posto che si tratti di compagni disorientati dalla propaganda di regime e dall’intossicazione dei mezzi di informazione e non di soggetti che fanno da megafono alla propaganda di regime e partecipano all’intossicazione) diciamo di fare un bilancio dell’esperienza e tirare le somme: nella storia del nostro paese dove e quando affidarsi a uno o a un altro degli esponenti dei vertici della Repubblica Pontificia ha portato benefici alle masse popolari? La paura della destra, del razzismo, ecc. non deve farci temere la lotta di classe e non deve farci perdere la capacità di guardare ai fatti concreti. Per dirla in modo chiaro, le misure apertamente razziste inserite dalla Lega nel “Contratto di governo” con il M5S non sono farina del sacco di Salvini: il “Contratto” mette semplicemente nero su bianco sia misure che sono da tempo pratica corrente dei vertici della Repubblica Pontificia, con la differenza che questi operano alla chetichella (non hanno avuto bisogno di Salvini per costruire i CIE o i lager nel deserto libico contro gli immigrati e per aumentare la repressione e le stragi in mare, ci ha pensato il “democratico” Minniti), sia una serie di misure perfettamente in linea con la politica di qualunque altro governo dei poteri forti (la guerra contro i poveri e l’aumento della repressione non sono una prerogativa esclusiva della Lega, gli artefici principali sono stati i governi delle Larghe intese che si sono succeduti da Berlusconi fino a Renzi, passando per Prodi e Monti). Cercare riparo nelle istituzioni e nelle autorità della Repubblica Pontificia significa mettersi al carro e affidarsi ai veri e principali promotori della mobilitazione reazionaria.
Ai secondi (quelli del “né con uno né con l’altro”) diciamo di andare più a fondo nell’analisi della situazione, di usare il materialismo dialettico per comprendere la realtà. 

Il bersaglio delle manovre dei vertici della Repubblica Pontificia è, e sarà finché raccoglierà milioni di voti per attuare un programma contro le Larghe Intese, il M5S. La Lega è un partito strettamente connesso con i vertici della Repubblica Pontificia (ha raccolto voti promettendo di rompere l’asservimento del paese all’oligarchia finanziaria europea, ma è stata al governo con Berlusconi per anni, nel 2012 ha votato a favore del pareggio di bilancio in Costituzione – il disegno di legge venne presentato alla Camera da Giancarlo Giorgetti, ha dato più volte prova di retrocedere dalle posizioni di rottura proclamate, a partire dallo sciopero fiscale agitato e mai attuato da Bossi, e nelle Regioni che governa… ognuno ha sotto gli occhi cosa sta facendo). Mettere M5S e Lega sullo stesso piano in nome del “Contratto di governo” che hanno sottoscritto significa non distinguere specie diverse dello stesso regno animale, significa confondere un leone con un coniglio. Far coincidere il loro ruolo nella situazione politica attuale significa reggere il sacco ai vertici della Repubblica Pontificia nel tentativo di disgregare e mandare a gambe all’aria il M5S.
In ultimo, ma è la questione più importante, due “né” (o tre “contro”, dei più sinistri) non fanno un “per”. Siete contro Mattarella, siete contro il governo M5S e Lega, ma che strada indicate? La costruzione di una lista di sinistra per le prossime elezioni (ammesso e concesso che si terranno e che si terranno a breve) è un vicolo cieco (anche a voi il golpe bianco di Mattarella deve insegnare e dimostrare qualcosa!), chiedere a Cottarelli (o a chi per lui) di fare cose diverse da quelle per cui gli è stato affidato l’incarico di governo è altrettanto sterile. Quale è il vostro “per”? Per quale tipo di
governo lottate?

Quale prospettiva?
I vertici della Repubblica Pontifica non possono accettare un reale governo di cambiamento del programma comune (il “pilota automatico” di Draghi) perché è contrario ai loro interessi. Ricorrere a nuove elezioni non cambierà molto a meno di fare approvare dal Parlamento attuale una legge elettorale tale da precostituire un Parlamento di Larghe Intese anche se le nuove elezioni daranno risultati ancora più contrari alle Larghe Intese dei risultati del 4 marzo. La prima ondata mondiale della rivoluzione proletaria ha reso nei paesi imperialisti il suffragio elettorale così vasto e gli ha dato un ruolo tale che la borghesia imperialista ha difficoltà a disfarsene, anche se già più di quarant’anni fa Jimmy Carter, il Gruppo Bilderberg e la P2 di Gelli dichiaravano: “c’è troppa democrazia!”. Quali che siano le manovre a venire e a prescindere da come e da quanto giornali, TV, opinionisti di destra e di sinistra affermino il contrario, questo è il contesto reale in cui noi comunisti seguiamo la via della mobilitazione per imporre ai vertici della Repubblica Pontificia un governo delle masse popolari organizzate, il Governo di Blocco Popolare. Questo è l’obiettivo che il P.CARC persegue. Per questo obiettivo chiama a schierarsi gli operai, i lavoratori e le masse popolari che azienda per azienda, scuola per scuola, zona per zona si organizzano a difesa di loro interessi immediati, su obiettivi particolari, contro effetti particolari della crisi generale.

Indurre con la mobilitazione popolare i parlamentari del M5S e, al loro seguito, quelli della Lega (ma anche di LeU) a iniziare ad attuare le misure previste dal programma di governo (cancellazione della riforma Fornero, difesa delle aziende e sostegno alle famiglie, ecc.): hanno la maggioranza in parlamento, che la adoperino senza aspettare le prossime elezioni e ricominciare la giostra!

Avvalersi dello schieramento contro le Larghe Intese che anche esponenti della società civile e della sinistra borghese, delle organizzazioni sindacali e delle amministrazioni comunali (li chiamiamo i tre serbatoi) stanno assumendo, spingerli a costituirsi in Comitato di Salvezza Nazionale che si mette al servizio delle organizzazioni operaie e popolari e dell’attuazione delle misure che esse indicano.

Approfittare della crisi politica e istituzionale (ingovernabilità dall’alto)

per formare organizzazioni operaie e popolari in ogni azienda capitalista e pubblica, scuola e quartiere, per coordinare quelle esistenti e rafforzare la loro azione (indipendentemente da cosa ha votato o non ha votato chi ne fa parte e le dirige), per portarle ad agire come nuove autorità pubbliche che indicano le misure necessarie per fare fronte agli effetti più gravi della crisi e mobilita le masse ad attuarle direttamente;

– per mobilitare le masse popolari in mille iniziative di base che rendano ingovernabile il paese ai vertici della Repubblica Pontificia, alle loro autorità e alle loro istituzioni fino a costringerli a ingoiare un governo di emergenza delle masse popolari organizzate, il Governo di Blocco Popolare.

In parte si tratta e si tratterà di un movimento spontaneo, ma per fare di quel movimento il fattore decisivo nella costruzione del Governo di Blocco Popolare è necessario portare in esso coscienza e organizzazione: farlo passare dalla mobilitazione in ordine sparso di gruppi e settori delle masse popolari a mobilitazione unitaria e cosciente contro il nemico principale, le Larghe Intese e i vertici della Repubblica Pontificia e per costruire una nuova governabilità che poggia sul protagonismo delle masse popolari organizzate.

Indirizziamo l’indignazione diffusa nel paese e le mobilitazioni dei prossimi giorni verso questo obiettivo!

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